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Il World Food Programme come unico argine alla devastazione post Covid-19

“La pandemia di coronavirus ha contribuito a un forte aumento del numero di vittime della fame nel mondo”. Questa una delle motivazioni per il Nobel al World Food Programme della presidente del Comitato per il Nobel.
In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, la Nigeria, il Sud Sudan e il Burkina Faso, la combinazione di conflitti violenti e pandemia ha portato a un drammatico aumento del numero di persone che vivono sull’orlo della fame. Di fronte alla pandemia, il Programma alimentare mondiale ha dimostrato un’impressionante capacita’ di intensificare i suoi sforzi. Come ha dichiarato l’organizzazione stessa, ‘Fino al giorno in cui avremo un vaccino medico, il cibo è il miglior vaccino contro il caos. “Il mondo rischia di vivere una crisi della fame di proporzioni inconcepibili se il Programma alimentare mondiale e le altre organizzazioni di assistenza alimentare non riceveranno il sostegno finanziario da loro richiesto. “Il legame tra fame e conflitto armato e’ un circolo vizioso: la guerra e il conflitto possono causare insicurezza alimentare e fame, cosi’ come la fame e l’insicurezza alimentare possono far scoppiare conflitti latenti e scatenare l’uso della violenza. Non raggiungeremo mai l’obiettivo della fame zero se non poniamo fine anche alla guerra e ai conflitti armati. “Il Comitato norvegese per il Nobel desidera sottolineare che fornire assistenza per aumentare la sicurezza alimentare non solo previene la fame, ma puo’ anche contribuire a migliorare le prospettive di stabilita’ e di pace. Il Programma alimentare mondiale ha assunto un ruolo guida nel combinare il lavoro umanitario con gli sforzi di pace attraverso progetti pionieristici in Sud America, Africa e Asia. Fra il World Food Programme (Wfp) e l’Italia esiste da sempre un rapporto speciale. Sin dalla sua fondazione, nel 1961, il Wfp ha il quartier generale a Roma, da dove coordina tutte le operazioni attraverso i suoi sei uffici regionali (Bangkok, il Cairo, Nairobi, Johannesburg, Dakar, Panama City) e i suoi uffici di rappresentanza (Washington, New York, Ginevra, Londra, Parigi, Madrid, Pechino, Tokio), si legge sul sito. Fu proprio l’Italia a volere la sede centrale del Wfp nella capitale, nell’ambito della scelta strategica del governo italiano di ospitare sul proprio territorio le organizzazioni multilaterali che costituiscono il cosiddetto “Polo agroalimentare” delle Nazioni Unite. Oltre al Wfp, infatti, hanno sede a Roma diverse organizzazioni del settore, fra cui la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e l’Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo). Culla della civiltà alimentare, l’Italia è quindi collocata al centro delle grandi decisioni strategiche che riguardano il cibo e l’agricoltura e, grazie alla presenza del Wfp, anche dell’assistenza e della solidarietà verso le popolazioni colpite da gravi emergenze. In questo quadro si inserisce la decisione più recente del Wfp e del governo italiano di aprire la prima Base di Pronto Intervento Umanitario (Unhrd) a Brindisi. Inaugurata nel 2001 e da allora gestita dal Wfp, la base è subito diventata un modello di efficienza e di tempestività nel rispondere rapidamente ad alcune fra le più gravi emergenze che hanno colpito diverse aree del Pianeta.
Il successo della base di Brindisi, condiviso fra l’Italia e il Wfp, ha fatto sì che altre basi dello stesso tipo venissero man mano aperte in altre aree strategiche del mondo. Ad oggi, esistono basi Unhrd a Panama, in Ghana, a Las Palmas in Spagna, a Dubai e in Malaysia. L’Italia considera l’organizzazione un interlocutore essenziale nella sua politica di Cooperazione, mentre il Wfp considera il nostro paese un partner fondamentale. Tramite l’Agenzia Italia per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) e la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs), l’Italia sostiene diversi progetti e operazioni in diverse regioni del mondo, come di recente, per esempio, in Siria, Somalia, Sud Sudan, Nigeria e Yemen. Inoltre, l’Italia è al 23° posto della classifica dei paesi che hanno donato di più al Wfp tra il 2019 e il 2020, con 30.730,984 di euro, piazzandosi prima di Cina e Francia. Per quanto riguarda i programmi di sviluppo, l’Italia ha mostrato particolare attenzione in America Latina, dove ha recentemente sostenuto progetti in Bolivia e El Salvador. In Africa, i contributi italiani hanno permesso la realizzazione di programmi di sviluppo in Etiopia e Sierra Leone.

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