Skip to content
Speciale Etiopia

Etiopia, il dittatore eritreo Isaias Afewerki nega i crimini e violazione dei diritti in Tigray

Il presidente eritreo Isaias Afwerki si rivolge a una conferenza stampa congiunta con il suo omologo keniota William Ruto durante la sua visita alla State House Nairobi, Kenya, 9 febbraio 2023.

Isaias Afwerki, il dittatore eritreo della Corea del Nord africana, in conferenza stampa congiunta col Presidente Ruto a Nairobi, Kenya, ha eluso le domande dei giornalisti sul fatto che il suo esercito rimanga ad occupare aree della vicina regione etiope del Tigray, tre mesi dopo la firma di un accordo di tregua che ne prevedeva…

Isaias Afwerki, il dittatore eritreo della Corea del Nord africana, in conferenza stampa congiunta col Presidente Ruto a Nairobi, Kenya, ha eluso le domande dei giornalisti sul fatto che il suo esercito rimanga ad occupare aree della vicina regione etiope del Tigray, tre mesi dopo la firma di un accordo di tregua che ne prevedeva il ritiro.

Alla domanda di un giornalista queste le parole di Isaias Afwerki:

“Parli di ritiro o non ritiro, abbiamo detto che non ha senso.”

Aggiungendo:

“Non provocarci per arrivare a un malinteso. Perché ci preoccupiamo per le truppe eritree che ci sono o non ci sono, uscite o non uscite?”

Sulla questione di crimini e violazione dei diritti sulla popolazione civile in Tigray, Isaias ha platealmente negato il coinvolgimento delle sue truppe:

“Tutti parlano di violazioni dei diritti umani qua e là – stupro, saccheggio – questa è una fantasia”

Ha anche dichiarato ai giornalisti che tutte le affermazioni sulle sue truppe erano “bugie inventate”.

Contesto

La guerra genocida è scoppiata nello stato regionale del Tigray, Etiopia, il 3 novembre 2020 e perdurata 2 anni, per arrivare alla firma dell’ accordo di “cessazione ostilità” a Pretoria il 3 novembre 2022. Guerra condotta per l’ “unità e la sicurezza nazionale” dell’Etiopia dal governo di Abiy Ahmed, dal suo esercito e dagli alleati, forze regionali Ahmara, milizie Fano e l’esercito invasore eritreo. Guerra finalizzata a bloccare con una veloce “azione di polizia” tutti i membri del partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front ritenuti dissidenti. Recenti stime hanno dichiarato più di 600.000 morti. Una guerra in cui si sono perpetrati crimini di guerra a contro l’umanità.

Il report della commissione investigativa ONU ha denunciato tutte le forze di aver commesso crimini sui civili.

Il governo etiope in particolare è stato accusato di aver bloccato l’accesso umanitario in Tigray.

Le truppe eritree si sono sentite in dovere di invadere un Paese come l’Etiopia per loro stessa difesa.

Pensiamo cosa accadrebbe però se l’Ucraina invadesse la Russia per difendersi?

Le truppe eritree sono state coinvolte tacitamente dal governo etiope, o per meglio dire, non è mai stato ufficializzato formalmente un’alleanza nella guerra genocida tra Eritrea ed Etiopia, ma ci sono state solo ambigue dichiarazioni.

Una cosa certa è che fin dall’inizio il governo del Nobel per la pace Abiy Ahmed Ali, ha sempre e ripetutamente negato la presenza degli eritrei nel Tigray. Solo dopo mesi di pressioni internazionali, in sede parlamentare ad inizio 2021 ha dovuto confessare.

Quando le notizie sulla loro presenza e sui crimini che hanno commesso in Tigray sono diventate innegabili, il governo etiope ha cercato di giustificare l’ invasione. Abiy Ahmed Ali una volta ha detto che l’Eritrea è entrata nel Tigray perché l’Etiopia non era in grado di difendere i propri confini a causa del presunto attacco del TPLF all’esercito etiope. In altri casi, il governo etiope ha espresso apertamente la sua gratitudine alle forze eritree per aver aiutato l’Etiopia a “mantenere la sua unità e integrità territoriale”.

L’esercito eritreo infatti si è macchiato di crimini denunciati dalle principali agenzie umanitarie internazionali e di aver perpetrato sistematicamente violazioni ed abusi sui civili etiopi in Tigray: stupri, massacri, saccheggio e distruzione di ospedali.

