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Cina e altri 29 paesi contro le sanzioni internazionali nel continente africano

Il 30 settembre 2021 l’Ambasciatore cinese Zhang a nome di un gruppo di 29 paesi ha sottoposto al Consiglio di Sicurezza ONU una dichiarazione contro le misure coercitive e le sanzioni unilaterali decise dalla potenze occidentali. Tra i paesi firmatari spiccano vari Stati africani tra cui alcuni molto discutibili: Angola, Burundi, Camerun, Egitto, Eritrea, Etiopia, Guinea Equatoriale, Namibia, Sudafrica, Sudan, Zimbabwe. Oltre ai paesi africani la dichiarazione è stata firmata da Antigua e Barbuda, Bielorussia, Cambogia, Corea del Nord, Iran, Laos, Pakistan, Russia, Saint Vincent e Grenadine, Sri Lanka, Palestina, Siria. Per quanto riguarda l’America Latina troviamo la firma di tre paesi baluardi della sinistra: Cuba, Repubblica Bolivariana del Venezuela, Bolivia e Nicaragua.

La dichiarazione, prendendo come scusa la pandemia da Covid-19, di fatto chiede la revoca di tutte le sanzioni economiche contro vari paesi sancite “unilateralmente” dalle potenze occidentali. Queste sanzioni vengono definite contrarie ai principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Creerebbero un grave impatto economico, sociale e umanitario ai paesi colpiti, ostacolando gravemente i loro sforzi per promuovere e proteggere i diritti umani.

Secondo i firmatari della dichiarazione le sanzioni economiche occidentali creerebbero un peggioramento della pandemia da Covid-19 causando gravi carenze di forniture essenziali come cibo, acqua, elettricità, medicinali, vaccini, esacerbando la povertà e rendendo difficile per i paesi vittime di fornire una adeguata risposta sanitaria alla pandemia o assistenza salvavita alle persone e alla famiglie più vulnerabili.

I 29 paesi firmatari della dichiarazione esortano le potenze occidentali a recovare immediatamente le attuali misure coercitive unilaterali nei confronti dei paesi presi di mira al fine di loro garantire le risorse e il supporto adeguati per combattere la pandemia. Si esorta inoltre l’Occidente a evitare di imporre future sanzioni non conformi al diritto internazionale e alla Carta della Nazioni Unite. Secondo questi 29 paesi per superare la pandemia occorre solidarietà  e unità tra le nazioni.

Questo appello sarebbe condivisibile al 100% visto gli effetti devastanti delle sanzioni occidentali su paesi democratici come Cuba e Venezuela. Tutte le considerazioni enunciate nella dichiarazione sono applicabili per questi due paesi latinoamaricani rei di avere un orientamento di sinistra nella gestione del Paese e delle loro economie.

Purtroppo la presenza di paesi notoriamente fascisti e genocidari tra i firmatari della dichiarazione, rende assai poco credibile la richiesta di cessare le misure coercitive unilaterali. La Corea del Nord è un infermo dove i diritti umani non rientrano nemmeno nel vocabolario. L’Iran è sotto il giogo di un governo teocratico dove i dissidenti sono impiccati. Eritrea ed Etiopia stanno comettendo un genocidio in Tigray e una guerra civile che mieta migliaia di vittime in Oromia e altre parte dell’Etiopia.

Il Burundi è governato da una giunta militare che segue la dottrina del Potere agli Hutu che, tradotta in parole semplici, significa dominio etnico. La giunta militare di Gitega dal 2015 sta trucidando la propria popolazione per rafforzare il potere etnico degli estremisti Hutu in stretta collaborazione con i terroristi ruandesi FDLR, responsabili del genocidio in Ruanda del 1994.

In Camerun, il Presidente – Dittatore Paul Biya, al potere da 39 anni, sta massacrando la minoranza anglofona nel nord del paese. In Egitto il Generale Al-Sisi è asceso al potere tramite colpo di Stato e guida il paese con il pugno di ferro che impedisce ogni libertà costituzionale.

In Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo (al potere da 42 anni) ha soggiogato un intero popolo rendendolo schiavo per accappararsi tutte le richezze del paese, soprattutto i proventi del petrolio. Mentre Teodoro, suo figlio e la sua famiglia vivono nel lusso più sfrenato con proprietà immobiliari e conti bancari sparsi nel mondo, 1,4 milioni di persone vivono nella povertà più assoluta, vittime del terrore di Obiang. In Guinea Equatoriale, la vita umana vale meno di una birra.

Sudan e Zimbabwe sono appena usciti da regimi dittatoriali dispotici (quelli di Omar El Bashir e di Robert Mugabe) ma forte è la componente militare all’interno dei governi di transizione. Una corrente militare capitanata dai Generali che hanno colaborato per decenni con Bashir e Mugabe, trucidando la propria popolazione. Solo all’ultimo momento, si sono sbarazzati dei loro capi per poter continuare a governare ed sottrarsi alla giustizia.

Comprendo la necessità per Cuba e Venezuela di combattere le sanzioni occidentali ma non posso comprendere che questi due governi (assieme a Bolivia e Nicaragua) si uniscano a brutali dittature asiatiche o africane. Vi è una grande differenza tra il governo di Cuba, sorretto dal popolo, e la giunta militare del Burundi che governa tramite violenza e terrore. Come vi è una grande differenza tra il Venezuela, aggredito dall’imperialismo americano e l’Etiopia dove un governo monoetnico Amhara tenta di imporre il suo dominio con un genocidio in Tigray. I paesi socialisti latinoamericani non hanno nulla da condividere con queste primitive dittature africane.

Aderendo a questa dichiarazione Cuba, Bolivia, Nicaragua e Venezuela, rischiano di rovinare la loro reputazione e tradire i loro ideali, associandosi a dittatori e primitivi regimi dove i diritti umani sono una bestemmia. Le democrazie latinoamericane hanno tutto il diritto di chiedere la fine delle sanzioni ed è nostro dovere di cittadini occidentali appoggiare le loro richieste.

Purtroppo commettono un grave errore a chiedere la fine delle sanzioni rivolte verso le dittature africane che stanno massacrando le proprie popolazioni. Le sanzioni contro il Burundi, Eritrea, Etiopia ed Egitto, sono giuste e sacrosante in quanto armi di dissuazione per cercare di imporre la pace e la democrazia in questi paesi.

Spingendosi oltre, le sanzioni a queste dittature, rischiano di diventare una arma soft. Le popolazioni di queste paesi vittime di brutali dittature necessitano di un aiuto radicale per instaurare democrazia, rispetto dei diritti umani e sviluppo economico. Una aiuto radicale che in certi casi si deve concretizzare con una energica risposta militare per spazzar via questi regimi e i loro apparti di repressione.

Miguel Díaz-Canel, Luis Arce, Nicolás Maduro Moros e Daniel Ortega, unendosi a questi Stati canaglia commettono un grave errore che penalizza le loro giuste cause e il loro diritto di indipendenza e non interferenza negli affari interni dei loro paesi. Unendosi al dittatore eritreo Isaias Afwerki, alla sanguinaria leadership nazionalista Amhara, a dittatori a vita come Biya o Obiang o a Generali che hanno preso il potere con le armi (vedi il Generale Al-Sisi in Egitto), tradiscono gli ideali rivoluzionari e la fiducia che i loro rispettivi popoli hanno concesso. È come se si fossero alleati con Fulgencio Batista y Zaldívar, Anastasio Somoza Debayle, Hugo Banzer Suárez, Marcos Pérez Jiménez.

Posso comprendere che Cuba, Bolivia, Nicaragua, Venezuela, debbano accontentare i Paesi “amici” (Russia e Cina) loro unica fonte di sostegno economico a causa delle sanzioni Americane ed Europee, ma tutto ha un limite. Alle chiamate di Pechino e Mosca, tese esclusivamente a rafforzare la loro lotta per il dominio mondiale con il chiaro obiettivo di sostituirsi alle attuali potenze capitaliste occidentali, occorrerebbe prediligere la dignità e la decenza morale delle rivoluzioni che hanno creato delle Nazioni veramente rappresentative del popolo, rispetto aldiscutibili rivendicazioni per un tozzo di pane…

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