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Etiopia, ONU e R2P: responsability To Protect

Il governo etiope la scorsa settimana, giovedì 30 settembre, ha emanato un ultimatum di espulsione dall’ Etiopia in 72 ore per “persona non grata” a 7 membri e funzionari umanitari delle Nazioni Unite.
Sono 7 funzionari che coordinavano il supporto umanitario in aree del’ Etiopia, principalmente in Tigray, dove la regione da inizio novembre 2020 è stata martoriata da una guerra genocida in nome della sicurezza nazionale.
La lista include membri dell’UNICEF e dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (UNOCHA) e dell’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Questo provvedimento è stato emanato come rivalsa diplomatica agli operatori umanitari delle Nazioni Unite che avevano denunciato il blocco dei convogli addetti al trasporto di beni di prima necessità in Tigray: area di catastrofe umanitaria in atto conseguenza di quella guerra iniziata ormai quasi un anno fa. Le realtà coinvolte negli aiuti umanitari hanno confermato che ci vorrebbero 100 camion al giorno, costanti per sopperire ai bisogni di centinaia di migliaia di persone che stanno vivendo in carestia e milioni di sfollati interni: i camion entrano a centinaia una tantum perché bloccati da iter normativi, per lo sdoganamento, tempistiche organizzative per l’unica strada relativamente sicura che passa per Semera, in Afar.
Janez Lenarčič, il commissario europeo per la gestione delle crisi, il 6 ottobre 2021 in un tweet dichiarava:
“Oggi, un volo umanitario dell’UE sull’Air Bridge ha fornito aiuti salvavita alle persone bisognose in Tigray. Tuttavia, i bisogni sono enormi. È necessario un maggiore accesso su strada e in aereo nel Tigray per consentire agli operatori umanitari di salvare vite umane.”
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha risposto mercoledì all’Etiopia riguardo l’espulsione dei 7 alti funzionari umanitari dell’ ONU. La sua richiesta l’ha avanzata durante il G20 (del 23 Settembre 2021 a New York) direttamente all’ ambasciatore etiope Taye Atske Selassie Amde, chiedendo prove delle accuse mosse contro di loro.
“È mio dovere difendere l’onore delle Nazioni Unite”, ha detto Guterres
L’ ambasciatore Selassie ha accusato lo staff delle Nazioni Unite di inventare dati affermando falsamente che la fame fosse usata come arma di guerra e che le persone fossero morte di fame, e che le Nazioni Unite sostengano il nemico del governo – il TPLF – Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray.
“Per usare le loro stesse parole, stavano cercando di creare una situazione simile al Darfur”, ha detto Selassie. “Loro, improvvisamente e da un giorno all’altro, hanno creato un milione di vittime di disastri sanitari”.
Guterres ha risposto che non ha visto alcuna segnalazione ed avviso in merito da parte del governo etiope all’ONU.
“Due volte, ho chiesto… al primo ministro. Fino ad ora, non ho avuto risposta a queste richieste”, ha detto Guterres. “Il popolo etiope sta soffrendo. Non abbiamo altro interesse che aiutare a fermare quella sofferenza”.
L’ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU Linda Thomas-Greenfield ha descritto la mossa etiope di espellere i funzionari delle Nazioni Unite come “sconsiderata”, aggiungendo: “Non c’è alcuna giustificazione per l’azione del governo etiope, nessuna”.
La guerra genocida ha causato migliaia sono morti, milioni sono fuggiti dalle loro case e il conflitto si è esteso alle vicine Amhara e Afar.
Guterres ha affermato che fino a 7 milioni di persone in Tigray, Amhara e Afar hanno bisogno di aiuto, di cui 5 milioni nel Tigray, dove si stima che circa 400.000 persone vivano in condizioni simili alla carestia.
“I bambini etiopi muoiono di fame. Le persone muoiono perché non possono accedere a cibo, acqua e assistenza sanitaria di base. Questa non è una situazione causata da un disastro naturale. È causata da coloro che continuano a scegliere la via della guerra”, l’ambasciatore irlandese delle Nazioni Unite Geraldine Byrne Nason ha detto al consiglio.
