vai al contenuto principale

Etiopia tra sicurezza nazionale e crisi umanitaria a un anno dall’inizio del conflitto nel Tigray

Con la guerra genocida iniziata in Tigray il 4 novembre 2020,
l’Etiopia di oggi, ormai alla soglia di un anno di crisi umanitaria in atto sta scivolando sempre più nel baratro e nell’instabilità.
La veloce azione di polizia voluta dal governo centrale per destituire, bloccare i considerati dissidenti membri del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, partito costituzionalmente costituito e governante fino a quel momento la Regione del Tigray, fin dall’ inizio della guerra ha fatto trasparire un’azione per debellare “le erbacce” e i suoi risvolti sono identificabili in diversi punti della definizione di genocidio delineato dall’ ONU.
Quegli stessi metodi sulla pelle , sulle vite dei civili tigrini sono descrivibili come crimini di guerra e contro l’umanità.
Il TDF – Tigray Defence Forces, ovvero le forze partigiane di resistenza tigrine, come dichiarato recentemente da Getachew Reda, leader del TPLF, starebbero combattendo per la loro stessa sopravvivenza.
La guerra è stata combattuta in un Tigray confinato, nel blackout totale di telecomunicazioni e quindi impossibilitato di far sapere al mondo attraverso i media sul campo cosa stava accadendo: il conflitto si è spostato e sta destabilizzando le regioni vicine, Amhara ed Afar.
Da una recente comunicazione via social del giornalista indipendente Fulvio Beltrami, trapelano indiscrezioni giunte da fonti diplomatiche, che tra non molto il Premier nobel per la pace, che non arriva a raggiungere l’obiettivo di stabilizzare l’Etiopia ormai da un anno, potrebbe decretare presto stato di emergenza nazionale e legge marziale.
Altra notizia definita dallo stesso Beltrami “strana, ma certificata” perché proveniente da una fonte credibile come il media Africa Intelligence, indica che il Premier etiope stia comprando sistemi di difesa anti drone israeliani per difendere edifici pubblici strategici e ministeri ad Addis Abeba.
Mentre ad oggi gli aiuti umanitari, l’accesso di materiali di prima necessità, medicinali, carburante (utile anche e soprattutto agli stessi camion e convogli umanitari per la strada di ritorno) si vedono ancora bloccati per scelte politiche.
Di seguito riportiamo i punti salienti dell’ultimo report di UNOCHA che delinea la situazione, dati e informazioni per capire la portata della catastrofe umanitaria in atto:
• Tutti i voli del servizio aereo umanitario delle Nazioni Unite da e per Mekelle sono rimasti sospesi fino a nuovo avviso a seguito di un incidente il 22 ottobre. (si riferisce al raid aereo sferrato dalle forze di difesa etiope colpendo target che secondo lo stesso governo centrale erano logistica utilizzata dai membri del TDF come centri di formazione di nuove reclute e magazzini n.d.r.)
• Nessun convoglio con rifornimenti umanitari è entrato nel Tigray dal 18 ottobre.
• Il carburante per la risposta umanitaria non entrava dai primi di agosto.
• La risposta nutrizionale per bambini e donne è diminuita in Tigray di almeno il 50% a causa della mancanza di denaro e carburante.
• Nelle regioni di Afar e Amhara si registrano alti tassi di malnutrizione.
• Solo 38.000 persone hanno ricevuto cibo in Tigray.
• Questo è solo il 4,4% delle 870.000 persone che necessitano di aiuto ogni settimana. Nessun rapporto su altre consegne a causa di carburante limitato e comunicazione.
• In Amhara da agosto sono state raggiunte 852.000 persone con aiuti alimentari, di cui 116.000 nel periodo di riferimento, principalmente a Dessie Town e Meket Woredas.
I raid aerei sono iniziati alla fine di ottobre 2021 e stanno continuando. I bombardamenti aerei fanno parte del così detto “attacco finale” definito tale dal governo centrale che spera di concludere i giochi, debellare il nemico terrorista e far tornare l’ordine, la stabilità e riportare la sicurezza nazionale.
