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Al via l’AfCFTA, da oggi l’Africa è l’area di libero scambio più grande del Pianeta

Da  oggi, con  l’entrata in vigore dell’African Continental Free Trade Area, l’Africa diventa l’area di libero scambio più grande del Pianeta: 1,2 miliardi di persone e un PIL complessivo di 2.500 miliardi di dollari. Lanciato lo scorso 7 luglio a Niamey, in Niger, l’’AfCFTA si preannuncia come una vera e propria svolta di sviluppo per il continente africano.
Dopo l’adesione all’accordo di 53 su 54 Paesi, che hanno depositato i documenti di ratifica presso l’Unione Africana, è partito l’iter per la costituzione dell’organismo che sovrintenderà l’intesa.
L’AfCFTA si inserisce in una tendenza commerciale globale in cui i grandi player occidentali rifuggono nel protezionismo, mentre i Paesi emergenti si organizzano per aumentare il commercio intraregionale, e non si rassegnano a un mondo dove il commercio viene visto come un gioco a somma zero. Nel 2015 è stata istituita la Comunità Economica dell’ASEAN, che coinvolge i dieci Paesi del Sudest Asiatico, con una popolazione totale di oltre seicentomilioni di abitanti e una forte crescita economica. Lo stesso anno la Russia è riuscita a siglare l’Unione Economica Eurasiatica con Bielorussia, Armenia, Kazakhstan e Kyrgyzstan. E a fine 2018 è entrato in vigore la versione ridotta del TPP, l’Accordo Transpacifico lanciato dagli Stati Uniti ma finalizzato senza la loro partecipazione.
Quello che contraddistingue l’AfCFTA rispetto agli altri accordi, è il basso livello di commercio intracontinentale da cui partono i contraenti. Gli anni del colonialismo hanno costruito infrastrutture e istituzioni totalmente inadeguate al commercio fra Paesi confinanti, sviluppando piuttosto i collegamenti portuali da cui i prodotti potevano essere imbarcati versol’Europa. I primi decenni dopo l’indipendenza, marcati dal fallimentare obiettivo dell’autosufficienza perseguito da tanti leader africani mediante l’istituzione di imprese statali in continua perdita, politiche protezioniste, dazi altissimi e regole commerciali burocratiche e spesso poco coordinate, non hanno aiutato a integrare il continente.
Il commercio intracontinentale africano è pertanto fermo a meno del 20%, mentre in Europa e in Asia il commercio intracontinentale è rispettivamente pari al 70% e al 60% del totale. Il potenziale di crescita è quindi enorme, specialmente se i Paesi africani riusciranno, come hanno fatto con successo i Paesi del Sudest asiatico, a integrare le proprie catene del valore. Allargando e diversificando il mercato interno, inoltre, i Paesi africani saranno più resistenti agli shock economici globali rispetto a quando devono affrontare queste sfide da soli.
Ma sono tante le sfide da vincere perché l’AfCFTA possa portare a una crescita inclusiva e sostenibile. La Banca africana di sviluppo ha calcolato che sarà necessaria una crescita degli investimenti infrastrutturali di 40 miliardi di dollari all’anno perché la crescita economica, demografica e produttiva possa essere canalizzata in modo efficiente, e perché i beni possano essere allocati senza sprechi e perdite eccessive. Si dovranno rafforzare anche le istituzioni nazionali, aumentando la capacità fiscale degli Stati e favorendo il passaggio graduale da un’economia informale a un’economia formale e tracciata.
Le nuove tecnologie e la bassa età media dell’Africa possono facilitare questa trasformazione, ma è chiaro che anche l’Italia e l’Europa devono contribuire con un supporto deciso all’attuazione dell’AfCFTA e al rafforzamento delle capacità istituzionali degli Stati africani. L’Unione Europea l’ha creduto da subito in questa iniziativa allocando 50 milioni di euro come supporto all’AfCFTA.
Ma serve uno sforzo maggiore da parte di tutti per riconoscere il potenziale economico africano e per facilitare il commercio intracontinentale. Sui principali giornali italiani non è stato ancora data particolare attenzione all’AfCFTA nel 2020, mancanza di interesse ma anche di lungimiranza. È sbagliato continuare a ignorare a l’Africa e il suo potenziale economico. Bisogna invece riconoscerlo e coltivarlo, perché la crescita inclusiva, sostenibile e duratura dei Paesi africani è nel pieno interesse geostrategico ed economico dell’Italia.
Un’opportunità per le imprese italiane e unico efficace modo per favorire il futuro delle nuove generazioni africane anziché tentare la pericolosa traversata del Sahara e del Mediterraneo per cercare opportunità in Europa.

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