vai al contenuto principale

Quale Africa vogliamo ai confini d’Europa?

La campagna Global Gateway, lanciata dall’Unione Europea e rivolta all’Africa in alternativa al Belt and Road cinese, ha lasciato scettici coloro che ne dovrebbero essere i beneficiari. Nonostante la African Bank of Development calcoli in circa 130/ 170 miliardi di dollari all’anno il fabbisogno del Continente in opere infrastrutturali, l’offerta europea di intervento non è stata accolta con favore dai Paesi africani. I quali non la giudicano competitiva rispetto all’analoga iniziativa del governo cinese di cui si sono avvalsi finora. Né rispetto a quelle prefigurate da altri Paesi, come la Turchia e gli Emirati arabi, sempre più attivi nel Continente africano.

Le ragioni dello scarso entusiasmo manifestato riguardano soprattutto l’atteggiamento europeo, considerato poco disponibile a intrattenere un dialogo che non sia unilaterale. Chi ascolta e comprende il contesto in cui operano i Paesi africani sarà il miglior partner per lo sviluppo ha fatto notare Ovigwe Eguegu, analista politico nigeriano, commentando l’iniziativa europea. Non essendoci stata alcuna consultazione preliminare con i partner africani “non ci si può aspettare da loro alcun entusiasmo perché nessuno sa cosa significheranno queste promesse e come saranno tradotte in concreto” aggiunge Eguegu. La stessa critica è stata rivolta da Faten Aggad, algerina e consulente dell’Alto Rappresentante dell’Unione Africana per i rapporti con l’Europa, che lamenta la mancanza di coinvolgimento dell’Unione da parte europea, osservando che ciò che vale per l’Europa non vale allo stesso modo per l’Africa. Le risorse previste per il Nord Africa, per esempio, sostiene la Aggad, sono sottoposte a vincoli poco chiari, spesso onerosi per le economie di tali Paesi o impraticabilinella loro prassi amministrativa.

È l’antico vizio, lasciato in dote dai trascorsi coloniali e mai del tutto perduto, di non adottare il punto di vista degli interlocutori di cui ci si propone di risolvere i problemi. Convinti della bontà delle proprie posizioni e della loro superiorità, che non ammette, perciò,obiezioni. Un tratto che la suscettibilità africana nei confronti del proprio passato coloniale non ha mancato di avvertire subito, reagendo con una diffidenza che non ha certo giovato, finora, al successo delle misure proposte.

Immaginare che le cose cambino, nel prosieguo, senza un cambio di metodo preventivo da parte europea è poco probabile. , allo stato attuale, c’è da sorprendersi se fra gli Stati africani prevale l’idea che siano meglio, per lo sviluppo che essi immaginano, iprestiti immediati dei cinesi o gli investimenti messi in campo dagli Arabi che non le offerte europee, giudicate insostenibili per le loro condizioni di vita.

Non saranno certamente gli interventi europei, pensati in Europa e configurati secondo i parametri qui in vigore – quand’anche fossero accettati senza riserve dagli Stati africani – a favorire uno sviluppo del Continente che sia espressione della volontà dei suoi popoli. Così da far loro raggiungere il livello di vita che un Continente pieno di grandi risorse dovrebbe consentire a tutti i suoi abitanti, con i benefici di ogni genere che ne possono venire,per e per gli altri, su più piani. Senza confliggere, nel porsi tale obiettivo, con la cultura e le tradizioni della sua gente, ma instaurando, piuttosto, un dialogo che, allargando gli orizzonti di entrambi gli interlocutori, permetta di intrattenere fra le due parti rapporti credibili. Ai quali sia tale differenza di civiltà a dare valore.

Se è vero che la politica cinese verso l’Africa risponde esclusivamente a un interesse di penetrazione in questa area del globo, approfittando senza scrupoli delle debolezze di molti Paesi e suscita allarme in Occidente la soluzione non è probabilmentequella di farle una concorrenza destinata a non reggere il confronto. Sia perché tardiva, sia perché anch’essa non esente dal sospetto di mirare a scopi che, forse, non sono gli stessi di coloro ai quali si rivolge. Non essendo stati, a quanto pare, questi ultimi nemmeno consultati in merito, non è dato, purtroppo, saperlo con certezza. Quel che pare certo è che, in attesa di appurarlo, anche il Global Gateway resta, per ora, in bilico e i benefici auspicati sospesi per ambo le parti.

Torna su