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Diritti umani

Guinea, 11 anni fa il massacro allo stadio di Conakry. Il processo ancora non inizia

Poco dopo le 12 del 28 settembre 2009 le forze di sicurezza della Guinea aprirono il fuoco su una folla di decine di migliaia di persone che si erano radunate all’interno dello stadio della capitale Conakry per protestare contro l’annuncio dell’allora capo della giunta militare, Dadis Camara, di candidarsi alla presidenza del paese. I morti…

Poco dopo le 12 del 28 settembre 2009 le forze di sicurezza della Guinea aprirono il fuoco su una folla di decine di migliaia di persone che si erano radunate all’interno dello stadio della capitale Conakry per protestare contro l’annuncio dell’allora capo della giunta militare, Dadis Camara, di candidarsi alla presidenza del paese.

I morti furono oltre 150, i feriti centinaia. La soldataglia si rese responsabile di stupri di gruppo ai danni di oltre 100 donne e ragazze.

Per occultare il massacro, le forze di sicurezza chiusero gli ingressi dello stadio e in fretta e furia portarono via i cadaveri per seppellirli in fosse comuni. Molte vittime, a distanza di 11 anni, devono essere ancora identificate.

L’Associazione delle vittime del 28 settembre, dei loro parenti e dei loro amici, Diritti uguali per tutti, l’Organizzazione per i diritti umani della Guinea, la Federazione internazionale dei diritti umani, Human Rights Watch e Amnesty International hanno sollecitato le autorità della Guinea ad avviare finalmente il processo. Avrebbe dovuto iniziare a giugno ma è stato rinviato a causa della pandemia da Covid-19.

Tra difficoltà finanziarie e soprattutto ostacoli politici, le indagini avviate nel febbraio 2010 si sono concluse solo alla fine del 2017.

Sono state rinviate a giudizio 11 persone. Alcune di loro ricoprono tuttora incarichi di alto livello nel governo, come Moussa Tiegboro Camara, a capo della direzione per il contrasto al traffico di droga e alla criminalità organizzata. Altri imputati, come il già citato Moussa Dadis Camara e il suo vice Mamadouba Toto Camara, vivono in esilio in Burkina Faso. Abubakar Diakité, l’assistente di Moussa Dadis Camara, è stato estradato dal Senegal nel 2017.

Nella foto alcuni familiari delle vittime

 

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