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Etiopia, la sconfitta elettorale di Abiy se le elezioni fossero libere e inclusive

Le elezioni del prossimo 21 giugno saranno caratterizzate da una bassissima affluenza alle urne. Due i principali motivi. Il palese boicottaggio della popolazione. Il 38% degli aventi diritto al voto non si sono registrati alle liste elettorali: circa 19 milioni di elettori su un totale del corpo elettorali di 50 milioni. L’evidente politica di esclusione di un gran numero di elettori attuata dal governo centrale. Il Tigray è stato escluso a priori. Altri 2,6 milioni di elettori che non potranno partecipare. Circa 78 sezioni elettorali vedranno le elezioni posticipate in settembre: circa 1,8 milioni di elettori.

Ora occorre anche aggiungere le regioni di Harari (HarariPeople’s National Regional State) e Somali Region dove le elezioni verranno riportate in settembre, come ha annunciato giovedì la NEBE (National Electoral Board of Ethiopia) citando non ben specificate “irregolarità” e problemi con la stampa delle schede elettorali. Altri 3,8 milioni di elettori. Assieme al Tigray le due regioni escluse dal voto del 21 giugno rappresentano 63 seggi parlamentari su 547. Altri 79 seggi elettorali sono stati repressi a livello nazionale adducendo scuse di non conformità con la NEBE. Altri 1,2 milioni di voti.  In totale tra elettori che non si sono iscritti e elettori esclusi al 21 giugno porta al risultato di 28,4 milioni di cittadini che non voteranno.

È palese che in queste circostanze le elezioni non saranno rappresentative. Fonti diplomatiche africane avvisano che sarà sbandierata a tutto il mondo la vittoria del Premier Abiy e del suo partito Prosperity Party controllato dalla dirigenza fascista Amhara. Vittoria che probabilmente verrà dichiarata senza attendere l’esito delle elezioni posticipate in settembre che colpisce varie sezioni elettorali e regioni. Una vittoria già decisa a tavolino prima ancora di aprire i seggi elettorali e di cui alcuni governi europei, che fino ad ora hanno dimostrato agende non chiare verso il dramma etiope, sarebbero pronti a convalidare.

Il Premier Abiy e il Prosperity Party avrebbero riportato una vittoria se le elezioni si fossero svolte in un clima di pace e fossero state veramente inclusive? La risposta è NO.

A dimostrarlo è un sondaggio eseguito da Afrobarometer tra un rappresentativo campione di giovani di età compresa dai 18 ai 35 anni, eseguito nell’agosto 2020 prima dello scoppio dei vari conflitti, reso noto lo scorso maggio e ampiamente ignorato dal governo centrale e dalla maggioranza dei media internazionali.

Afrobarometer è un’istituzione di ricerca panafricana apartitica che conduce indagini sull’atteggiamento pubblico su democrazia, governance, economia e società in oltre 30 paesi ripetute a ciclo regolare. Aforbarometer è la principale fonte mondiale di dati di alta qualità su ciò che pensano gli africani.

Questo sondaggio è estremamente significativo in quanto oltre il 70% della popolazione etiope ha meno di 30 anni. Il sondaggio rivela che il 53% degli etiopi è convinto che il governo centrale stia gestendo molto male l’economia. Negli ultimi cinque anni la valuta etiope si è dimezzata rispetto al dollaro USA e all’Euro,facendo salire il costo della vita. Il 54% degli intervistati afferma di soffrire di alti o medi livelli di povertà. Il tasso di crescita annuale è drasticamente crollato di 4 punti di percentuale dal 2017 attestandosi al 6,1%. Un crollo spiegato con la pandemia da Covid-19. La percentuale annuale non tiene conto degli ultimi due mesi che corrispondono all’inizio del conflitto in Tigray…

Il 62% degli intervistati accusa il governo di fare un pessimo lavoro nel creare nuovi posti di lavoro. Ufficialmente la disoccupazione è del 2,08%. Questi dati sono palesemente surreali, basta pensare che il tasso di disoccupazione in Italia è del 11.69%. Il Premier Abiy segue la tattica di manipolazione dei dati sulla disoccupazione adottata dal TPLF negli ultimi 18 anni. Dal 2003 in poi il tasso di disoccupazione ufficiale registra l’irreale media di 2,37%. Alcune stime più realistiche attestano la disoccupazione a circa 30% e la sottooccupazione (lavori informali, stagionali o precari) al 54%.

