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La rinascita della Tanzania: tutta un’altra Africa?

Gennaio 2015 Ungujia. Un malconcio poliziotto dalla divisa lisa cancella un numero scritto a mano con del gesso bianco sulla piccola lavagna al centro della stanza: è quello del volo appena partito per Dar es Salaam.

Gennaio 2023 Ungujia. Un mega screen che squilla di luce e colori occupa l’intera parete di otto metri per tre mi inonda con il suo “karibu” (benvenuto) di mille pixel. Welcome in Zanzibar!

Questa immagine straniante e simbolica è un po’ il biglietto da visita della nuova Tanzania: di quello che era, di quello che è diventata, di quello che (forse) sarà.
Fino a pochi anni fa i voli arrivavano in un capannone di lamiera e makuti ed erano segnati sulla lavagna con il gesso. Oggi l’aeroporto Abeid Amani Karume International è un piccolo “Dubai-Al Maktum” in miniatura con mega screen incassati nei pavimenti e nei muri, decine di negozi e due vip room.

Questa è la Zanzibar che è stata nominata dalla rivista internazionale Travelers Worldwide Magazine come destinazione di viaggio top per il 2023: numero 1 tra le 15 migliori destinazioni di viaggio in Africa, ben prima ad esempio di Kenia, Marocco, Seychelles .

Il trend è chiaro: Il numero di camere d’albergo è aumentato da 10.961 camere nel 2020 a 13.215 camere nel 2023 : un aumento del 20,58 per cento. Le principali compagnie aeree con voli per Zanzibar sono passate da cinque nel 2020 a 10 compagnie aeree nel 2023, tra cui KLM, Air France, Global Airways, Hifly Airline. Ormai l’arcipelago più che una destinazione è un “brand”.

Passeggiando tra il dedalo di vicoli della città di pietra ( che in realtà i più anziani qui chiamano in swahili Mji Mkongwe “città vecchia” ) viene in mente che Il governo semi autonomo dell’arcipelago vorrebbe raggiungere l’obiettivo di un milione di turisti all’anno entro il 2025; ma nella Zanzibar 3.0 che ci si lascia alle spalle usciti dall’aeroporto i livelli di povertà rimangono alti soprattutto perché il piccolo arcipelago ha uno dei tassi di crescita demografica più alti al mondo.

Oggi l’Abeid Amani Karume International è il 4° aeroporto più grande dell’Africa orientale ed ha sorpassato in traffico quello di Dar es Salam. Gestito per i servizi a terra dalla Emirates Leisure Retail la stessa compagnia che si occupa dell’aeroporto di Dubai. Nel bene o nel male i grattacieli di Dubai sono molto più vicini a Zanzibar di quanto non dica la geografia.

Dall’aereporto di Stone Town al porto di Dar es Salaam: si sale su un ferry della Azam Marine e in poco più di un’ora è un altro mondo. Per ora.
Il Governo infatti ha appena siglato un accordo di locazione di 30 anni con la DP World per gestire le operazioni di quattro dei 12 moli di Dar es Salaam.
Sebbene il parlamento tanzaniano abbia approvato l’accordo bilaterale tra Tanzania e Dubai nel giugno 2023, questo è stato oggetto di molte discussioni da varie parti ed è stato ratificato solo ai primi di novembre.
In risposta a tali preoccupazioni, la Presidente Samia Suluhu Hassan (prima donna presidente nella storia del Paese, oltre che la prima nell’Africa orientale) ha sottolineato che la sua amministrazione ha approfondito tutte le prospettive e ascoltato con la massima attenzione tutte le parti sociali, politiche, economiche raccogliendo i loro feedback durante il processo di analisi con DP World.
Il porto di Dar es Salaam svolge da sempre un ruolo vitale nel servire le nazioni senza sbocco sul mare dell’Africa orientale e meridionale, come Uganda, Ruanda, Burundi e lo Zambia, importante produttore di rame. DP World opererà dal molo quattro al molo sette. Il governo tanzaniano sta cercando altri investitori per gestire gli altri moli, dall’ otto all’undici ma la strada è segnata.
Il contratto con DP World ha una durata di 30 anni, con valutazioni delle performance ogni cinque anni.
Sarà dunque “anche” una delle più grandi società di logistica marittima al mondo – leader nel settore del trasporto e della logistica globale (sede a Dubai, gestisce 70 milioni di container trasportati ogni anno da circa 70.000 navi in 82 porti nel mondo) – a segnare quel “new deal africano” che l’attuale presidente Samia Hassan sembra incarnare.
Una delle donne africane che secondo la classifica di Forbes è tra le 100 più influenti del mondo, sta cambiando le carte in tavola, pur essendo fortemente legata al passato della politica del suo paese.
Uno degli atti più coraggiosi o forse inaspettati è stato quando ha revocato il divieto di manifestare imposto alle opposizioni nel 2016 dal suo predecessore, venendo incontro alla richiesta di ripristino delle libertà democratiche. “Sono qui per dichiarare che il divieto di manifestazioni politiche è ora revocato”, ha detto la presidente in un raduno davanti ai leader dell’opposizione.

