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Egitto, tre udienze in 20 giorni ma per Patrick Zaki la risposta è sempre “No”

Tre udienze in 20 giorni, tra il 7 e il 26 ottobre, non hanno portato alcuna novità nella vicenda di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna posto agli arresti l’8 febbraio dopo essere stato fermato il giorno prima agli Arrivi dell’aeroporto del Cairo.

La persecuzione giudiziaria nei confronti di Patrick, attraverso il protrarsi della sua detenzione illegale e arbitraria, dunque continua: è come se quei tre “no” alla scarcerazione, pronunciati al termine delle udienze, abbiano voluto sottolineare e mettere in grassetto le intenzioni delle autorità giudiziarie egiziane.

Di quelle intenzioni vediamo le conseguenze nello sbiadire dei nomi e della sofferenza di tanti altri prigionieri di coscienza egiziani: avvocati, attivisti, giornalisti, oppositori pacifici, difensori dei diritti umani. L’obiettivo della detenzione preventiva fino alla sua durata massina di due anni, e a volte anche oltre, è quello di far cadere l’oblio, di distogliere l’attenzione.

Con Patrick non ci riusciranno. Ma tenere alta l’attenzione, scrivere praticamente ogni giorno qualcosa su di lui, far volare l’aquilone disegnato da Giancarlo Costantini rischiano di essere buone pratiche insufficiente se il governo italiano non decide di cambiare passo.

Palazzo Chigi e la Farnesina sono i grandi assenti nella generosa mobilitazione italiana per Patrick. Ogni giorno in più di carcere chiama in causa la loro inerzia.

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