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Etiopia, fronte incandescente tra Tigray ed Afar

Alla vigilia dell’Epifania ortodossa, il Tplf ha lanciato nuove operazioni militari nella vicina Afar. Negli ultimi giorni si sono intensificati i combattimenti tra il TDF e le milizie della regione. A farne le spese è la popolazione civile, sui cui incombono fame e siccità.

La situazione nel nord del paese rimane molto instabile. Dal 10 Dicembre si sono intensificati gli scontri tra le forze tigrine (TDF) e le milizie Afar; scontri che hanno coinvolto i distretti di Abala, Berhale, Dalol, Erebti, Koneba e Megale, come riportato il 5 Febbraio dall’Afar regional state Government communication.
E’ il 25 Gennaio ed è lo stesso governo tigrino ad annunciare ufficialmente le operazioni nella confinante regione Afar, attraverso un comunicato del Tigray External Affairs Office. Le manovre sarebbero la reazione tigrina alle numerose provocazioni a cui la regione è stata soggetta, a dispetto della fine dello stato di emergenza e del ritiro dalle regioni confinanti occupate nel corso del 2021.
Oltre i bombardamenti incessanti dell’aviazione etiope, che attraverso l’utilizzo di droni ha determinato una svolta nel conflitto e causato centinaia di morti tra i civili, le incursioni dell’esercito eritreo e delle milizie ahmara ed afar avrebbero spinto la leadership del Tplf a giocare d’attacco.
Un fronte più profondo in Afar, oltre all’apertura di una via di collegamento lungo la direttrice Semera-Abala-Mekelle, garantirebbe al TDF il passaggio delle colonne di aiuti umanitari diretti nel Tigray, fino ad oggi pressoché impedito (dal 14 dicembre nessun camion con carichi di aiuti umanitari è entrato nel Tigray: negli ultimi sei mesi sono stati 1.338 i camion che hanno raggiunto la regione, che secondo UNOCHA rappresentano solo il 9% delle forniture necessarie a soddisfare i bisogni umanitari di 5,2 milioni di persone).
E’ proprio il governatore della regione Afar, al centro delle accuse tigrine. Sarebbe proprio Awol Arba infatti, ad aver autorizzato le incursioni in territorio tigrino sia delle milizie afar che dell’EDF (l’esercito eritreo).
Secondo il portavoce del Tplf, Getachew Reda, il governo di Asmara manovrerebbe operazioni insieme a milizie afar con il fine di determinare lo sgretolamento progressivo del Tigray, attraverso una pressione costante sui confini ed il blocco degli aiuti umanitari. “Non siamo interessati a nessun guadagno territoriale in Afar, siamo più interessati a degradare le capacità di combattimento del nemico” aveva dichiarato a Reuters nel mese di Novembre 2021.
Gli scontri avrebbero coinvolto, come detto, ben cinque distretti in Afar, ma anche a confine con la regione Ahmara si sarebbero riaccesi i combattimenti, nel mentre che decine di migliaia di sfollati interni vengono rimpatriati forzatamente nelle zone di origine: si stima che più di mezzo milione di persone siano tornate nel South Wello, North Wello e North Shewa da metà dicembre. Nel Tigray, sono più di 9.600 le persone che hanno lasciato Mekelle per fare ritorno ai propri luoghi di origine.
Secondo l’amministrazione Afar oltre 200000 persone sono state sfollate a causa dei combattimenti e sarebbero ormai disperse in aree remote e difficili da raggiungere, con scarso o nessun accesso a beni essenziali come cibo e acqua.
Le agenzie internazionali non hanno potuto verificare i dati rilasciati dal governo afar, ma è certo che gli scontri andranno a rendere ancor più critica la situazione degli sfollati, aumentando ulteriormente il numero di persone vulnerabili che necessitano di assistenza umanitaria urgente nel paese.