Un caso eclatante è il massacro di Axum confutato e confermato dal report congiunto di Amnesty Int. e HRW – Human Rights Watch che hanno rivelato che le truppe eritree sono andate porta a porta in una follia omicida che è durata due giorni. Uccisi centinaia di giovani, spesso uomini, residenti della città. Confermato in parte anche dalla Commissione Diritti Umani Etiope.

Sono stati utilizzati gli stupri come arma di guerra su base etnica.

Questi sono alcuni dei tanti casi confermati.


Approfondimento: Tigray, abusi e schiavitù sessuale utilizzati come armi di guerra


Anche dopo la firma dell’accordo ci sono state segnalazioni di abusi e crimini commessi dai soldati eritrei in varie aree del Tigray.

Un report del Centro di coordinamento delle emergenze nel Tigray, un comitato delle autorità regionali del Tigray, le Nazioni Unite e le ONG hanno riferito che le organizzazioni della società civile del Tigray avevano documentato che le truppe eritree e la milizia armata Amhara che occupavano congiuntamente gran parte del Tigray hanno ucciso 3708 civili.

Oggi ci sono aree ancora bloccate ed inaccessibili all’accesso umanitario, nonostante l’accordo di tregua in essere da 3 mesi.

La segnalazione di Irob Anina Civil Society (IACS) ha recentemente denunciato le attività di occupazione ed ostruzionismo da parte degli eritrei nella woreda Erob, nel distretto di Irob posizionato in zona di confine nell’estremo settentrione orientale del Tigray.

Mercoledì 1 febbraio un team dell’UNOCHA si è recato a Dowhan, Irob, per una missione conoscitiva sull’ostruzione degli aiuti umanitari. Tuttavia sono stati arrestati dalle forze eritree mentre si recavano lì.

Tigray Update per mezzo social denuncia:

“Dicono di essere stati detenuti per lunghe ore prima di essere liberati per tornare. La presenza delle forze eritree è indiscutibile ma continua anche a ostacolare gli aiuti umanitari ad alcune aree del Tigray, in particolare ai distretti confinanti con Eritrea come Irob.”

E’ palese che chi nega tali fatti sta mentendo.

Durante la conferenza congiunta a Nairobi, il dittatore eritreo ha anche rifiutato di rispondere a domande sul numero di soldati eritrei uccisi durante la guerra genocida e se avesse piani in atto per la sua successione.

Implicazioni del negazionismo nel processo di pace

Uno spunto di riflessione riguardo alle implicazioni da non sottovalutare di Isaias Afewerki nel processo di pace viene data dal ricercatore Teklehaymanot G. Weldemichel, che sottolinea:

“La dichiarazione di Isayas oggi non dovrebbe essere presa alla leggera. Da un lato, implicito nell’evasione e nell’elusione c’erano desideri più profondi da parte sua di chiudere semplicemente il capitolo della guerra del Tigray e di andare avanti come se niente fosse successo. Con ciò vuole che le questioni di giustizia per le vittime e i sopravvissuti della campagna di genocidio vengano abbandonate per dare una possibilità alla pace. Isayas ha insinuato che chiedere la responsabilità per le violazioni dei diritti umani, che ha definito “bugie inventate”, è cercare di “far deragliare” il processo di pace.”

Altro punto cruciale da tenere presente è che nei tavoli di negoziato per pianificare la “cessazione delle ostilità” nel nord Etiopia, non è stata inclusa l’Eritrea.

Da considerare anche che nessuna dichiarazione chiara è ancora stata data sul ritiro dell’esercito eritreo dal Tigray dopo la firma dell’accordo di pace. Confutazioni e garanzie dovrebbero essere fornite dal team di monitoraggio dell’Unione Africana, mediatrice dei negoziati di cessazione ostilità tra governo etiope e portavoci del Tigray.

Il percorso per la pace, la giustizia e la ricostruzione, come sempre e come conseguenza di tutte le guerre, sarà molto lungo. Oggi la speranza è che forze straniere, per la soppravvivenza di milioni di persone, non cerchino di ostacolare tali obiettivi.

Articoli correlati

Guido Gargiulo

Appassionato di Taiwan, Asia e Africa. Laureato in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe presso l’Università L’Orientale di Napoli, ho approfondito lo studio del cinese al Taiwan Mandarin Educational Center e all’Istituto Confucio. L’Africa ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore, con studi anche del Kiswahili, una delle lingue più parlate nel continente.

Torna su