Bisogna ricordare il fatto che in Tigray, oltre la catastrofe umanitaria in atto e fame indotta da scelte politiche precise dichiarando così la fame come arma di guerra, si sono perpetrati massacri su civili, stupri su donne tigrine di ogni età e ceto (anche su donne di chiesa) come vendetta e arma di guerra, saccheggio e distruzione del 80% degli ospedali e strutture sanitarie, campi bruciati e raccolti rubati o distrutti.
Tali attività sono imputabili a crimini di guerra e contro l’umanità. Sono e devono essere perseguiti, come perseguiti e giudicati tutti i responsabili. Tali questioni non possono essere però gestite dal governo etiope in nome della sicurezza nazionale ed in vece di Stato sovrano, come questioni interne: devono essere trattate da realtà sovra nazionale. Le evidenze sul campo e molti punti che richiamano la definizione internazionale di genocidio ci sono tutti.
L’ USA di Joe Biden in previsione e come premessa di nuove pesanti a sanzioni a tutti gli attori di qualunque fazione che si sono macchiati di tali crimini, ha avviato recentemente un iter legale per confutare e dichiarare ufficialmente l’appellativo genocidio alla guerra avvenuta in Tigray. Ad oggi la comunità internazionale, dopo quasi un anno, a parte i comunicati di sdegno verso abusi, violenze ed intimazioni agli attori coinvolti di un cessate il fuoco, sembra non avere sortito alcun risultato tangibile.
La parole, il messaggio utilizzato dagli attivisti, dagli utenti, dalla diaspora nei social e nelle varie manifestazioni fisiche in giro per il mondo verso la comunità internazionale: “Agisci ora” proprio per i motivi appena citati.
D’altro canto c’è da ricordare che l’ONU si sta avvalendo del R2P – Responsability To Protect.
R2P è un principio per cui l’ ONU deve intervenire in difesa dei diritti umani fondamentali per evitare che un Paese qualsiasi possa commettere gravi violazioni alla sua popolazione. Tale principio si è iniziato a delineare dal 1948 con la Convenzione per la prevenzione e repressione del delitto di genocidio e nel 1949 con le 4 convenzioni di Ginevra.
Principio centrale nel contesto della seconda guerra mondiale e ancor di più negli anni ‘90 con le tragedie del Rwanda e dei Balcani.
La formulazione ufficiale del R2P arrivò nel 2001 e adottata come norma dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2005.
Riportiamo 3 punti fondamentali:
138. Ogni singolo Stato ha la responsabilità di proteggere le proprie popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l’umanità. Tale responsabilità comporta la prevenzione di tali reati, compresa la loro istigazione, con mezzi adeguati e necessari. Accettiamo tale responsabilità e agiremo in conformità con essa. La comunità internazionale dovrebbe, se del caso, incoraggiare e aiutare gli Stati ad esercitare questa responsabilità e sostenere le Nazioni Unite nella creazione di una capacità di allarme rapido.
139. La comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite, ha anche la responsabilità di utilizzare mezzi diplomatici, umanitari e altri mezzi pacifici, in conformità con i capitoli VI e VIII della Carta, per aiutare a proteggere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e crimini contro l’umanità. In questo contesto, siamo pronti a intraprendere un’azione collettiva, in modo tempestivo e deciso, attraverso il Consiglio di sicurezza, in conformità con la Carta, compreso il capitolo VII, caso per caso e in cooperazione con le organizzazioni regionali competenti come appropriato, qualora i mezzi pacifici fossero inadeguati e le autorità nazionali manifestamente non riuscissero a proteggere le loro popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l’umanità. Sottolineiamo la necessità che l’Assemblea Generale continui a considerare la responsabilità di proteggere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l’umanità e le sue implicazioni, tenendo presenti i principi della Carta e del diritto internazionale. Intendiamo inoltre impegnarci, se necessario e appropriato, ad aiutare gli Stati a costruire la capacità di proteggere le loro popolazioni da genocidi, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l’umanità e ad assistere coloro che sono sotto stress prima che scoppino crisi e conflitti.
140. Sosteniamo pienamente la missione del Consigliere speciale del Segretario generale per la prevenzione del genocidio.
Si sottolinea un passo del punto 139:
“In questo contesto, siamo pronti a intraprendere un’azione collettiva, in modo tempestivo e deciso…”
Questo è il contesto giusto per far prevalere tale principio con azioni pratiche per tutte quelle persone che da troppo tempo aspettano aiuto e che le loro vite vengano salvate: se non ora, quando e a che prezzo?

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