Quasi il 60% degli intervistati è convinto che il governo ignori la condizione e i bisogni dei giovani. Anche in questo caso il Premier Abiy continua la politica iniziata dal TPLF nel 2012 di narcotizzare la gioventù tramite il diffuso e iper economico consumo di Chat, una pianta che, se masticata a lungo, dona effetti simili alle anfetamine. Il Chad, diffuso nel Corno d’Africa e Africa Orientale e coltivato in Etiopia, ormai rappresenta uno dei prodotti più consumati e esportati. È reperibile in negozi “biologici” sparsi in tutto il paese che in realtà fanno parte di un fitto e strutturato network di punti di spaccio legalizzati. L’obiettivo è identico all’entrata sui mercati americani ed europei dell’eroina negli anni Settanta, Ottanta: drogare la gioventù per impedirgli di organizzarsi e rappresentare un problema di sicurezza che potrebbe scaturire da rivendicazioni economiche e politiche.

La fiducia nell’attuale coalizione di governo etiope è praticamente crollata. Dal 78% del 2018 al 47% dell’agosto 2020. Circa il 71% dei giovani (compresi anche quelli che continuano a dare fiducia ad Abiy) pensano che l’attuale parlamento e governo siano corrotti. Se si entra nei dettagli di questa specifica domanda si scopre che la fiducia direttamente posta al Premier Abiy è del 36%, quella del Prosperity Party del 22%. Quella rivolta a Polizia ed Esercito federale rispettivamente 24 e 45%. Percentuali che probabilmente sonodiminuite a seguito dei crimini commessi da entrambi gli apparati di difesa nazionale durante gli ultimi 7 mesi in Tigray e in Oromia.

I giovani nel sondaggio dimostrano una progressiva perdita di fiducia anche nelle amministrazioni regionali e si sentono generalmente esclusi dalla partecipazione politica. Il 75% degli intervistati afferma di fidarsi solo dei leader religioni delle quattro religioni monoteistiche: (Chiesa Cattolica, Chiesa Ortodossa, Islam e Protestanti) mentre il 62% afferma di fidarsi dei leader tradizionali. Molti giovani hanno affermato di non fidarsi dei membri degli organi regionali e nazionali per rappresentare i loro interessi o per esprimere le loro richieste. I giovani hanno affermato di non essere stati consultati quando sono emanate le leggi, comprese quelle che hanno riguardato direttamente le loro vite.

Questo sondaggio, ignorato dal governo di Addis Ababa e che ha sofferto di una scarsa attenzione da parte dei media internazionali, dimostra senza orma di dubbi che il Premier, il suo partito e le istituzioni da loro gestite soffrono di una mancanza di legittimità, inclusività e rappresentatività e sono ampliamente diffidate dalla maggioranza dei giovani.

I movimenti giovanili chiedono maggiore inclusione. Esigono maggior rappresentanza nelle scelte del governo, più democrazia, accusando il governo Abiy di rifiutarsi di ascoltare i loro problemi e di trovare soluzioni ad essi. Esigono anche un maggior accesso a internet e ai social media. Attualmente solo il 30% della popolazione etiope vi accede. Il web è sottoposto a costante monitoraggio e censura tramite un sistema di spionaggio informatico illegale sui cittadini ideato 10 anni fa proprio da Abiy Ahmed Ali, quando serviva fedelmente la dirigenza del TPLF.

Un altro dato importante è la fiducia data alla NEBE: un misero 15% e il totale discredito dell’esercizio democratico del voto (all’epoca rinviato) esprimendo l’esigenza di elezioni veramente libere ed eque. Per quanto riguarda la politica promossa da Abiy di sostituire l’attuale federalismo etnico con un governo centrale, il 61% dei giovani intervistati dichiara di preferire il federalismo ad un sistema unitario di governo.

Il sondaggio di Afrobarometer fatto prima dei conflitti in Tigray e Oromia ci dà un’idea di quanti voti protrebbero raccimolareAbiy e il Prosperity Party: dal 36 al 22%. Abiy è consapevole della sua impopolarità anche tra le principali etnie Amhara e Oromo. Per questo necessita di una strategia di esclusione dal voto palesemente messa in atto in queste ultime settimane. Scometto che i risultati delle elezioni del 21 giugno saranno alquanto fantasiosi. Mi attendo a percentuali, se non bulgare, almeno del 70%, ovviamente a favore del Partito della Prosperità.

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