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Un film che fa appello alla memoria storica. Chi erano i Tirailleurs Sénégalais?

Father & soldier è un film lineare e senza fronzoli, che tuttavia si posiziona radicalmente “contro” – la guerra, l’obbedienza cieca agli ordini, il colonialismo, lo sfruttamento dei fratelli su altri fratelli, la retorica militare e politica – il che lo rende terribilmente attuale”, così leggiamo in una recensione di Paola Casella  della scorsa settimana.

Un film che fa appello alla memoria storica. Una storia che testimonia le conseguenze dettate dal colonialismo. Un utile strumento per ripensare le narrazioni abituali che siamo soliti ascoltare quando si parla di colonialismo, troppo semplificate forse anche nei nostri libri di storia.

tirailleurs sénégalais, gruppo di fanteria africana reclutato dai francesi nel corso dell’epoca coloniale, è stato presente in numerose battaglie soprattutto nel corso della Grande Guerra  e durante la Seconda guerra mondiale. L’arruolamento dei tirailleurs non si è limitato al solo Senegal, interessando tutta l’Africa occidentale, la Costa d’Avorio, l’attuale Repubblica  Centrafricana, il Ciad, il Togo e altri Paesi del continente africano allora sotto il controllo francese.

I tirailleurs durante la Prima Guerra mondiale

Fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, periodo in cui possiamo considerare i tirailleurs il secondo contingente indigeno più grande delle armati francesi, questi soldati erano essenzialmente un esercito mercenario per passare subito dopo a un reclutamento coercitivo, considerando anche la decisione di Clemenceau di mantenere la coscrizione anche in tempi di pace (1919).

Presenti su tutti i campi di battaglia, i tirailleurs sénégalais hanno preso parte alle battaglie più significative di quegli anni, ritrovandosi a dover convivere con una nuova tipologia di guerra a loro totalmente ignota: il sistema delle trincee sullo sfondo di un clima europeo altrettanto sconosciuto.  Le battaglie in Piccardia e quelle di Ypres e Diksmuide in Belgio prima, la battaglia sui Dardanelli,  della Somme e di Verdun poi sono alcuni degli episodi storici che registrano un altissimo numero di soldati africani sotto il controllo dei comandanti francesi. Nel corso del 1917 il corpo dei tirailleurs si ricorda anche  per la disfatta nel conto del Chemin de Dames, dove le condizioni climatiche e le temperature rigide hanno ridotto drasticamente le potenzialità  dei militari africani.

L’episodio più glorioso di questi anni è di certo la difesa trionfante del comune di Saint-Thierry che, nel 1924, ha costruito  un monumento in onore dei tirailleurs e di cui una copia fu poi inviata a Bamako.

I tirailleurs durante la Seconda Guerra mondiale

Da settembre 1939 a maggio 1940, le truppe coloniali sono state riorganizzate quasi del tutto con la creazione di tre nuove divisioni, tenendo conto anche del sistema di coscrizione in tempo di pace che ha reso il servizio militare maschile un obbligo universale.

Nel corso della seconda guerra mondiale, episodi di discriminazione nei confronti dei tirailleurs sono stati sempre più frequenti: le proteste da parte delle truppe tedesche indignate nel combattere contro avversari che consideravano inferiori, l’ordine del generale de Gaulle di sostituire i soldati africani con soldati di pelle bianca al momento delle vittorie francesi, le terribile situazioni vissute nei cosiddetti Front-Stalags (campi di lavoro situati nella parte della Francia occupata dai tedeschi) o, ancora, le finte promesse e i mancati pagamenti (ricordiamo il massacro di Thiaroye, 1944).

In più, la fine della guerra non ha significato un fermo del reclutamento da parte dei francesi, che hanno continuato a coinvolgere i soldati africani anche in Indocina (1946-1954), nell’insurrezione in Madagascar (1947), nel corso dello sciopero dei minatori (1948) e ancora in Tunisia e in Marocco sempre dando voce al loro desiderio di mantenere l’ordine e la sicurezza francese.

Le conseguenze di una “migrazione militare” sulla demografia dell’Africa occidentale

Accennare qui molto brevemente a queste tristi pagine della storia, ci permette anche di ragionare sulla presenza di cittadini con origine africane nel territorio francese, e non solo. La scelta forzata di lasciare le proprie terre per unirsi alle battaglie in Europa accanto alla Francia è oggi una delle cause che permette di comprendere l’origine dei primi flussi migratori dal West Africa verso la Francia e all’interno del continente africano, dalla campagna alla città o da uno Stato africano a un altro.

Da un lato possiamo leggere la scelta di alcuni giovani africani di spostarsi verso la  Costa d’Avorio, la Guinea, il Sudan e alcune aree del Senegal come risposta per scappare all’arruolamento militare dettato dai francesi, dall’altro forme di migrazione interessanti sono anche quelle che nascono dai processi di incorporazione e distribuzione dei soldati sul territorio europeo. Ne è un esempio quanto accaduto con la creazione della cosiddetta Force Noire nel 1910, la quale ci ricorda che il numero di soldati presenti in Europa in quegli anni fosse maggiore rispetto a quello in territorio africano.

Altra lettura interessante è anche quella degli ex combattenti che hanno deciso di rientrare nel loro Paese d’origine. Per fare qui solo qualche esempio, suggerisco di riprendere le ricerche e gli studi di Echenberg, professore e co- direttore del Canadian Journal of African Studies che, riferendosi alle dimensioni dell’esercito, ai tassi di logoramento durante le marce e mantenendo dubbi e incertezze in riferimento ai tassi di ridistribuzione dei soldati presso i propri villaggi, ci dice che ogni 10 mila uomini assorbiti ogni anno nell’esercito per il periodo che va dal 1920 al 1938, 440 sarebbero morti nel corso dei tre anni di servizio militare e altri 1100 si sarebbero arruolati una seconda volta. Solo 8400 tornarono nell’Africa occidentale e Dakar rappresentò un potente punto di interesse contando ben quattro volte il numero dei veterani dell’esercito tra la sua popolazione rispetto al decennio precedente.

Secondo i dati riportati invece in La révolte des tirailleurs sénégalais de Tiaroye in “Vingtième Siècle” da Julien Fargettas, direttore del servizio dipartimentale dell’Office National des anciens combattants et victimes de guerre, entro il 31 dicembre 1940, un numero pari a 36.769 tirailleurs furono rimpatriati nei loro Paesi d’origine e più di 27.000 rimasero invece  in maniera permanente in Nord Africa. O ancora, altri studiosi ci raccontano che a partire da luglio 1940 le autorità francesi hanno ritardato i rimpatri dei soldati africani nei propri Paesi, incontrando diverse difficoltà. Il primo convoglio, facendo fede a questi studi, raggiunse Dakar solo il 22 settembre 1940 e, secondo una direttiva del 27 luglio dello stesso anno, l’organizzazione dei ritorni avrebbe dovuto rispondere a un raggruppamento dei soldati secondo il periodo di permanenza all’estero, secondo la loro etnia e secondo il porto di sbarco. Nel concreto questa direttiva ha portato processi di raggruppamento molto meno intuitivi con tantissimi soldati confusi e frastornati e con loro dichiarazioni non sempre vere.

Nel corso delle due guerre, dunque, il ruolo delle migrazioni dei soldati e quelle legate al mondo del lavoro mutarono e influenzarono la demografia dell’Africa occidentale, provocando una forte ondata di migrazione dalle colonie in generale.

Studiare la storia è doveroso. Interpretarla e capirne le conseguenze è altrettanto indispensabile.

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