Purtroppo l’ultimo raid aereo avvenuto giovedì 28 ottobre 2021 ha colpito la Scuola Tecnica “Don Bosco” dei Salesiani a Mekelle.
Dopo 24 ore ci giunge un messaggio da nostra fonte in loco che ci conferma e ci segnala che le attività di soccorso non sono ancora finite:
“Al D. Bosco stanno bene, ma sono state colpite abitazioni civili piene di bambini. 13 morti già accertati e stanno ancora scavando.”
La TV tigrina avrebbe condiviso immagini che darebbero evidenza dell’ utilizzo di droni.
Questi attacchi arrivano nel periodo in cui si segnalano sempre più morti silenziose, morti per fame, per mancanza di cibo, quel cibo che dovrebbe entrare ed essere distribuito dal supporto umanitario.
La situazione è talmente liquida ed in evoluzione che è difficile andare nel dettaglio e descrivere ogni singola situazione sul campo, ma tutto quanto già riportato può far capire che più passa il tempo, o meglio, più si lascia passare il tempo in maniera passiva e più la situazione si aggrava per tutte le persone, i civili presi di mezzo ad una guerra non loro.
La comunità internazionale è molto brava a far sapere il proprio sdegno nei confronti di tutta questa situazione disumana e lo sta facendo da mesi, purtroppo però sembra non aver infierito colpo pratico per cercare di sedare tutto questo: ricordiamo che lo stesso governo etiope mesi fa aveva supportato la campagna “Hand off Ethiopia” per le intimazioni provenienti principalmente dagli USA di Joe Biden che aveva decretato le prime azioni concrete: sanzioni a tutti gli attori che stanno propagando violenza e destabilizzando l’ Etiopia.
Il governo etiope si è sentito attaccato, dichiarando con “Hand off Ethiopia” la volontà di gestire la questione, guerra ai terroristi e sicurezza nazionale come problemi interni risolvibili come Stato Sovrano. Dichiarazione legittimata dalla normativa di inizio maggio 2021 in cui il governo etiope etichettava ufficialmente i membri del TPLF e le persone affiliate o sospette come organizzazione terroristica e terroristi e quindi perseguibili come tali.
Riguardo alle sanzioni, anche l’Europa sembrava in questi ultimi mesi allinearsi e supportare la visione americana, ma all’ ultimo Consiglio degli Affari Esteri Europeo, sembra che alcuni Paesi si siano opposti, tra cui l’Italia.
La notizia ci giunge attraverso un tweet di @TigrayItalia, account dei Giovani Tigrini Italiani, il 20 ottobre 2021 i quali hanno condiviso che:
“Dopo aver ricevuto notizie da fonti affidabili, deduciamo che @PieroBenassi e @ItalyMFA (account della Farnesina n.d.r.) si sono inspiegabilmente opposti alle sanzioni all’Etiopia di @AbiyAhmedAli. Nel frattempo #Mekelle brucia!”
Il tweet è stato condiviso in concomitanza ad uno degli ultimi raid aerei avvenuti a Mekelle.
Ai Giovani Tigrini Italiani va dato anche merito di essere riusciti a far aprire una recente interrogazione parlamentare attraverso l’Onorevole Piera Aiello riguardo all’accordo sulla difesa tra Italia ed Etiopia siglato qualche mese prima dell’ inizio della guerra genocida e di cui stanno chiedendo trasparenza per capire i termini in essere di quell’accordo.
Coscienti di tutte queste tante informazioni, si può presumere che purtroppo tutto questo non riuscirà a finire presto, non tanto e solo per i conflitti in corso, ma per le volontà politiche e gli attori che sembrano più propensi a continuare una guerra diplomatica di propaganda più che focalizzarsi maggiormente nel aiutare e supportare tutti quei milioni di persone in difficoltà ed in pericolo di vita. Tale visione è supportata dalle tante richieste, intimazioni sul cessate il fuoco, sull’accesso degli aiuti umanitari, sull’uscita degli alleati eritrei occupanti il Tigray, ma nel contempo con la mancanza di veri e propri atti pratici, se non il supporto umanitario “una tantum”.

Torna su