L’immigrazione nel Lazio e nelle sue province torna ad essere oggetto di analisi nella diciassettesima edizione dell’Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio, avviato per la prima volta nel 2005. Il Rapporto restituisce un quadro completo e articolato della presenza immigrata nel Lazio e nella Capitale, che della regione continua ad essere il cuore da cui si diramano spinte al contempo centrifughe e centripete.
Presenti sul territorio ma invisibili all’anagrafe, esclusi dalla campagna vaccinale e isolati dalla digitalizzazione dei servizi pubblici, sempre meno occupati e sempre più assenti nelle scuole d’infanzia e primarie. Eppure, gli immigrati del Lazio sono il 12,3% di quelli residenti in Italia.
Nel 2020 gli stranieri residenti nel Lazio (635.569) risultano aumentati di appena 6.398 unità in un anno e si concentrano per l’81,2% nella Città metropolitana di Roma. La loro incidenza sulla popolazione totale è maggiore della media nazionale: 11,1% contro 8,7%. I bambini stranieri nati durante l’anno ammontano a 5.767, il 15,2% di tutte le nascite.
Il nuovo metodo censuario, grazie al confronto con i movimenti amministrativi di altri archivi, ha fatto emergere dall’invisibilità tanti immigrati che, pur stabilmente presenti, non erano stati registrati come residenti (spesso in modo illegittimo) o, cosa ancor più grave, erano stati cancellati d’ufficio dalle anagrafi. Sono 11.056 a livello regionale, 13.154 nell’area metropolitana di Roma, 16.412 nella Capitale, 587 nella provincia di Latina. Eppure, dopo un recupero anagrafico così importante, che permetterà ad altrettante persone di accedere a servizi e diritti di base prima negati, nel 2020 sono stati nuovamente cancellati d’ufficio dal Lazio più di 22.000 stranieri.
Il numero dei nuovi permessi di soggiorno rilasciati nell’anno è stato il più basso dell’ultimo decennio (poco più di 100.000 in Italia e 12.061 nel Lazio: -39,9% e -42,4% rispetto al 2019), a causa della riduzione dei flussi migratori durante la pandemia e delle forti restrizioni normative in materia.
Le dinamiche escludenti della burocrazia sono aumentate durante l’emergenza Covid, per la riduzione delle attività in presenza di molti uffici pubblici adibiti a servizi essenziali o al rilascio dei documenti necessari, e per le difficoltà di accesso alle procedure online da parte degli immigrati.
Per la prima volta nel Lazio gli alunni stranieri (80.051 nell’a.s. 2020/2021, il 10% del totale) sono diminuiti, soprattutto nella scuola dell’infanzia (-7,2% contro una media del -5,8% in questo grado) e in quella primaria (-2,0%), frutto di un anno pandemico che ha visto ricorrenti chiusure e quarantene nelle scuole, e bambini più piccoli tenuti a casa da molte famiglie immigrate, per ragioni economiche, di tutela sanitaria, ma anche per difficoltà di accesso alle procedure on line.
Sono stati a lungo esclusi dalla campagna vaccinale molti stranieri che, pur regolari, non avevano il codice fiscale, ovvero la tessera sanitaria, carenza in parte supplita grazie ai codici Stp/Eni (per stranieri temporaneamente presenti ed europei non iscritti) rilasciati per vaccinare tanti stranieri regolari ma esclusi dalla piattaforma per le prenotazioni. A fine 2021 i titolari di Stp/Eni nel Lazio sono 34.970, di 156 nazionalità (133 non Ue e 23 Ue), il 5,6% dei residenti stranieri della regione.
La crisi del mercato del lavoro ha avuto ripercussioni negative anche sull’occupazione degli immigrati. A Roma, tra il 2019 e il 2020, la diminuzione degli occupati stranieri ha superato largamente quella degli italiani (-8,5% contro -1,7%) e il tasso di occupazione dei primi è sceso di 3,3 punti percentuali a fronte di 1 punto in meno per i secondi. Le lavoratrici straniere continuano a lavorare quasi esclusivamente nei servizi, dove sono il 62,2% della forza lavoro straniera, in particolare nei servizi di assistenza e alle imprese, tra i più colpiti dalla crisi pandemica. Alla riduzione di occupazione ha corrisposto un notevole aumento del tasso di inattività (+5,5 punti percentuali rispetto a +1,1 tra gli italiani). Ciò nonostante, il lavoro straniero resta fondamentale in vari comparti e per la tenuta del sistema previdenziale.
Il Rapporto mostra, secondo la curatrice Ginevra Demaio, che “l’onda lunga del Covid si sta ripercuotendo più fortemente sulla vita dei cittadini più fragili, in particolare su quelli di origine immigrata, già soggetti a una macchina amministrativa respingente che li esclude da molti diritti. Idos, con questo studio, vuole dare il suo contributo affinché le leggi, le procedure amministrative, la digitalizzazione, la messa on line di tanti servizi e sportelli, la crisi del mercato del lavoro, non producano ulteriore esclusione e isolamento degli immigrati, ma siano da stimolo per politiche e interventi capaci di facilitare la vita delle persone e sostenerle se restano indietro”.
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Credits foto Julie Ricard