L’Unctad, l’agenzia delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, ha pubblicato un report, nel quale ha documentato che ogni anno la fuga illegale di capitali procura all’Africa una perdita di 88,6 miliardi di dollari, il 3,7% del suo prodotto lordo. Si pensi che, nei 15 anni valutati, dal 2000 al 2015, il totale del flusso illegale di capitali all’estero ha raggiunto 836 miliardi, che è persino superiore al debito estero stesso accumulato dal Continente, che ammonta a 770 miliardi di dollari.
In che modo avviene il flusso illegale di capitali? Essenzialmente attraverso corruzione, contrabbando e fatturazione fittizia.
Secondo l’African Development Bank, la corruzione è una piaga che da sola provoca all’Africa una perdita annua di circa 148 miliardi di dollari. Una cifra di gran lunga superiore agli investimenti che sarebbero necessari per fornire l’energia elettrica a tutte le famiglie africane. Si tratta di somme incassate illecitamente da pubblici ufficiali corrotti, allo scopo di favorire condotte illecite da parte di persone fisiche e imprese, e poi trasferite su conti esteri tramite fantasiosi giri bancari, che, in un sistema molto collaudato, ne fanno perdere le tracce.
Fra i soggetti che ricorrono abitualmente alla corruzione ci sono i contrabbandieri, che sono gruppi ben organizzati al servizio, ancora una volta, di grandi imprese transnazionali protagoniste del commercio illegale dei prodotti più vari. Non si tratta solo di legname, ma anche e soprattutto di rifiuti pericolosi e minerali. Secondo l’Organizzazione mondiale delle dogane, la quantità di rifiuti esportata illegalmente è cresciuta del 500% in venti anni, passando da 45 milioni di tonnellate nel 1992 a 222 nel 2012, e del 40% verso i Paesi più poveri, compresa l’Africa. Ovviamente la crescita dell’esportazione dei rifiuti illegali si accompagna alla crescita della corruzione attraverso le mazzette che servono per comprare il silenzio di chi dovrebbe vigilare e imporre il rispetto della legge. Non dimentichiamoci che i governi corrotti dell’Africa spesso sono sotto la regia di Paesi extra-Africa, che hanno grossi interessi economici.
Esattamente come succede nel settore minerario, dove si è sviluppato un fiorente mercato clandestino che, oltre ad avvantaggiare le imprese acquirenti, finanzia i signori della guerra. Oro, zinco e tungsteno sono al centro di traffici illeciti, di cui si servono anche le mafie internazionali per riciclare il denaro sporco proveniente dal commercio di droga e di armi.
In Africa l’economia di diciotto nazioni dipende fortemente dai minerali, ma la loro estrazione è gestita ancora una volta da multinazionali che utilizzano la fatturazione fittizia per trasferire i profitti di tutto il gruppo dove sono tassati di meno. Il che procura un danno enorme all’Africa, che è il Continente a più bassa pressione fiscale. In questo modo, l’Unctad ha stimato che nel 2014 il sistema fiscale africano abbia perso 9,6 miliardi di dollari a favore dei paradisi fiscali, con grave compromissione della spesa pubblica destinata agli africani.
Infatti, è stato appurato, ad esempio, che i governi dei Paesi africani ad alta fuga di capitali spendono in Sanità il 25% in meno e in Istruzione il 58% in meno rispetto a quelli a bassa fuga. Le ricadute si vedono in particolare sulle donne e sulle bambine, che generalmente sono le più escluse da scuola e servizi sanitari. Per non parlare dei neonati. In Sierra Leone, uno dei Paesi del mondo con il più alto tasso di mortalità infantile, si potrebbero salvare 2.322 bambini all’anno se aumentasse la sua spesa sanitaria grazie a una riduzione della fuga di capitali. Mettendo insieme i capitali in fuga da qui al 2030, l’Africa potrebbe ottenere circa metà dei 2.400 miliardi di dollari che le servono per affrontare dignitosamente gli effetti dei cambiamenti climatici.
Insomma, quelli che si arricchiscono in Africa sono i soliti: governi africani corrotti, multinazionali che corrompono, e mafie, che riciclano denaro sporco. Agli africani rimangono le briciole.