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Etiopia, la dirigenza Amhara smentisce Abiy e minaccia ripresa conflitto giocando la carta russa

La dirigenza nazionalista Amhara ha minacciato di riprendere il conflitto in Tigray. La minaccia è stata dichiarata da diplomatici e alti ufficiali del ENDF (Ethiopian National Defence Forces) tra cui il generale Bacha Debele, in realtà pedine di secondo pianomanovrate da chi realmente detiene attualmente il potere in Etiopia: Agegenehu Teschager (presidente dell’Amhara) e Temesgen Tigruneh (Direttore della polizia politica NISS ed ex presidente dell’Amhara).

La minaccia giunge 48 ore dopo la dichiarazione di cessate il fuoco unilaterale fatta dal Premier Abiy a seguito della umiliante sconfitta subita in Tigray e 24 ore dopo le dichiarazioni fatte dal Segretario di Stato americano Antony Blinken durante il summit dei G20 a Matera. Blinken ha sottolineato la necessità di una robusta azione internazionale in caso di mancato rispetto del cessate il fuoco per risolvere politicamente il conflitto in corso in Tigray.

La chiara minaccia di Washington di “robuste azioni” in caso di ripresa delle ostilità è rivolta ai governi dell’Eritrea e dell’Etiopia e si associa alla dichiarazione del Presidente JoeBiden che considera fondata l’inchiesta condotta dal Rappresentante del Partito Repubblicano Michael McCaul che dimostra azioni premeditate di genocidio contro la popolazione etiope in Tigray. Durante la discussione del “Dossier Etiopia” al summit di Matera Blinken ha inviato i Ministri degli Esteri dei G20e in special modo il Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, ad adottare una linea comune per la crisi in Etiopia, comeriporta l’agenzia stampa Reuters.

L’annuncio di una possibile ripresa delle ostilità contro il Tigray ha colto di sorpresa molti osservatori regionali e internazionali, come fa osservare il quotidiano britannico The Guardian. L’annuncio rappresenterebbe un cambiamento di strategia molto importante.

Di quale strategia parlano gli osservatori stranieri?

Del isolamento del Tigray da parte dell’Eritrea e dell’Etiopia, deciso dopo la sconfitta subita dal TPLF.

Il Tigray è una regione senza sbocchi sul mare rinchiusa a nord dall’Eritrea, al sud dalla regione etiope Amhara e all’est dalla regione etiope Afar. Anche il confine con il Sudan è chiuso grazie all’annessione da parte della regione Amhara della woreda (contea) di Wolkait. Gli eserciti eritreo ed etiope si sono posizionati alle sue frontiere interrompendo le vie di comunicazione terrestri ed aeree. Anche le comunicazioni e l’elettricità sono state interrotte.

La maggior parte delle infrastrutture, compreso centrali elettriche e dighe in Tigray sono state volutamente distrutte duranti queste mesi di conflitto proprio in previsione di questa strategia di accerchiamento in caso di sconfitta militare. Il Tigray ha vinto la guerra ma si trova completamente isolato, chiuso tra due paesi ostili e completamente distrutto.

Anche sulla urgente necessità degli aiuti umanitari si pongono serie ipoteche. Tutte le ONG internazionali possono giungere il Tigray solo attraverso l’Afar e l’Amhara di cui confini sono stati chiusi. Inoltre a breve sorgerà anche la problematica dell’interlocutore istituzionale. Il TPLF rivendica il diritto di esserlo nel suo territorio mentre il governo centrale pretende che le ONG rispondano alle sue direttive, essendo registrate in Etiopia.

Le ONG che sceglieranno di sottoporsi sotto la giurisdizione del TPLF per poter operare in Tigray potrebbero correre il rischio di vedersi ritirare le licenze ad operare in Etiopia. Vi è anche il rischio che la dirigenza Amhara impedisca alle ONG il passaggio alle frontiere per raggiugere il Tigray.

Queste problematiche, comuni a tutte le ONG internazionali presenti nella zona, diventano maggiormente serie per le ONG italiane. La maggioranza di essere hanno un forte presenza in Tigray. A differenza delle ONG straniere quelle italiane durante questi 7 mesi di conflitto hanno adottato una estrema prudenza nel condannare i crimini compiuti. Forse per rispetto del loro mandato di neutralità o forse per convenienze di assicurare la continuità del mantenimento del business umanitario come affermano i loro detrattori. Dinnanzi ai prevedibili ostacoli che il governo centrare potrebbe apporre, le ONG italiane saranno costrette ad una scelta di posizione inevitabile.

