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Guinea, almeno 50 manifestanti uccisi in meno di un anno

Lo ha reso noto oggi Amnesty International, in un rapporto pubblicato a due settimane dalle elezioni presidenziali, previste il 18 ottobre.

Nella prima fase delle proteste, da ottobre 2019 a febbraio 2020, coincisa con l’annuncio delle modifiche alla Costituzione che avrebbero permesso al presidente uscente Alpha Condé di correre per un terzo mandato, le forze di sicurezza hanno ucciso oltre 30 manifestanti, in un terzo dei casi sparando alla testa, al petto o all’addome.

Il giorno del referendum, il 22 marzo, i morti sono stati almeno 12; tra aprile e luglio, mesi delle proteste contro i tagli alla fornitura di corrente elettrica e contro la gestione della pandemia da Covid-19, ci sono state altre sette vittime.

Alla tragica conta dei manifestanti uccisi devono essere aggiunti quelli i cui corpi sono stati respinti dagli obitori degli ospedali, il che significa che non sono stati registrati come decessi, che non sono state effettuate autopsie e che le famiglie non hanno ricevuto un certificato di morte.

Il numero dei responsabili, tra le forze di sicurezza, di questa strage è semplicissimo da calcolare: è pari a zero.

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