Sono passati quasi tre anni da quando i Talebani hanno proibito alle ragazze afghane di studiare o di lavorare, gettandole praticamente nella povertà più estrema, sotto tutti i punti di vista. Una distorta visione dell’Islam più estremo ha costretto le donne al totale silenzio.
Shazia M. mi riferisce la sua disperazione. Dopo aver studiato presso il Politecnico di Kabul, ora è reclusa in casa insieme alla madre e alle sue sorelle, senza la possibilità nemmeno di andare a lavorare: “Da quando i Talebani hanno ripreso il potere, le donne e le ragazze afghane stanno patendo un totale arretramento nei diritti, dalla negazione del diritto ad istruirsi alle restrizioni riguardo il diritto di circolare liberamente, al divieto di partecipare alla vita economica, si può parlare insomma di gender apartheid”.
Il 15 Agosto del 2021 i Talebani sono entrati a Kabul e hanno proclamato l’Afghanistan “Emirato Islamico” guidato da un leader supremo. Lo stesso giorno hanno dichiarato la chiusura di tutte le scuole superiori per le ragazze e, subito dopo, il governo ha emanato 36 decreti basati sulla Sharia, con una serie di istruzioni, da loro definite “raccomandazioni” su ciò che fosse lecito per le donne. Uno dei decreti diceva che “Le donne, sia adulte che giovani, devono coprire il viso, ad eccezione degli occhi” quando incontrano un uomo che non sia un parente e che “il modo migliore di rispettare i decreti è non uscire, se non strettamente necessario”. Naturalmente seguivano le relative punizioni per chi avesse voluto trasgredire. La cosa ancora più grave, però, è stata quella di aver indicato come punitori gli stessi membri maschi della famiglia, motivando e giustificando così la violenza familiare. E’ chiaro come questi provvedimenti abbiano avuto conseguenze assolutamente disastrose sulla vita di milioni di donne, che sono state tagliate fuori dalla vita civile, economica, politica e culturale.
L’UNICEF ha stimato che 3.7 milioni di bambini afghani sono attualmente tagliati fuori dall’istruzione, il 60% dei quali sono femmine, un numero spaventoso. Nel Marzo del 2022 il governo Talebano aveva detto che le bambine della scuola primaria sarebbero potute rientrare a scuola, ma la secondaria e il liceo sarebbero rimasti chiusi. Nel Dicembre del ’22, poi, è stato annunciato il definitivo divieto di accesso all’istruzione superiore e universitaria per le ragazze, insieme a quello di lavorare per organizzazioni non-governative. Il tentativo di alcune di proseguire gli studi da casa è stato reso pressoché impossibile dalla difficoltà di accedere a connessioni Internet stabili, come mi ha riferito Azita, un’insegnante che aveva creato un corso online che contava più di 250 studenti iscritti, ma che, purtroppo, ha dovuto sospendere proprio a causa delle continue interruzioni, anche di energia elettrica.
Secondo un report delle Nazioni Unite, dal Marzo del 2022 il 61% delle donne ha perso il lavoro, anche a causa delle restrizioni alla libertà di movimento, dato che le donne devono necessariamente essere sempre accompagnate da un uomo, un mahram, per ogni spostamento che le allontani troppo dalla propria dimora. La violenza di genere è cresciuta in maniera esponenziale, di fatto le donne sono state private di ogni tipo di diritto, per cui ogni tipo di autonomia e di indipendenza sono sostanzialmente negate ed il sostentamento è legato all’appartenenza ad un uomo o al nucleo familiare. Il rischio di contrarre matrimoni in giovanissima età è cresciuto in maniera esponenziale e, dato che le ragazze in casa possono diventare un peso improduttivo, in alcune famiglie le bambine vengono vendute a uomini adulti in cambio di denari per poter andare avanti. In alcune province, come quella di Balkhab, distretto di Sar e Pol, le ragazze sono terrorizzate anche dall’imposizione di sposare un Talebano (decreto dell’11 Luglio 2022), per cui evitano di uscire di casa se non necessario. Mi ha riferito ShaziaM.: “Le case stanno diventando rifugi-prigione. Nella mia provincia – Bamyan- c’erano ragazze molto valide, sarebbero diventate cantanti, professoresse, politiche, atlete, qualunque cosa volessero. Ora non ci resta più niente. Tutti questi talenti sono stati fermati, molte sono state arrestate oppure hanno dovuto lasciare il paese e ora vivono nascoste. Le famiglie le fanno sposare in fretta, per timore che i Talebani possano costringerle a matrimoni forzati. Questo è un incubo che non pensavo potesse mai accadere”.