Il governo Abiy ha preso la decisione di lasciare i tigrini a se stessi per un periodo di riflessione, ritirando i militare in luoghi meno ostili” osserva il attivista italiano dei diritti umani Davide Tommasin sul suo blog “Pensieri sparsi di uno qualsiasi

La sconfitta e il conseguente ritiro delle truppe dal Tigray viene giustificato dal regime di Addis Ababa da “altre esigenze” rispetto al Tigray. “Nel descrivere in dettaglio la logica del motivo per cui le sue forze sono fuggite da Mekelle, il Primo Ministro ha citato questioni più urgenti tra cui la Grande diga rinascimentale etiope e le pressioni economiche come fattori principali. Ha suggerito che ci fossero sforzi esterni intenti a far deragliare la diga e ha sollevato richieste per l’Etiopia di rimpatriare 50.000 cittadini in Medio Oriente, come esempio”, spiega Tommasin.

A conferma dell’analisi dell’attivista italiano giungono le dichiarazioni del Generale Bacha Debele. Parlando ai media nazionali il Generale Amhara ha affermato che l’esercito etiope ha lasciato Mekelle,  perché la città “ha cessato di essere il centro di gravità in grado di rappresentare una minaccia per la nazione e il governo federale“.

Debele ha affermato che le forze federali devono essere pronte ad affrontare altre “minacce”, un possibile riferimento al suo vicino Sudan. Le relazioni tra i due Stati si sono notevolmente deteriorate nell’ultimo anno.

William Davison, analista esperto del Corno d’Africa per International Crisis Group afferma che la vittoria militare riportata dal TPLF ha creato panico tra i governi di Addis Ababa e Asamara. “È possibile che entrambi gli eserciti siano stati superati dagli eventi sul campo. Lo sforzo per pacificare il Tigray non stava andando come previsto… Gli sviluppi sul campo di battaglia si sono allineati con la crescente pressione internazionale su Abiy e sul suo governo per costringerli a cambiare tattica“.

Davison intravvede come reale la strategia etiope di bloccare il Tigray, soffocandolo. Sembra che ci sia uno sforzo in corso per continuare a fare pressione sui leader del Tigray, il che renderà ancora di più il Tigray ingovernabile. Ad esempio, c’è effettivamente un blocco aereo e stradale nella regione e ci sono carenze di carburante e denaro, nonché interruzioni di energia e telecomunicazioni mentre le truppe etiopi in ritirata hanno saccheggiato l’attrezzatura internet satellitare delle Nazioni Unite … quindi non credo che gli attori internazionali vedranno questo come un sincero gesto umanitario di Addis Abeba” afferma Davison

La minaccia di riprendere il conflitto dichiarata da diplomatici e alti ufficiai del ENDF è dettata dal timore di Teschager e Tigruneh che ora il conflitto si estenda nell’Amhara. Per spezzare l’isolamento imposto il TPLF deve riconquistare le wareda di Wolkait, Tegede, Telemt e Raya. Particolare importanza è la woreda di Wolkait. Se il TPLF riuscisse a riprendere il controllo potrebbe aprire la via di rifornimento dal Sudan.

Queste wareda sono state definite territori del Tigray nel 1996 e sono abitate da entrambe le etnie. Mentre il TPLF ha sempre garantito la presenza degli Amhara, all’inizio del conflitto (novembre 2020) le forze regionali dell’Amhara hanno occupato i territori attuando una documentata pulizia etnica per massacrare i civili del Tigray e costringere i sopravvissuti a fuggire dalle zone contese.

Tra il marzo e l’aprile scorsi il Presidente Agegnehu Teschagerha stanziato ingenti fondi per finanziare la colonizzazione delle zone contese, inviando contadini Amhara con il chiaro obiettivo di rendere irreversibile l’annessione dei territori.

L’intenzione di riconquistare questi territori perduti e infrangere l’isolamento è stata espressa dal leader tigrigno Getachew Reda. Il governo del Tigray invita il nostro popolo e l’esercito del Tigray a intensificare la loro lotta fino a quando i nostri nemici non lasceranno completamente il Tigray. Il TPLF non si fermerà davanti a nulla per liberare ogni centimetro quadrato del Tigrayha dichiarato Reda all’agenzia stampa Associated Press, definendo il cessate il fuoco uno “scherzo malato“.

