Skip to content

Algeria, vietato dissentire

Amnesty International ha lanciato una campagna per denunciare l’impatto della repressione a tutto tondo lanciata dalle autorità algerine contro dissidenti, attivisti e giornalisti.
Ne languono a decine nelle prigioni del paese, condannati per reati inesistenti – diffusione di notizie false, ricevimento di fondi esteri o offesa a pubblico ufficiale – legati unicamente all’espressione delle proprie opinioni, alla partecipazione a manifestazioni pacifiche o allo svolgimento della professione giornalistica in modo indipendente.
Molti attivisti sono finiti sotto inchiesta per infondate accuse di “terrorismo”. Un partito politico, il Movimento democratico e sociale, ha dovuto sospendere le sue attività e persino la più antica organizzazione per i diritti umani, la Lega algerina per la difesa dei diritti umani, è stata sciolta.
Durante gli ultimi due anni, 12 giornalisti sono stati indagati, processati e in alcuni casi condannati. Solo quest’anno ci sono stati cinque processi, due chiusure di gruppi editoriali e la sospensione delle pubblicazioni di una testata per 20 giorni.
 
Il simbolo, suo malgrado, delle politiche repressive del governo algerino, è Mohamed Tadjadit, conosciuto come “il poeta di Hirak”, il movimento di protesta che organizzò manifestazioni di massa a partire dal 2019. Negli ultimi anni è stato arrestato quattro volte e ogni volta sottoposto a gravi maltrattamenti.
 
L’auspicio è che l’imminente visita in Algeria del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di manifestazione pacifica e di associazione possa contribuire a cambiare questa situazione. 
Torna su