Il diritto all’istruzione è fondamentale per l’emancipazione e l’indipendenza ed è proprio per questo che viene sistematicamente toccato e negato dai gruppi fondamentalisti, che vedono la donna come un sottogenere. “Le ragazze in Afghanistan sono trattate come schiave, come una proprietà, come un materiale sessuale, una cuoca o una sguattera. Le donne sotto i Talebani hanno perso la loro dignità e la società sostiene questo dominio maschile. La nostra cultura è molto conservatrice e molti dei nostri uomini sono felici della loro presenza e che nessuno metta in discussione i loro abusi. Sono demòni, e vivere sotto di loro significa vivere all’inferno”.
L’incubo dei rapimenti delle bambine nelle scuole è un problema che affligge anche la Nigeria, che vede nel gruppo affiliato al fondamentalismo islamico Boko Haram il maggiore nemico dell’emancipazione femminile. Fece impressione in tutto il mondo, nell’aprile del 2014, il rapimento da parte del gruppo di 276 ragazze da una scuola a Chibok, nella zona nord-orientale del paese; di 96 di loro non se ne hanno più notizie. Nel periodo gennaio-aprile di quest’anno sono stati rapiti oltre 200 studenti. Ha avuto particolare risonanza la notizia del sequestro di sei sorelle, il 5 gennaio, nella loro casa vicino ad Abuja. Una di loro, Nabeeha, è stata uccisa dopo che la famiglia non era riuscita a raccogliere i soldi del riscatto. “I genitori devono avere paura a mandare i figli a scuola perché potrebbero essere rapiti da Boko Haram: ci si può stupire se tanti giovani cercano di scappare da voi in Europa, finendo spesso nelle mani di trafficanti senza scrupoli e impoverendo il paese? Se la situazione fosse diversa resterebbero qui” ci dice Grace. L‘organizzazione ha adottato il nome ufficiale di “Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e per il Jihad”, ma nella città nigeriana di Maiduguri, dove essa si era formata, è stata chiamata “Boko Haram”, che deriva dalla parola hausa “boko”, liberamente traducibile come “educazione occidentale”, e dalla parola araba “haram”, che indica un divieto legale, metaforicamente il “peccato”. Il nome può essere interpretato come “l’educazione occidentale è sacrilega” o “vietata”. Il nome è dovuto alla loro estrema opposizione al modello occidentale, considerato come corruttore dell’Islam.
Anche in Nigeria, come in Afghanistan, molte famiglie, soprattutto nel Nord-Est e Nord-Ovest, per non esporre le proprie bambine a rapimenti e violenze può accadere che le “diano” in spose in tenerissima età. Circa il 43% delle ragazze nigeriane si sposa prima di aver compiuto 18 anni e il 16% prima dei 15. Il livello di violenze a cui sono state sottoposte le donne nigeriane è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni. Sebbene il diritto all’istruzione sia sancito dalla sezione 18 della Costituzione nigeriana del 1999, il Governo dovrebbe impegnarsi maggiormente per garantire pari opportunità didattiche, adeguate adogni livello, con un’istruzione gratuita e obbligatoria per tutti i bambini in età scolare, garantendo inoltre il rispetto della “Legge contro la violenza alle persone (Violence Against Persons Prohibition Act)”, che proibisce tutte le forme di violenza privata e pubblica. Il Piano Nazionale per la sicurezza e la protezione delle scuole, varato nel 2021 pare non funzionare, e intanto le ragazze continuano ad essere la parte più debole della società.
L’istruzione accresce il potere decisionale delle donne e fornisce le conoscenze e le competenze necessarie per offrire un contributo alla società, ed è proprio questo che viene negato. Ci auguriamo che il futuro di Efua sia diverso.