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Costa d’Avorio, al via il voto per le presidenziali tra rischio di violenze e crisi politica

In un clima di crescenti contestazioni popolari e di irrisolte divergenze politiche, 7,5 milioni di elettori da oggi sono chiamati alle urni per le elezioni presidenziali in Costa d’Avorio. Se il presidente uscente Alassane Ouattara, in corsa per un discusso terzo mandato, appare come il grande favorito della vigilia rispetto ai suoi sfidanti – l’ex presidente Henri Konan Bedie’ e i due candidati indipendenti Pascal Affi N’Guessan Kouadio Konan Bertin – una certa preoccupazione suscita la rigida posizione assunta in particolare dai partiti di opposizione, che pur con sfumature diverse rifiutano in toto la candidatura di Ouattara ad un terzo mandato e hanno annunciato il boicottaggio del voto. In reazione ad una contestata riforma costituzionale – approvata per decreto e senza il voto da parte del parlamento – che ha accordato al presidente uscente il diritto di correre una terza volta per la guida del Paese, le proteste scoppiate negli ultimi mesi sono degenerate in disordini in diverse localita’, con un bilancio stimato di almeno 30 morti – l’opposizione ne denuncia fino a 70 – ed il fantasma di ripiombare nelle violenze registrate ormai dieci anni fa durante le elezioni presidenziali del 2010: in quell’occasione, secondo Amnesty International, piu’ di 3 mila persone morirono nelle proteste.
Annunciata lo scorso agosto ma ritenuta dagli oppositori “illegittima” ed “antidemocratica”, la candidatura di Ouattara e’ stata nei fatti il punto di rottura di un malcontento popolare in realta’ gia’ in essere da diverso tempo. Lo scorso 5 marzo, infatti, il presidente in carica aveva annunciato “solennemente” in parlamento la sua intenzione di non ripresentarsi alle elezioni di quest’anno, affermando di voler “passare il potere alle nuove generazioni”. Un intervento che era stato accolto favorevolmente anche dal presidente francese Emmanuel Macron, che su Twitter aveva salutato “la decisione storica del presidente Alassane Ouattara, uomo di parola e uomo di Stato, di non ripresentarsi”, ma sul quale lo stesso capo dello Stato ha dovuto fare marcia indietro pochi mesi dopo: l’improvviso decesso del premier e candidato ufficiale alla presidenza del Raggruppamento degli outfetisti per la democrazia e la pace (Rhdp), Amadou Gon Coulibaly, avvenuto lo scorso 8 luglio a causa di un arresto cardiaco, ha spinto infatti il partito di governo a richiedere con forza una nuova candidatura di Ouattara.
A questo punto di una parabola politica che per due volte e dieci anni di vita lo ha riconfermato in sella ad uno dei Paesi maggiormente strategici, nonche’ prima economia dell’Africa occidentale, il 78enne Ouattara ha respinto chi lo accusa di voler restare al potere e ha difeso la sua scelta per “senso del dovere”. “Mi presento contro la mia volonta’, non per piacere”, ha dichiarato al quotidiano “Le Monde”. “Mi faccio insultare quando avrei potuto adagiarmi sugli allori tanto in Africa quanto sulla scena internazionale”, ha aggiunto. Il capo dello Stato – al potere dal 2010 ma in precedenza gia’ premier dal 1990 al 1993 – ha quindi sottolineato come la sua candidatura, frutto certo di una necessita’ politica, sia comunque rappresentativa della volonta’ nazionale. “Il mio partito me lo ha chiesto e dal momento che detiene la maggioranza alla Camera, al Senato e nei comuni, questo significa che la maggioranza degli ivoriani mi ha chiesto di essere candidato”, ha dichiarato.