La minaccia di riprendere le ostilità in Tigray lanciata dalla leadership nazionalista Amhara è anche un segnale rivolto al Primo Ministro etiope. Fonti ad Addis Ababa informano che Teschager e Tigruneh stanno giudicando seriamente l’operato di Abiy, reo di non essere riuscito a vincere la guerra in Tigray e di aver seriamente compromesso le capacità difensive/offensive dell’esercito federale. Nella cultura Etiope non vi è posto per i condottieri che perdono.

Con la minaccia lanciata non solo al TPLF ma anche al Presidente americano Joe Biden, la dirigenza Amhara sta cercando di imporre ad Abiy una tattica diversa dall’assedio al Tigray. Il Premier sta facendo leva sul immenso sforzo bellico che ha compromesso l’economia già debole dell’Etiopia. Solo la parte di interruzione delle esportazioni è costata all’Etiopia 20 milioni di dollari al mese, senza nemmeno prendere in considerazione le spese di guerra e altri settori dell’economia colpiti dalla guerra sul Tigray.

La dirigenza Amhara sembra non voler accettare le “restrizioni economiche” affermando che se non ci sono soldi questi vanno cercati altrove. Per risolvere il problema economico Teschager e Tigruneh si stanno rivolgendo alla Russia con l’obiettivo di assicurarsi un potente alleato internazionale.

L’asse Etiopia – Russia spaventa Abiy, consapevole che significherebbe dichiarare guerra al suo alleato storico: gli Stati Uniti. La Casa Bianca è capace di obbligare i Paesi membri della Unione Europa (compresi quelli più ambigui: Francia e Italia) ad allinearsi alla sua politica “dura” in nome del Patto Atlantico. Per Washigton è inconcepibile che l’Etiopia possa cadere sotto l’influenza russa come di fatto è successo per la Repubblica Centrafricana e il Burundi.

Le forti divergenze tra la tattica di assedio al Tigray e la ripresa dei combattimenti con l’appoggio russo sono uno dei tanti segnali della frattura ormai grave tra Teschager Tigruneh (che di fatto controllano il Partito della Prosperità) e il Premier etiope.Si intravvede il loro disegno di trasformare Abiy Ahmed Ali in un semplice portavoce e personaggio pubblico di facciata, prima di eliminarlo dalla scena politica nazionale.

La situazione si sta deteriorando in Oromia, dove dal marzo 2021 è ripreso il conflitto con il Oromo Liberation Army. Dopo la caduta di Mekelle, un gran numero di forze federali è stato schierato nelle strade di Addis Abeba. Dal 29 giugno centinaia di cittadini di origine tigrina sono stati vittime di arresti di massa da parte della polizia federale. Ad oggi sconosciuta i loro luoghi di detenzione.

Gli arresti si sono estesi anche a cittadini di etnia Oromo sia ad Addis Ababa che in Oromia in occasione del primo anniversario della morte del cantante e attivista Oromo: HaacaaluuHundeessaa ucciso il 29 giugno 2020 da sicari di Abiy. In Oromia sono state tentate delle manifestazioni per chiedere giustizia per Haacaaluu e il rilascio dei prigionieri politici Oromo. Manifestazioni soppresse a colpi di proiettili, percosse e arresti.

Il Oromo Liberation Army ha dichiarato l’obiettivo di accerchiare la capitale Addis Ababa per costringere la dirigenza Amhara e il loro portavoce Abiy Ahmed Ali a capitolare. Seppur gli scontri con l’esercito federale continuano nel assoluto silenzio (complice) dei media internazionali, esperti militari affermano che il OLA potrebbe acquistare terreno approfittando della situazione nonostante la sua comprovata debolezza militare ma escludono al momento che possano conquistare la capitale etiope.

Lunedì 28 giugno un commando OLA ha preso d’assalto la prigione di Klaity ad Addis Ababa dove sono detenuti iprincipali leader dell’opposizione Oromo tra cui JawarMohammed e Bekele Gereba. L’assalto è stato respinto da polizia ed esercito federali.

Il Oromo Liberation Army ha chiesto ai G7 di dichiarare una “no-fly zone” sullo spazio aereo in Tigray e Oromia mentre il Oromo Liberation Front (principale partito di opposizione nazionale) ha chiesto alla comunità internazionale di imporre un cessate il fuoco in Oromia e un governo di transizione inclusivo di tutte le forze politiche e sociali etiopi ad esclusione del Partito della Prosperità.

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