L’incapacità delle agenzie di offrire risposte adeguate ai bisogni ha determinato uno stallo negli aiuti umanitari. La mancanza di carburante e denaro ha reso praticamente impossibile il trasporto di cibo e medicinali dai depositi centrali agli avamposti sanitari, ospedali e cliniche nei villaggi più distanti, mentre i combattimenti in atto hanno messo in seria difficoltà gli operatori umanitari in termini di sicurezza.
Un documento davvero eccezionale, un video girato da alcuni giornalisti per ARTE, una famosa piattaforma streaming europea, ha mostrato i combattimenti sul fronte nord-orientale, presso la città di Abala, una delle poste in gioco in questa battaglia. Le immagini mostrano le migliaia di abitanti in fuga verso le montagne, sotto i colpi dei mortai e dei fucili.
Un destino, quella della guerra, che accomuna i civili in fuga nella regione Afar, quelli del Tigray e di alcune aree della regione Ahmara. Secondo l’ultima valutazione del World Food Programme, rilasciata il 28 Gennaio, il 40% delle persone nel Tigray soffre di un’estrema mancanza di cibo, l’83% delle persone (4,6 milioni di persone) ha problemi di sicurezza alimentare, mentre il 13% dei bambini sotto i cinque anni e la metà delle donne incinte e che allattano al seno sono malnutriti.
Nella regione di Amhara, l’insicurezza alimentare è più che raddoppiata in cinque mesi, con oltre il 14% dei bambini sotto i cinque anni e quasi un terzo delle donne incinte e che allattano al seno malnutriti. Nella regione Afar, i dati di screening sanitari recenti mostrano tassi di malnutrizione per i bambini sotto i cinque anni al 28%, ben al di sopra della soglia di emergenza del 15%.
Eppure all’indomani della festività del Timket (19 Gennaio) le dichiarazioni del leader del Tplf Debretsion Gebremichael e del Primo Ministro Abiy Ahmed avevano fatto intravedere sforzi concreti per una risoluzione politica e diplomatica del conflitto, tanto da ricevere il plauso del Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterress. Dichiarazioni su cui calò ben presto la scure dell’intervista al vice capo di stato maggiore dell’esercito etiope, Gen. Abebaw Tadesse, che annunciò di non avere altra intenzione se non quella di distruggere definitivamente il Tplf e di entrare a Mekelle, nel silenzio totale della comunità internazionale.
Nel contempo tre stagioni delle piogge consecutive saltate hanno portato ad una grave siccità in tutte le zone pianeggianti in Afar ed Oromia. I pozzi si stanno prosciugando portando alla morte il bestiame e alla mancanza di raccolto: “La mancanza di acqua pulita – ha dichiarato Gianfranco Rotigliano, rappresentante Unicef in Etiopia – sta ulteriormente aggravando la situazione per i bambini e le donne. Se i bambini sono costretti a bere acqua contaminata, sono esposti a rischio di varie malattie, fra cui la diarrea che è una delle principali cause di morte tra i bambini sotto i 5 anni”.
Secondo quanto riportato dall’infermiera Valerie Browning all’Australian Associated Press, personaggio molto noto nella regione, che da 27 anni si occupa dell’Afar Pastoral Development Association (APDA), la presenza di bambini soldato al fronte sarebbe tutt’altro che minima. Bambini che dovrebbero essere a scuola e invece vengono uccisi o fatti prigionieri, o giovani madri con i neonati legati sulla schiena mandate al fronte, spesso sotto effetto di hashish, a combattere altri ragazzi e bambini, con poche o nessuna possibilità di ritorno.
Ormai la guerra, iniziata 14 mesi fa tra le forze governative di Addis Abeba e le forze tigrine ha assunto ben altra connotazione. Il timore che il conflitto andasse a gravare sull’architrave della federazione etiope è divenuto realtà e ciò che è sotto agli occhi di tutti è una balcanizzazione su base etnico regionale senza precedenti.
Una lotta senza quartiere, un’infezione profonda alla quale sarà difficile porre rimedio.

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