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Rd Congo, la scarsità del mais mette a rischio il fabbisogno alimentare

Nella Repubblica Democratica del Congo c’è penuria di mais, soprattutto nel Sud-Est e nel Centro, dove la farina di questo cereale, alimento base della regione, è ormai difficile da trovare. A causa della combinazione di scarsi raccolti e concorrenza sleale (secondo quanto riferito dal governo), la RDC sta tentando di risolvere la crisi rivolgendosi ai Paesi confinanti, ma anche sospendendo per sei mesi la tassazione di determinati alimenti e dei macchinari agricoli. È un problema grave, ma anche paradossale, in un Paese con milioni di ettari particolarmente fertili.

In una vivace conferenza stampa lunedì a Kalemie, nella provincia di Tanganyika, Younous Belangar, funzionario del Programma alimentare mondiale (WFP) in quella provincia congolese, si è sentito dire da alcune persone che le agenzie umanitarie avrebbero acquistato localmente scorte di mais, creando la carenza di quel cereale, ma lui ha negato, rispondendo che “il WFP non acquista semi di mais in loco per evitare di destabilizzare il mercato”.

Secondo Patrick Muyaya, ministro delle comunicazioni, “la crisi della farina di mais è causata da alcuni malintenzionati che, avendo collegamenti in Zambia, hanno fatto decidere allo Zambia di non vendere mais alla Repubblica Democratica del Congo, bensì al Kenya, all’Etiopia e ad altri Paesi dell’Africa orientale”.

Per il portavoce del governo congolese, dunque, ci sarebbe un vero e proprio complotto, il cui primo effetto è che in varie zone del Paese, come ad esempio nel Grande Katanga e nel Grande Kasai, il prezzo di un sacco da 25 kg di farina di mais viene attualmente venduto tra i 75.000 ei 100.000 franchi congolesi, un prezzo esorbitante per l’economia locale. Resta da capire come mai un Paese immenso e fertile come la RDC non riesca a soddisfare le proprie necessità alimentari e le proprie esigenze agricole. Secondo i dati ufficiali, il fabbisogno di consumo è stimato in un milione di tonnellate all’anno, ma gli operatori locali ne producono solo un quarto. Per questa ragione, il governo è impegnato da mesi a cercare fornitori di farina di mais, tant’è vero che diversi ministri hanno visitato lo Zambia e il Sudafrica per avviare delle importazioni che colmino il deficit.

Le reazioni politiche e della società civile sono molte, come ad esempio quella di Marie-Claire Mutanda Mikobi Mbayo, dirigente della lega femminile del partito di opposizione UDPS (Union pour la Démocratie et le Progrès Social), che ricorda come il suo territorio di origine, Mweka, “un tempo era il granaio del Kasai, vi si producevano milioni di tonnellate di mais, manioca e olio, arachidi e tanto altro […]. Dobbiamo rivitalizzare l’agricoltura congolese, perché la RDC ha la capacità di nutrirsi e di nutrire altri Paesi. Perché siamo arrivati al punto in cui oggi dobbiamo dipendere completamente dallo Zambia e da altri Paesi, anche desertici, che ci danno da mangiare?”.

Dal canto suo, la avvocata e attivista Debora Kayembe esprime la sua preoccupazione per la situazione e invita tutti “a mangiare con altri alimenti disponibili nella RDC, come riso, patate, banane… perché questa crisi viene da lontano”.

“Le Potentiel”, uno dei principali quotidiani congolesi, stamattina riporta che

“l’Esecutivo nazionale è al lavoro per garantire la sovranità alimentare del Paese attraverso un aumento significativo della produzione locale, evidenziando i numerosi bacini di produzione agricola sul territorio, eliminando le strozzature che incidono sulla produttività (approvvigionamento energetico e tassazione) e rafforzando la diversificazione della produzione agricola”.

Come tutte le crisi, anche questa del mais rivela delle carenze preesistenti: nella RDC manca una visione dell’agricoltura e un piano strategico per lo sviluppo del Paese anche nel settore agricolo, per cui, come anche in questo caso, si finisce per agire in stato di emergenza.

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