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Rd Congo, appello a Papa Francesco: dedichi una parola al blocco delle adozioni 

Gentile direttore, le scrivo nella speranza che alla sensibilità del Sommo Pontefice possa arrivare la nostra richiesta affinché possa aiutare a riannodare quel filo che con molta fatica e tra mille problemi aveva portato a realizzare molte adozioni internazionali nella Repubblica Democratica del Congo. Certo, la precarietà politica e istituzionale aveva fatto sì che quel percorso non fosse esente da ostacoli, e forse da errori o inciampi importanti. Tuttavia, chi come noi ha avuto sempre a cuore solo ed esclusivamente il diritto dei bambini a una famiglia (come sai siamo un’associazione di volontari, genitori adottivi) non può che confidare che ciò che faticosamente era stato avviato, e poi bruscamente interrotto, riprenda una strada virtuosa.

Dopo il blocco delle adozioni del 2013, voluto dall’allora Presidente Kabila per ragioni che ancora oggi – diciamo così – sfuggono alla mia capacità di comprendere, il Paese si è dotato di una legislazione più attenta, capace di individuare i punti più critici (ad esempio impedendo che lo stato di abbandono di un minore possa essere accertato dai servizi di un comune che non sia quello di sua provenienza, così ostacolando il fenomeno della tratta) e di risolverli. Il testo di un accordo bilaterale faticosamente concordato tra la Commissione per le Adozioni Internazionali e le autorità congolesi, che attendeva solo la firma, è stato di fatto bloccato per una richiesta quantomeno tardiva del Ministero degli Esteri italiano. Vicende di triste e ordinaria burocrazia, fatto sta che nel frattempo quel minore che nel 2013 aveva, che so, sette anni, oggi ne ha sedici, e se ancora vivo si è comunque giocato ogni opportunità di una famiglia, di una vita di accoglienza e di tutela.

Dal 2013 le condizioni degli Istituti, che come sai non hanno finanziamenti pubblici di alcun tipo, sono diventate esplosive, perché un decreto può bloccare le adozioni ma nessun decreto può bloccare il fenomeno devastante dell’abbandono. Il numero dei minori ha continuato a crescere, e i soldi con i quali garantire la loro sopravvivenza e il rispetto dei loro diritti fondamentali, come la scuola, l’emancipazione, la salute, sono invece sempre meno. Si muore, lo sai, e quando non si muore si vive male e senza futuro.

Oggi il Santo Padre è una delle poche voci capaci di accogliere e rappresentare il desiderio e la speranza non solo del mondo cattolico, non solo delle comunità cristiane, ma di tutte le persone di buona volontà. A lui vorrei potermi rivolgere chiedendo che faccia sentire la Sua voce anche per i minori del Congo – e per tutti i minori del mondo – che in attesa delle soluzioni degli adulti pagano la loro distrazione, il loro disinteresse, la loro pochezza di spirito.

Sono certo che una Sua parola potrebbe costituire un volano importantissimo per accelerare un processo che un giorno porterà a costruire procedure serie, trasparenti, rispettose di ogni diritto, per trovare ai minori abbandonati una famiglia.

Sono anche certo che il Santo Padre ha la sensibilità e la lungimiranza per poter valutare questa mia richiesta con tutta l’attenzione, e naturalmente sono a disposizione di chiunque per meglio argomentare e dare maggiori informazioni.

Massimo Vaggi,
presidente NOVA

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