Ieri, 15 maggio 2021, Il Generale di brigata Tesfaye Ayalew ha informato, attraverso l’emittente televisiva filo governativa FanaBroadcasting Corporate che un gruppo di combattenti etiopi è stato intercettato e distrutto durante un tentativo di entrare nel paese dal vicino Sudan. Secondo il Generale Ayalew il gruppo sarebbe stato composto da 320 persone armate e i combattimenti si sarebbero svolti presso la città di Humera, nel Tigray settentrionale.
Il Generale etiope afferma che presumibilmente si trattava dimiliziani del ex partito al governo in Tigray: il TPLF. Ha inoltre accusato il Sudan di aver stretto un accordo militare con il Tigray Defense Forces e il TPLF. Contattato dall’Agenzia Stampa Francese il governo sudanese non è stato disponibile per un commento. Khartoum aveva precedentemente negato le accuse di aiutare le TDF in Tigray. Al momento la notizia, oltre ai media filogovernativi etiopi è stata riportata dai media arabi, dalla rete televisiva nigeriana PlusTvAfrica e dal quotidiano ugandese Daily Monitor.
Fonti locali mettono in discussione la versione fornita. “La chiusura delle frontiere con il Sudan è stato uno dei primi obiettivi militari delle ENDF per impedire che parte dell’esercito regionale tigrino si potesse rifugiare nel vicino paese e allestire basi militari per attaccare successivamentel’Etiopia. Dallo scoppio della guerra nel novembre 2020, il grosso delle forze del TDF sono concentrate nel Tigray Centrale, lontano dalla frontiera sudanese.
È più probabile che il conflitto a cui si riferisce il Generale Tesfaye Ayalew riguardi scontri tra le forze etiopi, eritree e sudanesi collegate alla disputa sui confini innescata dalla dirigenza fascista Amhara che di fatto ha fatto scoppiare dal dicembre 2020 una guerra a bassa intensità e non dichiarata tra i tre Paesi. Una guerra che potrebbe evolversi pericolosamente soprattutto se non si riuscirà a trovare un compromesso sul equo sfruttamento delle acque del Nilo e sulla diga etiope GERD” spiega un professore universitario di Addis Ababa protetto da anonimato.
Un esperto militare ugandese, al contrario, non esclude a priori la veridicità delle informazioni date dall’alto ufficiale delle ENDF. “Il TPLF, che controlla le Tigray Defense Forces, è concentrato nel centro Tigray e sta, allo stesso tempo,opponendosi all’ennesima offensiva etiope-eritrea contro le sue roccaforti e lanciando un’offensiva verso il nord e sud del Tigray. Vi sono oltre 60.000 rifugiati tigrini in Sudan.
È probabile che il TPLF stia attuando operazioni di reclutamento e addestramento di giovani rifugiati presso i campi profughi sudanesi. Non sarebbe la prima volta che i campi profughi vengono utilizzati dai movimenti guerriglieri africani per reclutare. È un serio problema a cui UNHCR dovrebbe porre rimedio visto che ha il mandato della gestione di questi campi sparsi nei paesi confinanti alle principali conflitti africani.
L’arruolamento presso i campi profughi, (ammesso che esista) sarebbe facilitato dal famoso patriottismo etnico dei tigrini,rafforzato dal conflitto in corso e dai crimini di guerra commessi dal peggiore dei loro nemici: i loro cugini eritrei. Un altro fattore che potrebbe facilitare l’arruolamento di giovani profughi sono le pessime condizioni dei campi in Sudan, nonostante l’assistenza umanitaria di UNHCR e ONG Internazionali. Sabato scorso è scoppiata una rivolta nel campo profugo di Al-Tanideba, nello stato sudanese di Gararef, vicino al confine etiope. Migliaia di profughi tigrini hanno protestato per le povere condizioni igieniche del campo e per le scarse razioni alimentari fino ad ora ricevute. Le infrastrutture igieniche quali docce e latrine sono collassate alle prime violente piogge. Segno che sono state costruite male e con materiali edili di bassissima qualità.
Se l’ipotesi che dei miliziani TPLF stiano tentando di entrare dal Sudan fosse confermata, non sarebbe di certo una bella notizia per il governo federale di Addis Ababa. Significherebbe che non detiene il controllo delle sue frontiere nonostante il massiccio dispiegamento di forze del ENDF e dell’esercito eritreo impegnate in scaramucce di frontiera con l’esercito sudanese.
La notizia data è inoltre un grossolano errore di tattica militare dettato forse dalla necessità del governo etiope di dare qualche segnale positivo di efficienza che copra la realtà della disastrosa campagna nel Tigray dove le forze etiopi sono state probabilmente decimate dai guerriglieri tigrini. È consuetudine non informare l’opinione pubblica delle operazioni militari in corso, soprattutto se questo potrebbero rivelare delle debolezze del governo e delle forze armate.
Se è stata intercettata una colonna di 320 miliziani che stava oltrepassando il confine, il governo etiope dovrebbe chiedersi e appurare quanti altri miliziani sono già entrati in Etiopia dal Sudan per rafforzare i ranghi del TPLF o per attuare azioni partigiane nei territori occupati dalle truppe eritree, al posto di dare esaltanti notizie di intercettamenti frontalieri. Infine, se passano unità combattenti intere passano anche le armi, le munizioni, il cibo e i medicinali per il TPLF. A mio avviso la notizia conferma la fragilità dell’esercito federale a controllare il territorio nazionale.”
