vai al contenuto principale

Sud Sudan, una scuola italiana per ridare speranza a centinaia di bambini

Quando ho avuto finalmente il piacere di conoscere Antonella Napoli, è stato come ritrovare un’amica di vecchia data, con cui si persegue lo stesso obiettivo, cioè quello di sensibilizzare e non far scendere l’attenzione sul dramma africano, soprattutto in questi tempi di pandemia, sebbene attraverso modalità sicuramente differenti.
Da anni il Liceo Aristofane di Roma, in cui insegno, sostiene attivamente l’Associazione CASA FAMIGLIA F.O.S.I.C.S. , fondata da Irene Nadipili Naoya, originaria del Sud Sudan, che vive e lavora in Italia.
Dacia Maraini nel suo ultimo libro, La scuola ci salverà, si concentra sul ruolo fondamentale della Scuola all’interno della società civile, che guarda al futuro con spirito di innovazione, inclusione e solidarietà, ne esamina i tratti salienti e lancia un grido di speranza, puntando l’attenzione sull’importanza della cultura per il benessere collettivo.
In un momento storico in cui il sistema educativo è stato più volte svilito, Maraini rivendica il ruolo centrale dell’istruzione e dell’istituzione scolastica all’interno di una società evoluta. Ne è prova il progetto di aiuto e cooperazione tra il Liceo Aristofane e la F.O.S.I.C.S.

L’associazione F.O.S.I.C.S. si occupa di circa 200 piccoli sudanesi, profughi a causa della guerra: sono ex bambini soldato, ragazze violentate, bambini con traumi psicologici causati dalla guerra e portatori di handicap. Attualmente un centinaio di bambini e ragazzi è ospitato a Kalimoni (Kenya) in una casa famiglia, ma il fine è di favorire il graduale rientro dell’intero gruppo in patria, a Chukudum (Sud Sudan), quando la situazione politica del Paese si sarà stabilizzata.
Dal 1990 Irene Nadipili Naoya gestisce a Kalimoni, in Kenya, e a Chukudum, in Sud Sudan, la onlus F.O.S.I.C.S. ovvero “Friends Of Sabina Iju and needy Children Society”, cioè “Amici di Sabina Iju e dei bambini bisognosi”, di cui è attualmente presidente. Sabina era la sorella di Irene, rimasta barbaramente uccisa durante la guerra civile del 1990, che in Sudan ha provocato migliaia di morti, distruzione e tanti bambini orfani vittime di violenze e sfruttamento. Allora molti sudanesi erano fuggiti in Kenya in cerca di protezione. Irene si è fatta carico, dunque, non solo dei nipoti, rimasti orfani, ma di tanti altri orfani sud sudanesi.
Dopo il referendum del 9 luglio 2011, con il quale il Sud Sudan ha ottenuto l’indipendenza , si sperava in un periodo di pace nel quale ricostruire un paese devastato da 20 anni di guerra civile, ma le speranze si sono infrante presto quando, nel dicembre del 2013 è scoppiato un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all’ex vicepresidente Machar, di etnia nuer, finito poi nel febbraio del 2020, ma che ha lasciato di nuovo la popolazione allo stremo.
Purtroppo la situazione in Sud Sudan è gravissima, a dieci anni dall’indipendenza la pace, durata pochissimo, ha lasciato il posto ad un nuovo conflitto, nuovi morti, nuova sofferenza e distruzione per un popolo che aveva alle spalle già cinquant’anni di guerra civile. Non c’è sicurezza per chi viaggia, non c’è comunicazione telefonica, dilaga la fame e le medicine non sono reperibili.
Nel villaggio di Chukudum dell’associazione F.O.S.I.C.S. i primi ragazzi aiutati, che sono rimasti a lavorare in Sud Sudan, da circa un anno sono senza stipendio e non sono più in grado di aiutare i bambini affidati all’associazione di cui si prendevano carico, alcuni ragazzi non frequentano la scuola per mancanza di fondi. La situazione in Kenya è migliore, grazie alla regolarità dei versamenti ricevuti i bambini adottati stanno continuando gli studi: una trentina frequentano la scuola materna, una cinquantina la scuola elementare ed alcuni la scuola superiore. Ma i progetti di auto sviluppo per favorire l’autonomia sono fermi, perché i fondi sono stati utilizzati per le spese mediche e scolastiche dei bambini non adottati.
“Il Sud Sudan è un paese “emblematico” delle contraddizioni terribili che attraversa l’Africa, sempre più “pendolo fra speranze e delusioni”, aveva dichiarato Paolo Gentiloni intervenendo al convegno “Emergenza Sud Sudan”, organizzato a Roma dall’organizzazione non governativa Cuamm- Medici con l’Africa.
“E’ importante lo sforzo di accendere i riflettori sul Sud Sudan, dove c’è una catastrofe umanitaria in corso. Sei-sette anni fa il paese era un luogo di grande speranza, avendo concluso il processo di indipendenza dal Sudan con la fine di persecuzioni e violenze. Quella speranza si è poi trasformata, nel giro di pochi anni, in un incubo, sfociando in una guerra incontrollabile, con le diplomazie costrette a diminuire la loro presenza a Giuba. E’ importante concentrare l’attenzione su questo paese, simbolo del pendolo fra speranza e delusioni che è stata l’Africa degli ultimi 20 anni”.
I gruppi umanitari hanno lanciato un appello alla comunità internazionale, rendendo noto che il Sud Sudan è sull’orlo di una nuova carestia. Secondo quanto riferito da Al-Jazeera English, quasi 2/3 della popolazione necessita di sostegno e cibo per sfuggire alla fame e alla malnutrizione.
Immenso è il compito di ricostruire il Paese dalle rovine. L’indipendenza del Sud Sudan potrebbe rappresentare una possibilità di riscatto dalla povertà e dall’analfabetismo, ma è solo l’inizio: molto è ancora da fare, le giovani generazioni e tutti i Sudanesi del Sud dovranno assumersene l’onere. Sarà un cammino lungo e duro: i bambini e i ragazzi F.O.S.I.C.S. sanno bene cosa significa essere uno sfollato, un rifugiato o un migrante, ma non hanno la più pallida idea di cosa voglia dire essere un cittadino libero. Dovranno impararlo impegnandosi con tutte le loro forze nello studio e nella crescita, perché ora, protagonisti della propria storia, stanno acquisendo consapevolezza nell’importanza fondamentale del loro contributo.

