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Mediterraneo, naufragi e viaggi della speranza non si fermano. Salvati altri 55 migranti

un nuovo salvataggio jn mare, un nuovo sbarco che ha ridato speranza a decine di persone, Alle ore 11.58 55 naufraghi scampati all’ennesimo  naufragio nel Mediterraneo centrale sono arrivate a Marina di Carrara.

Quando vediamo i naufraghi scendere, inevitabilmente ci chiediamo come sarà la loro vita da quel momento in poi – commenta Ahmed Echi, mediatore culturale a bordo della nave Life Support di Emetgency –. Oggi proviamo un’apprensione ulteriore: per chi come noi è testimone delle storie di chi ha attraversato il mare, la discussione sull’abolizione della protezione speciale è intollerabile. A bordo abbiamo ascoltato le storie di donne in fuga da matrimoni forzati, da violenze sessuali consumate sotto il tetto domestico, di stupri in Libia, di uomini che non hanno visto la luce per anni perché rinchiusi dai trafficanti in centri di detenzione, di minorenni denudate, appese a ganci e torturate. Ridurre le misure di protezione crea solo irregolarità e condanna queste persone a subire ulteriori abusi”. 

I naufraghi erano partiti da Zwara, Libia, e si trovavano in mare da oltre 12 ore quando sono iniziate le operazioni di soccorso: il natante imbarcava già acqua, aveva il motore in avaria ed era completamente alla deriva da almeno 8 ore. Le 55 persone, tra cui tre donne, tre bambini e tre minori non accompagnati, hanno finalmente toccato terra oggi. 

I superstiti, 46 uomini adulti, tre donne adulte, tre bambini e tre minori non accompagnati, provengono da Bangladesh, Chad, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Nigeria, Palestina, Somalia, Sudan – Paesi segnati da insicurezza alimentare, scontri armati e crisi umanitarie. 

“Sono orfana di entrambi i genitori e ho lasciato il mio Paese perché in guerra – racconta una minore non accompagnata a bordo –. Mi avevano detto la Libia era un passaggio molto semplice per raggiungere l’Europa. Invece ci sono rimasta per tre anni. Lì sono stata imprigionata, sia da parte delle milizie che dei trafficanti. Volevano che pagassi più soldi per il viaggio in mare: mi spogliavano, mi appendevano ad un gancio e mi torturavano. Intanto mi filmavano affinché io mandassi il video ai miei familiari, ma io non avevo nessuno al mondo a cui chiedere soldi e aiuto. Per questo motivo, quando ho visto il gommone con cui avremmo attraversato il mare, non ho avuto paura: mi interessava solo lasciare la Libia. Quando siamo rimasti senza motore in mezzo al mare, completamente alla deriva, tutti a bordo pensavano che sarebbero morti ed erano angosciati, io ero pronta a qualsiasi destino, mi bastava sapere di non essere più in quel luogo maledetto”. 

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