Non avendo dei riscontri né dal governo sudanese né dal TPLF, è difficile comprendere quali delle due possibilità sia reale: infiltrazioni di guerriglieri tigrini dal Sudan o ennesimo affrontamento di frontiera con l’esercito sudanese.
La guerra di confine non dichiarata che coinvolge tre Paesi strategici del Corno d’Africa, riguarda i territori sudanesi di Al-Fashaga illegalmente reclamati dall’Etiopia prendendo la scusa della grande comunità etiope che vive in questi territori. Al-Fashaga rientra nei confini sudanesi secondo il trattato del 1902 tra l’impero britannico e l’Imperatrice Amhara Askala Maryamdetta Zewditu (la Corona), figlia dell’Imperatore Menelik II. Dopo la guerra tra Etiopia ed Eritrea il TPLF nel 2008 aveva raggiunto un compromesso con il regime di Omar El Bashir che prevedeva l’assegnazione dei territori di Al-Fashaga al Sudan a condizione che la comunità Amhara potesse lavorare e vivere in pace.
La presenza della comunità Amhara a Al-Fshaga è una storia che risale alla fine degli anni Ottanta quando, per convenienze politiche, il dittatore sudanese Omar El Bashir permise a decine di migliaia di contadini etiopi di origine Amhara di installarsi nell’area di Al-Fashaga e coltivare la terra. La zona contestata rientra nella provincia orientale sudanese di Al –Qadarif e confine con gli stati regionali etiopi del Tigray e dell’Amhara.
La disputa frontaliera con il Sudan è opera della dirigenza nazionalista Amhara che iniziò a rivendicare i territori sudanesi due settimane dopo il golpe istituzionale attuato dal Premier Abiy per far cadere la coalizione di governo controllata dal TPLF e sostituirla con il Prosperity Party, un partito sorto dal nulla sotto controllo della dirigenza Amhara e fondato da Abiy.
Dal 2020 il Prosperity Party si trova alla guida del governo senza essersi sottoposto al giudizio degli elettori. Giunge ora la notizia che le elezioni amministrative e legislative, (già rinviate nel 2020) hanno subito un ulteriore rinvio. Si dovevano tenere il prossimo 5 giugno. L’obiettivo primario del P.P. è quello di abrogare la Repubblica Federale per instaurare un governo centrale forte e autoritario. Un progetto fin troppo assomigliante al quello nutrito alla dirigenza nazionalista Amhara che sogna di imporre nuovamente il controllo etnico sul Paese come ai tempi degli Imperatori della Dinastia Salomonica.
Dallo scorso dicembre si sono verificati diversi scontri di frontiera con perdite da entrambe le parti. La zona è militarizzata e controllata da divisioni sudanesi, eritree ed etiopi pronte a lanciare un’invasione su larga scala o a difendersi. Alla fine di aprile l’esercito sudanese è riuscito a controllare il confine orientale con l’Etiopia, schierando diverse divisioni in pieno assetto di guerra per proteggere le aree agricole del Al-Fashaga.
Il massiccio dispiegamento di forze al confine ha sensibilmentediminuito i raid militari in territorio sudanese compiuti dagli eserciti etiope ed eritreo e dalle milizie Amhara. Durante la recente visita del dittatore eritreo Isaias Afwerki a Khartoum il governo sudanese gli ha chiesto di interrompere il supporto offerto all’Etiopia che rappresenta una diretta minaccia verso il Sudan.
Il 28 aprile il Tenente Generale Issam Mohammad Hassan Kararaveva dichiarato che il Sudan non cerca una soluzione militare per risolvere i problemi dei confini e della diga etiope GERD in quanto fermamente convinto che vi siano ampie possibilità di risolvere pacificamente. L’affermazione del Generale Karar è stata confermata da Idris Al-Hadi, membro di spicco del Consiglio Sovrano di Transizione (il governo provvisorio sudanese) e leader del Al-Jabhat Al-Thawriyat Al-Sudan (conosciuto in occidente con il nome in inglese: Sudanese Revolutionary Fronte), una alleanza di partiti di opposizione e membri della società civile che giocò un ruolo cruciale nella rivoluzione araba e nella destituzione del dittatore Bashir nel 2019.
A distanza di soli tre giorni (il 1° maggio) gli stessi attori politici sudanesi hanno improvvisamente rivendicato la sovranità non solo dei territori contestati ma, addirittura, della regione etiope di Benishangul-Gumuz (confinante con il Sudan) dove sorge la mega diga GERD, che a sua volta è frutto di un altro serio contenzioso che coinvolge anche l’Egitto.
Qualunque sia la versione reale degli scontri di frontiera avvenuti venerdì, si nota che l’esercito federale etiope ha una grossa difficoltà a controllare la frontiera con il Sudan, come ha fatto notare l’esperto militare ugandese contattato. A testimonianza di ciò giunge la notizia di una nuova ondata di profughi etiopi è arrivata ieri nello stato del Sudan orientale di Gadaref in seguito all’ondata di combattimenti tra i gruppi etnici Gumuz e Amhara che si stanno consumando nella zona di Tamat, guarda caso proprio nella provincia di Benishangul-Gumuz. Con i nuovi arrivi salgono a 3.052 i rifugiati etiopi in Sudan provenienti da Benishangul-Gumuz.