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Libia, trasferire know-how italiano per favorire la transizione

«La collaborazione tra il governo del Primo Ministro Dbeibah e l’Italia continua a essere sempre più fertile e viva. L’Italia rimane a fianco della Libia e la sostiene in questa transizione complessa» ha detto Mario Draghi al termine dell’incontro che si è svolto a Roma con la delegazione guidata dal Presidente del Consiglio ad interim libico. Aggiungendo che l’impegno italiano avrebbe riguardato alcuni temi determinanti per la ripresa economico produttiva del Paese, quali le infrastrutture e la transizione energetica, oltre al contributo da dare alla non meno importante stabilizzazione delle problematiche sociali collegate alla speranza comune di pace e prosperità. La costruzione di ospedali in Libia e “l’invio di personale sanitario, oltre a ricevere decine di bambini malati di cancro” – sono ancora le parole del Presidente Draghi – saranno i primi interventi italiani per andare in questa seconda direzione.

Riallacciare i rapporti con la Libia diventandone il partner più importante nell’area mediterranea dopo la disastrosa destabilizzazione seguita all’intervento militare, di dubbio interesse per l’Italia, del 2011, è un passo importante compiuto nella politica estera verso i Paesi africani e che ristabilisce una cooperazione di lunga tradizione storica.

Sarebbe certo auspicabile che l’Italia sottolineasse la propriaspeciale attenzione verso la Libia, che la storia trascorsa – pur nel chiaroscuro di vicende non sempre apprezzabili e le vicende recenti la sollecitano ad avere, dando un valore aggiunto alle sue iniziative.

Invitando, per esempio, enti e aziende che si occuperanno di costruire le infrastrutture, gli ospedali e le scuole alle quali ha fatto esplicito riferimento il Primo Ministro Dbeibah nel suo discorso – a predisporre, a corredo del loro intervento e in accordo con i rispettivi governi, piani ausiliari di specifica formazione tecnica rivolti ai giovani libici, impiegati o meno che siano direttamente nei lavori di ricostruzione. Sia per trasferire un know-how che può essere funzionale allo sviluppo del Paese, che per instaurare rapporti culturali di più lunga durata, in grado di continuare oltre la fine degli interventi programmati.

La posizione preferenziale che la Libia intende attribuire al nostro Paese – “l’Italia ha una posizione privilegiata, è un Paese amico, un partner, un Paese fraterno” ha detto Dbeibah – dovrebbe, infatti, trovare nell’offerta italiana un plus di qualità che la giustifichi e ne faccia apprezzare il profilo di maggior apertura e solidarietà.

Dedicare attenzione non solo alla ricostruzione ma anche al progresso del Paese, come auspicato dal suo Primo Ministro – vogliamo “ricostruire la Libia meglio di prima e progredire” sono state le sue parole – è un segnale per dimostrare che gli interessi italiani non sono svincolati da un impegno in tale direzione. Il quale può cominciare con il mettere a disposizione di quanti lo vogliano conoscenze e pratiche utili per ridare slancio a molte attività che un conflitto armato decennale, dal forte impatto sulla vita degli abitanti, ha ostacolato, rallentandone lo sviluppo e l’innovazione che del progresso sono il presupposto indispensabile.

Una iniziativa la cui riuscita, peraltro, può servire da premessa per avviare vere scuole italiane professionalizzanti destinate a restare attive nel tempo e contribuire allo sviluppo economico dell’area libica mediante la promozione delle sue risorse umane interne. Riprendendo, con un nuovo spirito collaborativo, un discorso interrotto dopo la nefasta esperienza coloniale per rinvigorire un dialogo interculturale che può favorire i rapporti fra i due Paesi più di quanto non lo possano fare molti altri investimenti.

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