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Migranti, nei confronti di papa Francesco in atto una censura selettiva

Nei convegni parlano sempre di informazione di qualità, che poi sarebbe la loro, ovviamente. Ma cosa vuol dire qualità? Di fatto, come sanno tutti, praticamente nulla. Stiamo parlando dei direttori/editorialisti dei “giornaloni”, termine che ironizza sul contrasto ormai evidente a chiunque fra la presunzione che manifestano e la realtà. Molto meglio sarebbe che questi personaggi focalizzassero l’attenzione su concetti più definiti come informazione accurata, completa, verificata.

Una delle vittime di questo tipo di comunicazione (che rimane mainstream per le connessioni coi talk tv e perché continua a far parlare di sé malgrado il calo di vendite) sono le autorità morali/religiose, a cominciare da Papa Francesco. Dietro c’è un retro pensiero ( non espresso per congenita ipocrisia) secondo il quale una visione umanitaria/etica sia in sé comunque intrinsecamente ingenua. Ciò che conta nel mondo ( secondo questo modo di vedere) sono potenza e denaro, il resto è chiacchiera o magari appello ai buoni sentimenti.
Così il Papa è sistematicamente oggetto di censura ( come ha perfettamente riportato nel suo intervento Antonella Napoli). Nelle ultime settimane è accaduto due volte. Prima quando il Pontefice all’inizio di settembre ha parlato di terza guerra mondiale in atto e della necessità di scongiurare il rischio nucleare, poi sul suo appello/denuncia sulla strage di migranti e la nostra indifferenza davanti a tante vite stroncate.
La cosa che deve essere colta è che viene usata una tecnica sottile. Questa censura è selettiva. Dipende tutto dall’argomento affrontato dal Pontefice ( ma può valere pure per il Presidente della Repubblica quando si esprime a difesa ad esempio dell’indipendenza dei giornalisti scomodi). Se il tema è gradito gli si dà grande risalto, se riguarda gli equilibri sociali/culturali delle nostra convivenza scompare. E uso questo verbo a ragion veduta, perché letteralmente non si dà conto di quanto è stato detto, lo si cancella come un non detto.
E’ una nuova forma interpretativa del giornalismo, espressione di una logica neo liberista. La cosa più clamorosa, di cui i protagonisti per cecità non si accorgono, è che, così facendo, minano innanzitutto la loro credibilità. In altri paesi la completezza dell’informazione è ritenuta sacra. Non si gioca sui silenzi, al limite si polemizza con ciò con cui si è in disaccordo, non lo si nasconde. Un grande problema italiano questo, per tutti noi, che forse contribuisce a spiegare perché tanta gente si senta oggi tagliata fuori da un dibattito pubblico così parziale e manipolato.

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