vai al contenuto principale

Nigeria, marchiature tribali e dolorosissime: una tradizione brutale che sfocia in tortura

Benin City (Nigeria) – Quella mattina mi spettava presentare alla televisione governativa EBS Television di Benin City (Nigeria) il progetto umanitario dell’ associazione Mater Africa onlus intitolato ‘Scuola di Cinema per giovani di strada’ finanziato dal Comitato di Solidarietà del Consiglio regionale della Regione Piemonte. Un progetto finalizzato all’insegnamento di attività professionali che consentisse ai giovani di non espatriare e di lavorare in una delle svariate produzioni video nigeriane (la Nigeria è la seconda più grande produttrice di film ‘soap’ dopo l’India – l’Italia è quasi all’ultimo posto). Il progetto era stato presentato al Senato italiano dal senatore Di Giovan Paolo del PD e dalla senatrice Maria Burani Procaccini del PDL  proprio come progetto ‘barriera alla migrazione dei giovani senza futuro della Nigeria’. Di fatto, dopo una fase sperimentale di un anno, fu finanziata per ben altri quattro anni (due bienni) fino a quando il Comitato di Solidarietà non pensò di andare in pensione per mancanza di fondi (il progetto fu contraffatto dopo un anno, tale e quale, da un gruppo di associazioni statunitensi che ancora opera sul territorio nigeriano).

Arrivai negli studi televisivi con un po’ di anticipo, il regista della trasmissione mi fece  accomodare in studio al fresco (all’esterno verso le 7:00 c’erano una cinquantina di gradi e si scoppiava) mentre l’amica giornalista nigeriana Franca A. conduceva il suo talk show mattutino.  L’argomento della trasmissione era imperniato sui segni tribali usati da secoli, nello Stato di Edo in Nigeria  e non solo anche in Ghana, Togo, Mali, Camerun, Ciad, Africa nera in generale. Ai bimbi in tenera età venivano incisi i segni che li rendevano unici e individuabili come un’impronta digitale. Tale marcature venivano incise sulla pelle anche ai giovani durante la circoncisione o l’ infibulazione.

Al termine della trasmissione chiesi a Franca se dunque era possibile che quelle marcature fossero  segni di localizzazione dei villaggi di provenienza dell’individuo e della tribù di appartenenza e mi rispose di si. Inoltre mi disse che i nigeriani comunicano ancora oggi con le marcature tribali e hanno moltissimi anzi innumerevoli modelli che identificano l’etnia e il territorio di provenienza. Durante gli anni delle guerre etniche e della schiavitù atlantica i genitori marchiavano i figli in modo tale che sarebbero stati in grado di identificarli qualora fossero stati sottratti al villaggio.

Ad ogni modo tutto iniziò in Nigeria più di quattro secoli fa. La leggenda narra di un Capo tribù che allontanò la moglie Ifeoma per svariati motivi comportamentali che ai tempi erano banditi. Nell’allontanarla utilizzando una lancia (forse erano monete che ai tempi avevano la forma di lance) le segnò tutto il corpo e il viso tanto che Ifeoma dovette scappare senza poter ricevere, per svariati giorni, adeguate cure. Trovata in seguito per caso da una donna di un altro villaggio questa pulì le ferite di Ifeoma dandole ospitalità. Le ferite intanto si stavano cicatrizzando.

Proprio in quei giorni l’oracolo di Corte del Regno di Benin predisse al Re che per avere  finalmente un figlio erede, dopo i vari insuccessi con le precedenti mogli, avrebbe dovuto sposare la donna più brutta che avesse trovato nel suo Regno.

Ifeoma che in quei giorni stava andando al mercato fu presa e scortata dinnanzi al Re. Il Re però si rifiutò di riceverla. L’oracolo allora gli disse che se non avesse voluto prendere in moglie quella povera donna non avrebbe avuto alcun figlio. Fu così, dopo quache insistenza che il Re chiese a Ifeoma di andare a vivere a Palazzo.

Lavata, curata a dovere e rivestita di nuovi indumenti profumati divenne in breve tempo molto amata da tutti. Poi, diede finalmente luce al figlio tanto atteso dal Re.

Ifeoma era marchiata su tutto il corpo, come la corazza di un Armadillo. Ormai Regina, era adorata  dal suo popolo e non passò molto tempo che ai nuovi nascituri del Regno furono impressi i segni corporali in segno di sottomissione alla Sovrana.

Oggi dopo 400 anni le innumerevoli tribù e villaggi marchiano i  nascituri con segni di appartenenza. Segni che in occidente non si conoscono e non si è in grado di interpretare.

Esistono anche altre occasioni in cui queste marchiature diventano importanti. Per esempio per la guarigione dei bambini gravemente malati e in fin di vita. Vengono marchiati durante i rituali magici, tra fumo di germogli e foglie verdi, polvere bianca di caolino e canti strazianti, per  reprime le forze malvagie. Successivamente in età adulta quelle marchiature riportano alla memoria la salvezza ricevuta in tenera età così da rendere l’uomo forte e invincibile. Praticamente una sorta di rituale Vo.doo (Vudu).

Ancora oggi in molti villaggi del Ghana, Ciad, Camerun, Togo, Benin, Niger e Nigeria i giovani si allontanano dalle famiglie per andare a vivere nelle foreste, luogo destinato ai non viventi, per essere  sottoposti alla cosiddetta iniziazione. Vengono tra l’altro cosparsi di polvere bianca per farli assomigliare a morti viventi. Gli stress corporali a cui sono sottoposti (comprese le marchiature a fuoco) sono molto pesanti e servono per irrobustirne la tempra. Vengono circoncisi e ‘marchiati’ con i segni della tribù e in alcuni casi vengono loro deformati pure i denti e labbra.

La Costa d’Avorio proibisce invece tatuaggi, sacrificazioni e mutilazioni corporali classificandole come atti nocivi. In Congo e in Ciad come in Camerun i segni tatuati sono molto curati, in rilievo e con decorazioni molto carnose su tutto il corpo.

Segni e tatuaggi sul corpo sono ‘marchi di fabbrica’, rappresentano una carta d’identità utile alle nostre organizzazioni non governative e associazioni no profit (se fossero in grado) per capire i luoghi di provenienza di molti migranti. Sarebbe finalmente possibile confermare con certezza la provenienza dai luoghi di guerra e accertare con precisione le richieste di asilo politico. Sicuramente su un migliaio di richieste la percentuale di richiedenti reali che ne risulterebbe sarebbe molto molto più bassa.

Non è passato molto tempo da quando è stata avanzata la richiesta di preservare la tradizione tribale per essere salvaguardata come patrimonio immateriale culturale dell’ UNESCO.

È certamente molto importante conoscere questi segni per capire la provenienza di molti migranti. Un conto però è la Pizza Napoletana che non fa male a nessuno e un conto sono le marchiature tribali in Nigeria, mutilazioni dolorosissime che fanno parte di una tradizione brutale che potrebbe sconfinare in quell’atto punitivo chiamato tortura.

 

 

 

 

 

Torna su