L’ARISTOFANE e la F.O.S. I.C. S.

Il gemellaggio tra il liceo Aristofane e l’associazione F.O.S.I.C.S. è iniziato nel 2009, in seguito alla partecipazione di una studentessa della 5° L come interprete ad un viaggio dell’IPS Sisto V in Kenya a conclusione del progetto M.A.S.A.I. – nell’ambito di uno scambio interculturale e professionale con l’Istituto Bosco Boys Town di Nairobi, sponsorizzato dalla Provincia di Roma, che prevedeva la realizzazione di un potabilizzatore d’acqua ad energia solare, istallato dagli studenti a Kalimoni. Da allora l’Aristofane ha sempre sostenuto l’associazione con raccolte di fondi collettive, bancarelle e adozioni a distanza di classe con le quali si sostengono le spese scolastiche , l’assistenza medica dei bambini e dei ragazzi della casa famiglia. Negli anni il liceo Aristofane ha organizzato raccolte di denaro per permettere a tutti i ragazzi non adottati di usufruire delle cure mediche e di frequentare la scuola, dato che in Kenya non è prevista l’assistenza sanitaria gratuita e non è garantito a tutti il diritto all’istruzione.

CASA FAMIGLIA F.O.S.I.C.S.
Questo progetto umanitario cerca di ridare dignità a tanta infanzia abbandonata che, nonostante tutto, chiede solo di vivere con la pace nel cuore e sul volto la luce di un sorriso.

Irene, prima solo con il suo stipendio, quando i bambini erano pochi e poi con l’aiuto di alcuni sostenitori che hanno condiviso i bisogni dell’Altro meno fortunato, ha accolto ex bambini soldato, ragazze che hanno subito violenza, bambini e ragazzi portatori di handicap e bambini poveri del Kenya: attualmente ospita nella Casa Famiglia 200 piccoli profughi sudanesi, di cui 100 in Sud Sudan e 100 in Kenya, garantendogli in un ambiente familiare, vitto, alloggio, assistenza medica e l’istruzione scolastica.

Nel novembre 2010 grazie all’aiuto del liceo Aristofane è stato possibile acquistare un terreno a Chukudum per la costruzione della scuola in Sudan, un lotto molto grande di 2 Kmq. Il Governo del Sud Sudan ha preferito assegnare un appezzamento così grande in previsione della creazione di una “farm school” con annessa fattoria e appezzamento di terreno da coltivare. Il luogo (Homiri) è situato alla periferia di Chukudum, non esistono strade che lo colleghino direttamente, ma è abbastanza vicino al centro abitato. E’ stato ripristinato un pozzo (quello precedente era stato distrutto dalla guerra), sono stati realizzati dei progetti finalizzati alla coltivazione dei campi e una piccola casetta per il custode. L’acqua e la presenza del custode garantiranno, come richiesto dal Governo, lo sfruttamento del terreno assegnato, che verrà coltivato dai referenti in Sudan dell’associazione FOSICS.
Il desiderio era quello di costruire una struttura abitativa e una scuola materna, ma a causa dei costi elevati e delle piogge straordinariamente abbondanti, che hanno reso impossibile il trasporto dei materiali e la costruzione del nuovo pozzo, si è deciso di procedere a piccoli passi. Il grano raccolto a Chukudum è stato dato alle famiglie che ospitano i bambini in cambio dell’accoglienza. Grazie al progetto Cooperafrica sono stati raccolti fondi ulteriori per costruire una strada nella terra che è stata rilevata per la costruzione di una scuola e delle strutture abitative.
Negli scontri di luglio 2016 la cittadina di Chukudum, dove vivono i bambini accolti, pur essendo rimasta relativamente fuori dal conflitto armato, è stata comunque assediata, ha subito razzie e violenze da parte dei combattenti delle diverse fazioni. Lo stato di guerra ha costretto il governo a chiudere le scuole. La casetta dell’Associazione, che ospita alcuni bambini, è stata saccheggiata di tutto, lasciando i bambini senza piatti, pentole, sedie, tavoli, coperte e lenzuola. Per fortuna i bambini si sono salvati, perché sono stati ospitati dalla parrocchia e dalle famiglie ospitanti. Inoltre dieci ragazzi sono stati arruolati con la forza per combattere al fronte e sono stati liberati in seguito al pagamento di un riscatto.

Torna su