“Le cinque persone in carcere sono innocenti. Non hanno ucciso loro l’ambasciatore italiano in Congo. Ma il tribunale non ha ancora fissato la data del processo di Appello come richiesto da noi avvocati”.
A scrivere alla nostra redazione sono gli avvocati degli imputati condannati nel processo in primo grado per il triplice omicidio nella Repubblica democratica del Congo del nostro ambasciatore, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista del World Food Programme Mustapha Milambo, che hanno presentato nei mesi scorsi la richiesta di appello per i loro assistiti.
La sentenza di primo grado è stata emessa lo scorso 7 aprile a Kinshasa, ergastolo e risarcimento di 2 milioni di dollari all’Italia il verdetto.
La procura militare aveva chiesto la pena di morte per i sei imputati, uno processato in contumacia.
Alla sbarra c’erano cinque presunti killer mentre il sesto, considerato il capobanda, è ancora latitante.
La pubblica accusa aveva chiesto la pena di morte anche se da 20 anni nella Rdc vige una moratoria di fatto che vede commutare le sentenze capitali in ergastolo.
La difesa aveva chiesto invece un’assoluzione per non aver commesso il fatto o almeno per dubbi sulla responsabilità degli accusati. Questi, arrestati nel gennaio dell’anno scorso, dopo iniziali ammissioni si erano poi dichiarati innocenti sostenendo di essere stati spinti a confessare con la violenza, circostanza negata dall’accusa.
L’Italia, quale parte civile e Paese fortemente contrario alle esecuzioni, aveva chiesto che venisse inflitta direttamente una giusta pena detentiva.
Il 43enne Attanasio, il carabiniere Iacovacci e l’autista Milambo erano stati feriti a morte da colpi di arma da fuoco in un’imboscata tesa da criminali a un convoglio del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) con cui viaggiava nella provincia di Kivu Nord, area ad alto rischio da tre decenni per la presenza di decine di milizie.
Processati per omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra, i sei congolesi durante le udienze erano stati descritti dall’accusa come componenti di una “banda criminale” dedita alle rapine di strada e che voleva rapire l’ambasciatore a scopo di riscatto ma che poi l’aveva ucciso assieme ai due suoi collaboratori.
“Noi aspettiamo ancora la verità”: era stato il commento di Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore.
L’ingegnere Attanasio non ha mai creduto alla tesi che suo figlio sia stato uccisione in un tentativo di rapimento.
Noi siamo altrettanto convinti che la verità au quanto accaduto quel maledetto 22 febbraio del 2021 sia ancora lontana.
Ed è per questo che campagna #veritaperlucavittorioemustapha non si ferma.
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