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RDCongo: 45 morti, di cui 23 bambini, nell’attacco a un campo di sfollati nell’Ituri

Nella notte tra domenica 11 e lunedì 12 giugno, almeno 45 civili sono stati uccisi in un attacco al campo per sfollati di etnia Hema, a Mahagi, nella provincia dell’Ituri, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. I responsabili di questo eccidio sono considerati i ribelli della milizia Codeco (Cooperativa per lo sviluppo del Congo) che afferma di proteggere la tribù Lendu da quella rivale degli Hema, appunto, a sua volta difesa dagli “Zaire”, un’altra milizia.

L’UNICEF ha evidenziato che nella strage sono stati uccisi 23 bambini, ossia la metà delle vittime: “Prendere di mira civili già vulnerabili è al di là dello spregevole. Il trauma che questi bambini stanno attraversando è inimmaginabile. È inaccettabile che queste famiglie – che sono già fuggite dalle loro case una volta – siano ancora una volta il bersaglio diretto della violenza“.

Come ha riferito Jean-Richard Deddha Kondo, capo dell’area di Bahema Badjere, le uccisioni sono avvenute con machete e armi da fuoco e le vittime sono tutti sfollati da altri siti, perseguitati anche nel campo dove, teoricamente, avevano trovato rifugio. Decine sono anche i feriti, ma a completare l’orrore va considerato anche l’incendio che è stato appiccato per bruciare le loro capanne. Secondo l’amministratore locale, a difesa degli abitanti di Mahagi sarebbero intervenuti alcuni soldati delle FARDC (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo), che si trovavano a circa 4 km dal luogo della tragedia.

Si stima che la Codeco abbia migliaia di miliziani e ultimamente i loro attacchi sono aumentati di numero e di brutalità; sono continui, ma uno dei più recenti e orrendi risale a due mesi fa, quando nella metà di aprile i morti furono almeno 60:

Rd Congo, un eccidio di almeno 62 persone nell’Ituri

La MONUSCO (l’operazione di peacekeeping dell’ONU in RDC) e le autorità congolesi hanno affermato di aver rafforzato il sistema di sicurezza nell’area, rafforzando i pattugliamenti “al fine di proteggere le popolazioni civili e i siti di sfollati nella provincia dell’Ituri“. La rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in RDC, Bintou Keita, ha aggiunto che “questo attacco costituisce una grave violazione del diritto umanitario internazionale“. Dal canto suo, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha espresso il suo sconcerto ricordando che “ogni giorno nella parte orientale della RDC i civili vengono sfollati, stuprati, assassinati. Non sono necessari ulteriori commenti“.

Le raccomandazioni sono sempre le solite: la MONUSCO e le altre organizzazioni internazionali presenti sul terreno sollecitano le autorità congolesi a condurre un’indagine e consegnare alla giustizia gli autori di queste indicibili violenze, ma nonostante gli annunci del governo di Kinshasa, nonostante la missione delle Nazioni Unite, nonostante lo stato d’assedio che dura da un anno, nonostante la presenza dei soldati della Forza Regionale dell’EAC e, ovviamente, dell’esercito regolare congolese, la sicurezza nelle province orientali del Paese, in particolare dell’Ituri, resta una chimera insanguinata. Si tratta di un fallimento politico e strategico alquanto palese per il Capo di Stato, Félix Tshisekedi, di cui provano ad approfittarsi gli avversari alle elezioni presidenziali del prossimo dicembre, come Moïse Katumbi, che ha dichiarato che “governare la RDC significa mobilitare le energie per ripristinare l’autorità dello Stato invece di cercare capri espiatori, inventare false cospirazioni e vivere nell’autocompiacimento“.

Oppure il deputato nazionale Gratien Iracan, che ha ha diffuso un comunicato stampa in cui, accusando di “inerzia e colpevole silenzio le autorità governative“, ribadisce che “il regime di Félix Tshisekedi non è riuscito a mettere in sicurezza la provincia di Ituri“.

Per quanto riguarda la situazione umanitaria, secondo il rapporto più recente dell’OCHA (l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari), risalente al 2 giugno 2023, la situazione umanitaria nella provincia dell’Ituri è particolarmente allarmante, perché i nuovi afflussi di sfollati si contano a decine di migliaia nello scorso mese di maggio, ma parallelamente aumentano i casi di morbillo, in particolare nel territorio di Mambasa: “tra il 15 e il 21 maggio la Divisione sanitaria provinciale ha segnalato più di 270 casi sospetti di morbillo, inclusi 10 decessi, una cifra significativamente in aumento rispetto ai 249 casi registrati la settimana precedente“.

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