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Camerun: Paul Biya, un dittatore corrotto al potere da oltre 38 anni

Il 13 febbraio 2021 Paula Biya compirà 88 anni: è dunque uno dei presidenti più vecchi del mondo; poiché è al potere da oltre 38 anni, è più corretto dire che è uno dei dittatori più vecchi del mondo.

Il 6 novembre 1982, in seguito alle dimissioni del presidente della Repubblica Ahidjo, Paul Biya accede alla magistratura suprema; nei primi mesi della sua presidenza, grazie alle sue promesse di democrazia e alle sue misure di clemenza verso alcuni prigionieri politici, la sua popolarità è grande, soprattutto tra i giovani. Nel 1984, però, la guardia presidenziale tenta un colpo di stato, che fallisce; da quel momento in poi, Biya inizia a diventare sempre più autoritario e spietato. La repressione è terribile: centinaia di persone sono uccise, soprattutto nel nord del Paese. L’ex-presidente Ahidjo, considerato complice dei putschisti, viene condannato a morte in contumacia.

Fin dal 1960, anno dell’indipendenza, in Camerun tutto il potere è accentrato nelle mani del capo dello stato, che è anche presidente del partito unico, il RDPC (Rassemblement du Peuple Camerounais). Oltre che un accentratore, però, Paul Biya è anche un “re fannullone”: lavora ben poco e viaggia spesso all’estero, soprattutto in Svizzera, dove alloggia, a spese del popolo camerunese e con una numerosa “corte” di ministri e collaboratori, in uno dei più lussuosi hotel di Ginevra. Il consiglio dei ministri si riunisce solo 3-4 volte all’anno e le decisioni sono dunque prese molto lentamente. Questo modo di governare ha portato il Paese alla rovina: il Camerun, che nel 1980 era il quarto produttore mondiale di cacao, aveva un tasso di crescita molto alto (13% nel 1981) ed era considerato una nazione con reddito medio, dal 1986 è diventato un Paese con moltissimi poveri, con pessime infrastrutture e con un tasso altissimo di corruzione. Nel 1998 Trasparency International classifica il Camerun come il Paese più corrotto del mondo. Le strade sono in uno stato pietoso: sono poche le grandi arterie asfaltate, mentre la maggior parte delle strade sono piste in terra battuta. Il 27 gennaio 2021, in un gravissimo incidente stradale avvenuto nella parte occidentale del Camerun, 54 persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite.

All’inizio degli anni ’90, la povertà e l’autoritarismo spingono il popolo a ribellarsi: iniziano dunque gli scioperi e la disobbedienza civile, la cosiddetta “opération villes mortes”. In seguito alla pressione popolare, nel 1992 Biya finge di aprire al multipartitismo ed indice nuove elezioni presidenziali. I risultati ufficiali danno la vittoria al presidente uscente col 40% dei voti, mentre John Fru Ndi, principale candidato dell’opposizione, ottiene il 36%. È chiaro che le elezioni sono state truccate e l’opposizione protesta a lungo, ma invano. Nel 1997, in occasione di elezioni boicottate dall’opposizione, Biya ottiene addirittura il 92,6%. Il dittatore camerunese viene eletto di nuovo nel 2004, col 70,9%.

L’apertura al multipartitismo è solo apparente: in realtà, Biya ha creato centinaia di piccoli partiti, che controlla in segreto, allo scopo d’indebolire l’opposizione. La libertà di stampa è praticamente inesistente: la televisione pubblica è controllata con pugno di ferro dagli uomini del presidente ed i giornali sono pochi e spesso censurati, se si permettono di attaccare il governo. La magistratura non è indipendente, perché i giudici sono nominati direttamente dal presidente, mentre gli oppositori politici sono perseguitati o arrestati.

Nel 2007 Biya annuncia il suo progetto di revisione costituzionale, con al centro l’eliminazione del limite di due mandati presidenziali. Nel febbraio del 2008 scoppia la rivolta popolare contro questo progetto; la repressione è brutale, con centinaia di morti e migliaia di arrestati. Nel 2008 la revisione costituzionale è votata dall’Assemblea nazionale e nel 2011 Biya è rieletto col 78% dei voti. L’ambasciatore americano in Camerun, Robert Jackson, denuncia molte irregolarità, ma la Corte Suprema rigetta il ricorso presentato dall’opposizione e conferma l’elezione del dittatore: è ormai chiaro che Paul Biya è un “presidente a vita”.

Nel luglio 2018, nonostante abbia già compiuto 85 anni, Biya dichiara la sua intenzione di candidarsi alle elezioni del 7 ottobre. Contro di lui, l’opposizione schiera Maurice Kamto, nato nel 1954 a Bafoussam. Ad ottobre Paul Biya è dichiarato vincitore col 71,28% dei voti, ma Kamto contesta il risultato e dimostra, grazie al suo team di avvocati, che le elezioni sono state truccate. Per tutta risposta, il 26 gennaio 2019 il leader dell’opposizione viene arrestato, insieme a circa 200 militanti del suo partito: resta in prigione per diversi mesi, fino al 5 ottobre 2019. Nel settembre 2020 Maurice Kamto viene messo agli arresti domiciliari: la sua residenza è sorvegliata da uomini in uniforme armati di tutto punto e nessuno può uscire, né entrare.

Nel 2020 il conflitto tra gli indipendentisti dell’Ambazonia, regione anglofona che nel 2017 ha unilateralmente proclamato l’indipendenza dal Camerun, e i governativi prende le proporzioni di una guerra civile: ci sono oltre 3.000 vittime e 70.000 persone fuggono via dalla loro terra. Secondo Abongwa Hariscine Keng, vice-presidente dell’Ambazonia che vive in esilio in Italia, in questo territorio è avvenuto un vero e proprio genocidio, con almeno 15.000 morti. Uno degli episodi più gravi accade il 24 ottobre 2020 in una scuola elementare: nella città di Kumbà 8 bambini vengono uccisi da uomini armati in abiti civili. La situazione è così preoccupante che papa Francesco invia in Camerun il cardinale Parolin, per una missione di riconciliazione; il segretario di stato vaticano resta in Camerun per 6 giorni, dal 29 gennaio al 3 febbraio 2021.

In conclusione, non è accettabile che un presidente resti al potere per 38 anni; senza alternanza politica, non c’è democrazia, né rispetto dei diritti umani. La Francia ha una grande responsabilità politica e morale, perché negli ultimi 38 anni tutti i presidenti francesi hanno appoggiato in modo incondizionato il dittatore Biya, uno degli uomini più corrotti del mondo.

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