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In ricordo di Jerry Masslo, profugo sudafricano morto di “razzismo”

Se fosse vivo oggi Jerry Essan Masslo, il profugo sudafricano ucciso nella povera baracca dove viveva insieme ai suoi compagni per la raccolta dei pomodori il 25 agosto del 1989, avrebbe compiuto 60 anni.

Nel giorno del suo compleanno mancato grazie a Ketty Volpe, tra le nostre più assidue collaboratrici, ricordiamo il suo sacrificio e il suo impegno.

L’omicidio di Masslo commosse l’Italia intera e provocò la prima grande manifestazione antirazzista nel Paese nell’ottobre del 1989 e spinse il governo di allora a emanare i primi provvedimenti per la regolarizzazione dei migranti con la legge Martelli.

Nello spirito che anima questa testata, il perché dell’importanza del ricordo del suo sacrificio.

Antonella Napoli, direttrice di Focus on Africa 

Era una notte calda d’agosto. Di quelle notti umide e afose che si trascorre ad aspettar giorno senza chiudere occhio. Nella baracca, in quella stamberga malandata, abbandonata e sgarrupata nel “Ghetto rosso”, il caldo rovente rallentava l’aurora a Villa Literno. Masslo, con gli altri, era pronto, sempre pronto, per salire, alle prime luci dell’alba, a bordo di un furgone che portava gli immigrati a lavorare nelle terre. Caporali e padroncini padroni d’anime e corpi. Corpi come instancabili machines de travail. Quella notte rovente Masslo aveva accordato la chitarra ed accennato alcune note di nenie e canti della sua gente. Non aveva più tempo per suonare e le mani callose trattenevano le corde. Il suono usciva un po’ sporco, ma la musica era quella…e tutto riportava emozioni passate. Prova a stendersi Masslo con la chitarra accanto e la voce smorzata in gola quando irrompono nella baracca alcuni giovani. È una rapina. Jerry Essan Masslo si ribella. Difende le poche lire guadagnate a schiena china nei solchi di campagne assolate a raccoglier frutta e pomidoro. Viene ucciso. A freddo nella notte rovente del 24 agosto del 1989. Una notte di sangue innocente rosso di nero d’Africa e vergogna italiana. Una brutta pagina. Masslo non aveva nessuno al mondo. Né più una lacrima da un caro. Aveva coraggio, forza, tempra e cuor di leone. Prima in Nigeria e poi qui con il deserto nel cuore. Fermo oppositore dell’apartheid nel Sud Africa. Dimostrava pacificamente il suo dissenso insieme a tanti per strada col resto della sua famiglia ed un giorno, di quella sua ultima volta a gridare No apartheid”.rimase a terra, caricato di botte, ferito lacerante, dinanzi all’ultima ora del suo figlioletto e del suo papà….uccisi mentre, insieme a tanti fratelli sudafricani, dimostravano in nome della fratellanza senza colori, della libertà di tutti e di ciascuno, della libertà d’un popolo, dei popoli, dei continenti, del mondo e d’ogni cosa. Masslo ci credeva. Così educato così educava il suo piccolo che andava a passo cadenzato, senza paura, accanto al nonno, à còtède son grand pére,  nel “ no apartheid”. D’improvviso era rimasto solo. Impietrito. Incredulo. Frastornato nella carica, tra grida disperate di feriti e il silenzio dei suoi due morti d’amore per pace e libertà. Morti per un’Africa unita e libera. Solo al mondo in una Nigeria divisa e suddivisa. Lo avrebbero fatto fuori. Decide cosìdi andare via lontano, di lasciare la sua Africa. Vende i preziosi che ha al polso, un orologio ed un bracciale d’oro, ed acquista il biglietto aereo di solo andata per l’Italia. Nell’aeroporto di Fiumicino dove atterra resta quattro settimane. Chiede asilo. Per giorni e settimane è lì in aeroporto, con il deserto nel cuore, quasi dimenticato sotto gli occhi di osservatori, turisti e reporter che raccontano di lui al mondo. Amnesty International e l’Agenzia dell’ONU avviano le necessarie trattative con il Ministero dell’Interno per ottenere il rilascio del permesso. Trenta anni fa l’Italia concedeva lo status di rifugiato solo a chi proveniva dall’Europa dell’Est. Il caso fu molto seguito. L’opinione pubblica guardava con attenzione l’uomo nero, sfuggito alle crudeltà dell’apartheid, volato via dalla Nigeria, in Italia, a Fiumicino, solo al mondo, guardato a vista inaeroporto. Finalmente diplomazie e burocrazie concedono il permesso di restare in Italia. Era il 1988. Jerry  viene ospitato nella Tenda di Abramo della Comunità di Sant’Egidio a Roma dove vi resta quasi un anno. Nel 1989 si trasferisce con altri compagni di comunità a Villa Literno per la stagione dei pomidoro. Trova alloggio in un tugurio abbandonato, tetro e desolato, chiamato baracca dal significato di casa. Tutto giorno da quasi notte chino a faticare senza alzare il capo. Prendi di mano e deponi di mano senza drizzarti. Raccogli pomidoro, recidi bene senza rovinare la piantache deve dare ancora frutti e deponi nella cassetta. Masslo lo faceva con cura. Con pazienza certosina sopportava angherie e soprusi di padroni, padroncini e caporali senza stellette. Viveva le sue giornate di rosso pomidoro…vedeva la sua Africa nei mutevoli colori della terra, ricopriva le radici mosse dal calpestio, benediva uomini e terra che l’avevano accolto. Lui Masslo, Nigeriano, rimasto solo al mondo, senza più radici, fiero in terra d’Italia, scampato all’apartheid, ucciso da giovani camorristi per poche lire sudate a schiena china. La Cgil lo ricorda sempre. Di rado qualcuno depone un fiore sulla tomba. Masslo ha segnato un tempo. Il tempo del no apartheid. Il tempo del no razzismo. Il tempo dei diritti e del rispetto. Il tempo della lotta al caporalato e allo sfruttamento delle braccia. Il gotha della Cgil e della Flai ha dedicato a Masslo una giornata pregna di riflessioni e iniziative per dire di quel rifugiato sud africano, bracciante agricolo, derubato delle poche lire sudate, ucciso in Terra di Lavoro. Masslo, il Nigeriano che combatteva l’apartheid è sepolto in Italia, a Villa Literno. È stato un eroe. Pochissimi conoscono la sua storia. Se solo sapessero …i nigeriani sarebbero orgogliosi di lui, del suo coraggio, delle sue lotte per i diritti, della sua vita spesa per la libertà e finita così tragicamente. La Nigeria gli dovrebbe le scuse. Lo dovrebbe accogliere con gli onori dovuti agli eroi. Perché Jerry Essan Masslo è stato un eroe! Un eroe con il deserto nel cuore. È cronaca e storiadi ieri…ed oggi, dopo trenta anni, quanti Masslo lasciano l’Africa per un giorno migliore? Per un giorno libero. O forse solo per un minuto di vita in più con il deserto nel cuore.

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