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Rifugiati, UE estende protezione temporanea ucraini. A quando stessa solidarietà per gli altri?

E’ ormai chiaro da tempo che le notizie che vengono reso note a mezzo stampa o nei telegiornali assegnano un ruolo marginale ai flussi migratori e dei rifugiati, a meno che non si tratti di rifugiati ucraini. E’ della settimana scorsa, nella distrazione generale delle faccende politiche italiane, la notizia che la Commissione europea ha deciso l’estensione della direttiva sulla protezione temporanea dei rifugiati in fuga dall’Ucraina fino a marzo 2024.

Si tratta della direttiva 55 per la “Protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati”, approvata dalla UE nel 2001 e mai applicata fino a marzo 2022, quando la Russia ha iniziato l’invasione in Ucraina. La direttiva 55 consente l’accoglienza collettiva di grandi numeri di profughi in UE, in caso di conflitti, violenze o violazioni dei diritti umani, e viene assicurata a persone che non possono rientrare nei propri Paesi d’origine, velocizzando le normali procedure per la richiesta di asilo.

La direttiva 55 garantisce, quindi, una protezione immediata e temporanea per gli sfollati, promuovendo una partecipazione equa e bilanciata da parte dei Paesi dell’UE, senza però imporre una distribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo nei paesi dell’UE.

Sono 4,2 milioni i profughi ucraini che hanno beneficiato fino a ora dell’ombrello protettivo della UE, che ha garantito loro alloggi, cure sanitarie, accesso alla scuola e il diritto di entrare nel mercato del lavoro dell’UE.

Ovviamente non si intende mettere in discussione l’applicazione e neppure l’estensione della direttiva 55 ai profughi ucraini. Ma non possiamo fare a meno, come scritto mesi fa, di mettere in evidenza alcune contraddizioni. La prima delle quali riguarda Paesi europei come Polonia, Ungheria e Slovacchia, Paesi notoriamente contrari alle misure comunitarie in materia di immigrazione e asilo. Questi stessi Paesi hanno improvvisamente ceduto ai sacrosanti principi  di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità nei confronti dei profughi ucraini mentre continuano a respingere, con la complicità della stessa UE,  l’arrivo di altri profughi, prevalentemente Iracheni, Afgani e Siriani, con muri e fili spinati.

E’ noto infatti – e qui sta la contraddizione macroscopica –  che negli anni della cosiddetta “crisi dei rifugiati”, provenienti per lo più dalla Siria in guerra e dai Paesi dell’Asia centrale come Afghanistan e Pakistan, la UE ha deciso di affidare ai Paesi di approdo le procedure di asilo individuali o, come si dice in gergo amministrativo,  di “esternalizzare” l’accoglienza a Paesi terzi, come nel caso degli accordi con la Turchia per i profughi siriani.

In pratica, dopo gli anni bui di “crisi della solidarietà”, tutta europea e verso i richiedenti asilo, ora stiamo assistendo a un tripudio di solidarietà solo nei confronti dei profughi ucraini, attraverso l’adozione e l’estensione di misure coordinate di sostegno umanitario, politico, finanziario, materiale.

La solidarietà della UE, così giustamente incline a soccorrere i rifugiati ucraini, non dovrebbe dimenticare che sono numerose le vittime di guerra che interessano da decenni molti Stati del continente asiatico e africano. Non dovrebbe dimenticare le persecuzioni di tipo razziale, religioso e sessuale, o delle violenze da parte di gruppi di miliziani e paramilitari, che costringono molti uomini, donne e bambini a scegliere la via più rischiosa del mare per sfuggirne. Non dovrebbe nemmeno lontanamente gettare un’ombra di discrimine tra i rifugiati ucraini e quelli arrivati dallealtre aree critiche, come l’Africa, il Medio Oriente e l’Asia centrale.

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