Costa d’Avorio: domani le elezioni presidenziali, Ouattara cerca un contestato terzo mandato Le dichiarazioni di Ouattara lasciano tuttavia percepire anche una sorta posizione “di diritto” che l’opposizione gli contesta da mesi. Pur ammettendo che la sua e’ “una candidatura di emergenza dovuta ad un caso di forza maggiore” (la morte del premier Coulibaly), Ouattara ha infatti piu’ volte ribadito di avere il diritto di candidarsi per un terzo mandato sulla base della riforma della Costituzione approvata lo scorso marzo, mentre gli oppositori gli contestano di aver ratificato il testo senza sottoporlo al parlamento con il pretesto dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19. Dopo la morte di Coulibaly, il capo dello Stato si e’ inoltre dimostrato resti’o alla possibilita’ di organizzare delle primarie per individuare un nuovo candidato. “Se lo avesse fatto, l’Rhdp si sarebbe diviso tra le sue diverse fazioni”, ha aggiunto Ouattara nella sua intervista a “Le Monde”, accusando in particolare la frangia dell’ex presidente Bedie’ di aver “dilapidato per decenni le risorse della Costa d’Avorio”.
Proprio Bedie’, al potere dal 1993 al 1999 come successore dello storico primo presidente Felix Houphouet-Boigny, e’ il principale promotore della “disobbedienza civile” in vista delle elezioni di domani. “La parola d’ordine e’ disobbedienza civile. L’arma che abbiamo per vincere e’ la disobbedienza civile. La disobbedienza civile non significa uno scontro armato. E’ l’arma dei forti. Disobbedienza civile fa rima con non violenza”, ha ribadito su Twitter il candidato alla presidenza ed ex alleato di Ouattara, il quale ha invitato i cittadini a reagire alla “decadenza” del Paese. La proposta a “disobbedire” del leader del Partito democratico della Costa d’Avorio-Raduno democratico africano (Pdci-Rda), la principale coalizione di opposizione con la quale l’86enne si presenta, e’ stata sostenuta anche dal candidato del Fronte popolare ivoriano (Fpi), l’ex premier Pascal Affi N’Guessan, che dopo aver chiesto un rinvio del voto di tre mesi propone ora un’azione di contrasto piu’ vigorosa. “Ci batteremo perche’ (il voto) non si svolga. Ci saranno blocchi stradali, i seggi elettorali non saranno aperti, le autorita’ non potranno schierare decine di membri della polizia in ogni seggio elettorale e sara’ impossibile organizzare elezioni tranquille, degne di questo nome, che siano riconosciute dalla comunita’ internazionale”, ha dichiarato il candidato ai microfoni di “Rfi” e “France In precedenza lo stesso Affi N’Guessan aveva formulato la richiesta di un rinvio del voto, o in alternativa dell’avvio di un periodo di transizione di almeno 12 mesi, al termine di un incontro avvenuto ad Abidjan con una delegazione congiunta di Nazioni Unite, Unione africana e Comunita’ economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao). Secondo l’ex premier, “nessuna condizione e’ soddisfatta” in vista delle elezioni, di qui la richiesta di rinviare il voto al fine di organizzare uno scrutinio “credibile” o, se cio’ non sara’ possibile, di organizzare una transizione di almeno un anno per risolvere tutte le questioni sospese. “Se non vogliamo questa transizione, dobbiamo garantire elezioni veramente trasparenti. E in questo caso dobbiamo darci tre mesi”, aveva affermato parlando alla stampa. Se, quindi, l’opposizione appare unanime nell’opporsi alla candidatura ad un terzo mandato di Ouattara, gli oppositori faticano pero’ a trovare una strategia comune di fronte al partito di governo Rhdp, pur essendo concordi nel chiedere lo scioglimento della Commissione elettorale indipendente e del Consiglio costituzionale, considerati “sottomessi” al potere e quindi non in grado di organizzare elezioni “trasparenti”.
