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Il viaggio in Africa di Francesco, cosa resta della visita del papa

Ancora una volta è un passo più avanti. Papa Francesco col suo viaggio in Africa e con i messaggi che ha lanciato testimonia una lungimiranza che altri stentano ad avere e denuda responsabilità e doveri di chi dovrebbe essere in prima linea nella costruzione di una alleanza strategica con il continente africano , la Unione Europea. Ci abbiamo provato nel passato quando guidando i socialisti e democratici europei abbiamo chiesto che l’Africa fosse la priorità geo strategica della Commissione Junker.

Lo abbiamo fatto perché sapevano che dalla questione africana passa il nodo del dialogo interreligioso, della gestione dei flussi migratori, del terrorismo, della sostenibilità ambientale, della produzione agricola, della creazione di sistemi istituzionali democratici, della fine della odiosa discriminazione dei cristiani, della valorizzazione delle enormi risorse naturali.

Si, perché l’Africa è un continente ricco e gli africani vivono nella povertà e nella indigenza. L’Africa è un continente che non ha eguali per ricchezza del sottosuolo, ma che proprio per questa ricchezza ha pagato un prezzo terribile.

Petrolio, oro, diamanti, minerali rari, legname pregiato sono spesso prodomi di guerre, sangue, morte. Il loro sfruttamento è costato la vita di tanti uomini, donne e bambini. Controllare il continente nero vuol dire gestire un immenso serbatoio di materie prime. Alcuni esempi possono dare l’idea degli interessi in gioco.

La produzione di cobalto dell’Africa copre il 40% del fabbisogno mondiale; di cromo (Sudafrica, Zimbawe) il 61%; di diamanti (Congo, Botswana e Sudafrica) il 42%; di uranio (Niger, Namibia) il 16%; dell’oro (Sudafrica) il 24%.

Inoltre, i Paesi del golfo di Guinea (Angola, Camerun, Ciad, Congo-Brazzaville, Gabon, Guinea Equatoriale, Nigeria, Sao Tomè e Principe) sono così ricchi di giacimenti petroliferi da meritarsi il nome di ‘nuovo Golfo Persico’.

Molte guerre in atto in questo continente sono dunque figlie della volontà di controllare materie prime di importanza strategica, che interessano potenze industriali e lobbies internazionali.

L’Unione europea deve rispondere a questa sfida abbandonando una linea esclusivamente securitaria e lanciando un piano imponente di investimenti per sostenere la transizione verde africana, la modernizzazione della agricoltura, la ottimizzazione della gestione delle risorse idriche, l’accesso al credito, il sostegno alle imprese giovanili e la la lotta alla corruzione e al traffico di esseri umani.

Se altri players internazionali atterrano in Africa con rapacità e tantissimi soldi, noi europei dobbiamo muoverci con rispetto e con il coraggio di fare un investimento finanziario significativo, non con le noccioline.

Infine due questioni: la Ue non deve mai dimenticare gli articoli 79 e 80 del trattato sul suo funzionamento che ne fanno un baluardo nella difesa dei diritti umani e dell’accoglienza. E deve saper parlare sopratutto ai giovani africani. Circa il 60 per cento della popolazione africana ha meno di 25 anni.

Ne ho incontrati tanti, dinamici, creativi, determinati a scrollarsi di dosso un destino di saccheggio, miseria, dittature. Non lasciamoli soli!

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