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Africa: tra sofferenza e mistero. Il ruolo della chiesa ortodossa

Il mondo in cui viviamo è senza dubbio il fascino del mistero e della curiosità, un esercizio ininterrotto di comprensione della realtà. Tutta la storia che è stata scritta finora, triste e gloriosa, oscura e luminosa, ha lasciato un’eredità che ha decisamente segnato la costituzione delle tribù, delle culture e delle civiltà dell’umanità. Un mondo lacerato dalla tentazione della distruzione e dell’annientamento ma benedetto dall’enigmatica passione della conoscenza. Nell’infinito apparente e illusorio della Terra, appare un continente che esprime una gamma di realtà e significati esistenziali, una voce di riconciliazione con il destino crudele, un perpetuo abbraccio della tragedia e una teologia dell’infanzia. Tutte queste sono alcune delle caratteristiche fondamentali e ontologiche dell’Africa, un continente così ricco di risorse naturali e spirituali, ma così in ginocchio di fronte ai traumi della storia. L’Africa è un angolo di mondo che non si può definire solo in termini di potenzialità narrativa della ricerca storica, è soprattutto il modello supremo dell’ignoto che non si nasconde e del presente nel passato. Il continente africano ci introduce permanentemente a una diversità tribale di culture locali che in realtà hanno a che fare con misteri ancestrali o, meglio, con una metafisica della tradizione dopo la quale la purezza dell’identità non potrebbe dissolversi. Anche scrittori come Jules Verne o Emilio Galotti sono stati penetrati dalla situazione emotiva dell’Africa nell’innegabile mondo delle fiabe, nel senso che il regno africano si è sempre identificato con una storia infinita, rappresentata da milioni di personaggi e in attesa dell’eroe positivo .

Da un punto di vista spirituale, ovviamente, si può parlare di un reciproco intreccio tra le forme noetiche di percezione della comunione dell’uomo con la divinità. Dovremmo considerare, ad esempio, l’animismo, e soprattutto il significato delle maschere tradizionali congolesi, queste ultime che riflettono alcune entità spirituali, sante e malvagie, che ruotano attorno all’Essere Supremo. D’altra parte, la presenza musulmana in paesi come la Somalia, il Senegal o il Niger, così come la presenza cristiana in Camerun, Etiopia o Eritrea, hanno permesso al monoteismo di entrare in terra africana, nonostante i grandi equivoci storici tra le due religioni. Personalmente, sono sempre stato affascinato dall’Ortodossia etiope, caratterizzata dalla sua profonda iconografia che raffigura la presenza o la venuta del Salvatore in un mondo nuovo dove la bestia non sarà più una bestia e vivrà in pace con il cervo. Si tratta, in altre parole, di un’iconografia profetica ortodossa per la quale si realizza naturalmente la connessione tra l’universalità di Gesù Cristo come Salvatore e gli elementi culturali locali. Sebbene ci siano molte cose da dire sull’Africa in tutto il suo splendore aurorale, preferisco fermarmi qui per il momento – nello spirito di completa umiltà – e concludere come David Livingstone, il grande esploratore scozzese in Africa, che “l’Africa è un paradossale mondo di sofferenza in cui non è stata ancora trovata la felicità evidente”.

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