Il Consiglio costituzionale aveva respinto quaranta delle 44 candidature presentate, comprese quelle dell’ex presidente Laurent Gbagbo, in liberta’ vigilata in Belgio dopo la sua assoluzione in primo grado da parte della Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l’umanita’, e di Guillaume Soro, ex leader della ribellione negli anni 2000 ed ex primo ministro, oggi in esilio in Francia per sfuggire ai procedimenti legali avviati contro di lui in Costa d’Avorio. Entrambi lontani dal dibattito nazionale, i due principali oppositori ivoriani hanno alimentato dall’estero una feroce critica dell’amministrazione al potere. Proprio da Soro e’ partito di recente l’appello – rimasto inascoltato – per un’unita’ dell’opposizione in vista del voto. “Lo svolgimento di queste elezioni non ha senso, e’ ovvio. Allo stesso modo, partecipare a queste elezioni significherebbe sostenere il colpo di Stato di Ouattara”, ha affermato l’ex premier. “Questo e’ il motivo per cui chiedo l’unita’ di azione dell’opposizione per fermare Ouattara nella sua folle avventura con tutti i mezzi legali e leciti. Chiedo a tutti i candidati, ammessi o meno, di assumersi insieme le loro responsabilita’ e di unirsi. Si trattera’ di coinvolgere la Cedeao (Comunita’ economica degli Stati dell’Africa occidentale), l’Unione africana, l’Unione europea e le Nazioni Unite per ottenere elezioni democratiche, trasparenti e inclusive, come avvenuto nel 2010, e questo senza pregiudizi”, ha dichiarato Soro.
In un tale contesto, gli ultimi giorni di campagna elettorale hanno visto anche intervenire l’ex presidente Gbagbo, che anche per le recenti questioni giudiziarie di cui e’ stato protagonista non si esprimeva in pubblico da nove anni. In un’intervista all’emittente francese “Tv5 Monde”, Gbagbo ha detto di “capire e condividere” la rabbia dell’opposizione contro il terzo mandato cercato da Ouattara. “E’ lui il colpevole, perche’ e’ lui che non ha rispettato la Costituzione”, ha detto l’ex capo dello Stato, schierandosi “decisamente dalla parte del opposizione”. Gbagbo ha quindi fatto riferimento all’assoluzione ricevuta dalla Cpi nel caso che lo vedeva accusato di crimini contro l’umanita’ durante le violenze post-elettorali del 2010-2011. “Quando sono stato assolto, ho deciso che avrei aspettato di di tornare in Costa d’Avorio per parlare”, ha detto giustificando cosi’ il suo silenzio. “Ma oggi si avvicina la data del 31 ottobre. I litigi ci porteranno direttamente dentro la fossa. Se tacessi, non sarebbe responsabile”, ha aggiunto.
In ottica internazionale, in favore di un nuovo mandato di Ouattara giocano alcuni elementi sul piano sociale ed economico. Il capo dello Stato e’, infatti, il principale promotore della riforma che propone l’abolizione del franco Cfa e la sua sostituzione con l’Eco, moneta unica dei Paesi membri dell’Unione economica e monetaria dei Paesi dell’Africa occidentale (Uemoa). Benche’ sottoposta a critiche e al centro di un dibattito a livello continentale, la proposta si inserisce anche nel quadro della creazione di una Zona di libero scambio continentale africana (AfCta), iniziativa dell’Unione africana che eliminando progressivamente i dazi mira ad unire i 55 Paesi membri in un mercato comune di 1,2 miliardi di persone. Nell’ottica di un Paese ritenuto a livello internazionale come esempio continentale di stabilita’, il progetto potrebbe portare voti al capo di Stato uscente da parte di quella fascia di elettorato imprenditoriale e votato ad un’apertura commerciale di piu’ ampio raggio. Portando a conclusione un progetto annunciato nel 2017, il governo Ouattara ha peraltro di recente aumentato il prezzo minimo all’acquisto del cacao – di cui il Paese e’ primo produttore al mondo – con l’obiettivo di sostenere i produttori locali e scoraggiare il contrabbando.

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