Negli ultimi anni si è assistito a una inversione di tendenza nella gestione delle relazioni internazionali della Tanzania. Paese di cui si parla e si è parlato sempre poco, forse per la sua relativa stabilità politica, forse perché talvolta più associato al concetto di “turismo” che di “Africa”.
Eppure Secondo un rapporto di KPMG la Tanzania è emersa come uno dei primi 3 paesi per investimenti prospettici nell’Africa sub-sahariana, Al primo posto c’è il Sudafrica, con una significativa quota del 50%, seguito dalla Nigeria al 30%, e la Tanzania oggi si assicura un notevole 15%.
Quest’ anno non si contano ormai più le innumerevoli “visite” di quasi tutti i leader delle potenze straniere (in primis Cina, Russia, Stati Uniti, Europa) ai diversi capi di stato africani (e viceversa) in prospettiva di nuovi o rinnovati accordi commerciali, tanto da far parlare di una “rinnovata conquista dell’Africa”.
Ma quello che sembra cambiato rispetto al passato è l’atteggiamento dei paesi africani. Atteggiamento che sembrerebbe più “distaccato”, meno ossequioso, più indipendente.

Va in questo senso ad esempio la scelta della Tanzania di porre fine all’esportazione di litio non raffinato a partire dal maggio 2024 e di richiedere ai minatori di aggiungere valore, come risulta da una lettera del Ministero dei Minerali del Paese. Il valore dei minerali deve essere aumentato di almeno il 5% per poter concedere le licenze di esportazione. La misura entrerà in vigore il 31 maggio 2024. Un surplus di lavoratori, più stabilità e tecnologia stanno trasformando le economie africane, rendendola meno dipendente dalle industrie estrattive.

E poi ci sono le partnership che guardano al 2030 e oltre: la Cina è stata il principale partner commerciale della Tanzania per sette anni consecutivi. Ad ottobre Tanzania e Cina hanno firmato 15 accordi per migliorare le relazioni commerciali bilaterali, i trasporti e la crescita del mercato dei prodotti agricoli.
Il Presidente cinese, Chen Mingjian, ha confermato la volontà di promuovere la cooperazione Belt and Road con la Tanzania per un futuro sviluppo nell’ambito delle infrastrutture, economia e commercio, per migliorare la connettività, lo sviluppo sostenibile e l’economia digitale.
Vale la pena ricordare – quando si parla di “digitale” e di “telefonini” – che nel 2015 gli smartphone connessi ad internet nell’intero continente africano erano 315 milioni, nel 2024 saranno, secondo le ultime stime, ben 700 milioni.
Un numero che supera il totale degli smartphone che nel 2024 saranno connessi in Europa ed addirittura sarà il doppio di quelli connessi negli Stati Uniti.
E per quello che riguarda al Tanzania basta ricordare che recentemente alla principale fiera commerciale del paese a Dar es Saalam, Pechino era massicciamente presente con un padiglione con oltre 100 aziende cinesi.
Non sono dettagli per il futuro di un continente fatto soprattutto di “ragazzi”: entro il 2030, il 40% dei giovani del mondo sarà africano e il 75% della popolazione della regione avrà meno di 35 anni. L’Africa conta 1.2 miliardi di persone di cui il 70% ha meno di 30 anni. Nel 2050 la popolazione raddoppierà arrivando a 2.4 miliardi. Nel 2030 una ogni cinque persone sulla Terra sarà africano.

Per troppi anni l’Africa è stata considerata “senza speranza”. Oggi forse gli africani possono guardare al continente come ad un “nuovo motore di crescita “ e in molti parlano di “grande transizione”.
Ma, c’è un ma. Ed è quello che ogni giorno vediamo nelle strade di Kinshasa, Lagos, Dar Es Salaam… quello di un’Africa che trascende le etichette del passato, un’Africa non in via di formazione, ma che forse si trova sul punto di liberare il suo potenziale latente, che urge di energia e di una volontà di forgiare finalmente il “proprio” destino.

C’è un’Africa meno roboante, che (a differenza di quella che è facile scoprire su qualche aggiornato dépliant di safari più o meno trend ) non ti promette nulla , non prevede scintillanti futuri. Basta saperla ascoltare.
È quella del mio amico Tadhi che lavora in un negozietto di souvenir di Stone Town- avrà sì e no vent’anni.
Vedi, mi dice, nella nostra lingua (lo swahili) non esiste la parola “avere”, * ed è anche per questo che io e te non saremo mai due veri « bro » (fratelli) come dite voi; non solo perché tu sei bianco, ma perché io e te alla fine veniamo da due pianeti diversi. Il tuo ha già vinto. Il mio non ancora.

(*in lingua swahili il verbo avere si traduce come “Kuwa na” che significa “essere con”)

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