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Buon compleanno Africa, ma quanta ipocrisia da chi ti affama

Oggi, nel 1963, nasceva l’Organizzazione dell’Unità Africana. Un compleanno importante alla vigilia del sessantennale di quel passo storico  compiuto dai più importanti paesi africani.
Ma anche il più difficile con la carestia, aggravata anche dalla devastante piaga  delle locuste oltre che dalla carenza di grano dall’occidente, che sta affamando milioni di persone in tutto il continente.
La situazione è drammatica,
il tempo stringe ed è una crisi senza precedenti. Il prezzo del cibo è il problema numero uno in questo momento e nel 2023 ci sarà un problema di disponibilità di cibo.
E l’Africa sta soffrendo più di tutti.
L’allarme lanciato dal capo del Programma alimentare mondiale (World Food Program), David Beasley, alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un appello disperato. Il paletto dettato nei giorni scorsi da Mosca è un vero e proprio aut aut: niente  accesso ai porti ucraini se l’Occidente eliminerà le sanzioni sull’export.
“La mancata apertura dei porti nella regione di Odessa – ha detto Beasley – sarà una dichiarazione di guerra alla sicurezza alimentare globale e si tradurrà in carestia, destabilizzazione e migrazione di massa in tutto il mondo”. A mettere in guardia sull’impatto a cascata della guerra in Ucraina, anche il direttore generale della Fao, QU Dongyu che ha presentato all’Onu un piano in quattro punti per trasformare i sistemi agroalimentari, per renderli più inclusivi, economicamente sostenibili e resilienti ai tanti shock che stanno affliggendo il Pianeta, oltre a produrre meglio e di più con un minore impatto sull’ambiente.
QU Dongyu ha anche puntato il dito contro l’impennata dei prezzi alimentari che a marzo hanno raggiunto il livello più alto dal 1990, mettendo in guardia sulle conseguenze del conflitto Russo-Ucraino che potrebbe esacerbare ulteriormente listini; questo perché Russia e Ucraina dominano il mercato del grano globale. Ad oggi sono ben 44 milioni di persone in 38 paesi ridotte a livelli di fame di emergenza, a un passo dalla carestia, e la guerra in Ucraina sta aggiungendo una nuova dimensione spaventosa a questo quadro, come ha spiegato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres alla riunione del Consiglio di Sicurezza su crisi alimentare e conflitti. “L’invasione russa dell’Ucraina ha posto fine alle sue esportazioni di cibo – ha sottolineato il numero uno al Palazzo di vetro  – Aumenti dei prezzi fino al 30% per alimenti di base minacciano i paesi dell’Africa e del Medio Oriente, tra cui Camerun, Libia, Somalia,
Sudan e Yemen”. Preoccupazione sulla sicurezza alimentare globale è stata esposta anche dal premier Mario Draghi in un’informativa al Senato.
Russia e Ucraina, ha avvertito Draghi, “sono tra i principali fornitori di cereali a livello globale. Da soli, sono responsabili di più del 25% delle esportazioni globali di grano. 26 Paesi dipendono da loro per più di metà del proprio fabbisogno”.
A parole, dunque, tutti gli attori più importanti della scena mondiale ritengono che serva una iniziativa condivisa che sblocchi i milioni di tonnellate di grano ferni nei porti nel sud ucraina e che tutte le parti in causa debbano “aprire una parentesi umanitaria per evitare uno scenario che farebbe morire milioni di persone”. In tutto questo, Mosca ha risposto all’appello del direttore esecutivo del Pam a ribadendo che la Russia riaprirà l’accesso ai porti ucraini solo quando l’Occidente eliminerà le sanzioni sull’export.
intanto il raccolto mondiale del grano è sceso a 775 milioni di tonnellate. A causa del mix esplosivo tra cambiamenti climatici e guerra che ha tagliato le semine in Ucraina e fatto balzare il costo dei fertilizzanti, con effetto sulle rese produttive a livello globale.
La conseguenza  è la diminuzione delle scorte globali di grano che dovrebbero ammontare a 267 milioni di tonnellate, in calo per il secondo anno consecutivo e al livello più basso degli ultimi sei anni.
Il continente africano, in particolare, avverte il peso della mancanza di approvvigionamenti esterni e
 sta affrontando la sua crisi più profonda, anche più grave della pandemia di Covid 19, ma nonostante i proclami ancora una volta sarà lasciato solo o riceverà le briciole da un occidente egoista e spaventato dalle conseguenze del conflitto russo – ucraino.

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