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Benin, cresce la violenza in uno degli ultimi paesi stabili dell’Africa Occidentale

Cresce ancora una volta la violenza in Africa Occidentale e questa volta tocca il Benin, uno stato che fino ad oggi sembrava essere riuscito a rimanere estraneo agli attacchi. Il primo assaggio è avvenuto domenica 6 febbraio quando un gruppo di uomini armati di fucili automatici e machete ha attaccato la stazione di polizia della cittadina di Mekrou-Djimdjim. Un poliziotto è rimasto ucciso e l’edificio è stato dato alle fiamme. Questo villaggio si trova poco oltre il confine con il Burkina Faso e gli assalitori hanno subito fatto ritorno nello stato confinante. Ma il fatto più grave è avvenuto solo due giorni dopo quando un gruppo di ranger del Parco Nazionale W è caduto in un’imboscata. Cinque ranger ed il loro istruttore francese sono rimasti uccisi in questa imboscata, mentre un funzionario e un militare dell’esercito beninese sono caduti nelle fasi convulse subito successive che hanno visto anche un numero imprecisato di feriti. Il Parco Nazionale W, chiamato così perché segue le curve del fiume Niger, viene gestito da una ONG sudafricana che si chiamaAfrican Parcs. La parte settentrionale del piccolo Benin aveva già visto il rapimento di una coppia di turisti francesi nel maggio scorso e l’uccisione della loro guida all’interno dello stesso parco nazionale che si estende appunto al confine fra Benin, BurkinaFaso e Niger. La risposta a questa ondata di violenza è arrivata dalla missione francese Barkhane che si è messa subito sulle tracce dei terroristi. In soli due giorni il gruppo è stato individuato in territorio burkinabè e attaccato con aerei ed elicotteri. Lo Stato Maggiore francese parla di oltre 40 terroristi uccisi in diversi raid nella zona e fra loro ci sarebbero anche gli autori degli attacchi in Benin. Il Benin aveva subito i primi attentati alla fine del 2021 quando erano stati attaccate alcune postazioni militari nella regione settentrionale di Atacora e due soldati erano rimasti uccisi. Questi attacchi aerano stati rivendicati dal gruppo islamista Jama’ at Nusrat al-Islam wal-Muslimin ( Jnim) affiliato ad al-Qaeda, così come altri due scontri a fuoco con l’esercito beninese sempre nelle regione del confine dei tre stati. Per il momento invece non ci sono rivendicazioni per gli attentati della settimana scorsa, ma la matrice islamista e proveniente dagli stati settentrionali sembra piuttosto chiara. Il fatto che ci siano rivendicazioni da parte di gruppi specifici e territoriali è una risposta di al-Qaeda alla grande crescita dello Stato Islamico nella zona che ha preso il controllo di quella che una volta era Boko Haram in Nigeria e ha creato lo Stato Islamico nel Grande Sahara proprio per soppiantare al-Qaeda. Lo scontro fra i due gruppi jihadisti è molto accesso e su diversi palcoscenici, ma questo nuovo gruppo con base in BurkinaFaso è la risposta che i discepoli di Osama bin Laden sono ancora molto radicati nella regione. La minaccia terroristica si sta quindi spostando verso sud e potrebbe molto presto coinvolgere il Benin, il Togo e anche la Costa d’Avorio come già successo nel 2016. Le forze di sicurezza togolesi hanno dichiarato di aver respinto un attacco di uomini armati provenienti dal Burkina Faso, ma non sembrano in grado di poter respingere un attacco in forze da nord. Nel 2017 è stato firmato ad Accra un accordo di cooperazione militare fra Benin, Ghana, Burkina Faso, Togo e Costa d’Avorio per combattere insieme la minaccia islamista. Il governo di Ougadougou ha dichiarato che nel novembre scorso ha condotto un’operazione militare congiunta con la Costa d’Avorio, il Ghana e il Togo arrestando oltre 300 persone sospette e sequestrando armi e droga, ma è sembrata solo un’operazione di facciata.

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