vai al contenuto principale

Etiopia, Organizzazione mondiale sanità: “Nessuna crisi al mondo come nel Tigray”

Il divieto di accesso alle informazioni, il clima ostile ai media internazionali e il disinteresse della comunità internazionale hanno di fatto reso il conflitto etiope, che dura da ben 18 mesi, un evento di circostanza, da annoverare tra le 70 crisi esistenti al mondo, di cui dimenticarsi presto.

Un conflitto, quello che si è espanso a macchia d’olio nel paese, sul quale i riflettori non si sono mai accesi, nemmeno ad intermittenza.

Le parole del dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore del World Health Organization, l’OMS, contenute nel documento pubblicato ieri, sono un grido d’allarme: il disperato tentativo di riportare all’attenzione della comunità internazionale, una crisi senza precedenti nella storia, quella che da un anno e mezzo ed oltre sconvolge il Tigray.

Un conflitto che ha assunto altre forme ed ha interessato altre regioni, come quella Afar e quella Ahmara, andando ad ingrossare le fila dei disperati rimasti imbottigliati nei combattimenti, aumentando la necessità di un intervento immediato, in termini di sicurezza, cibo e salute.

Il cul de sac nel quale sembrano finiti gli aiuti umanitari, a causa del blocco che va avanti da ben 8 mesi, è l’ennesimo colpo alle spalle inferto alla popolazione che necessita di aiuto immediato.

“In Etiopia, 6 milioni di persone nel Tigray sono state bloccate dalle forze etiopi ed eritree per quasi 500 giorni, isolate dal mondo esterno.
Non c’è quasi carburante, contanti e comunicazioni.
Nessun aiuto alimentare è stato consegnato da metà dicembre. L’83% della popolazione ha problemi alimentari. I nostri partner stanno finendo il poco cibo che hanno e il carburante per trasportarlo.
Circa tre quarti delle strutture sanitarie valutate dall’OMS sono state danneggiate o distrutte.
A febbraio, l’OMS ha trasportato in aereo oltre 33 tonnellate di medicinali e altri rifornimenti nel Tigray – sufficienti per 300mila persone – la prima volta che siamo stati in grado di consegnare rifornimenti dal luglio dello scorso anno.
Nelle ultime due settimane, l’OMS e i nostri partner hanno distribuito forniture a 65 strutture sanitarie nel Tigray, ma è necessario molto di più e ora ci stiamo preparando a inviare altre 95 tonnellate di forniture, ma non è stato ancora concesso alcun permesso.
Stimiamo che siano necessarie 2.200 tonnellate di forniture sanitarie di emergenza per rispondere a bisogni sanitari urgenti in Tigray. Sono state consegnate solo 117 tonnellate, meno dell’1% di quanto necessario.
Ma senza carburante, anche se riusciamo a rifornirci, portarli dove devono andare è molto difficile, se non impossibile.
Anche la situazione umanitaria nella vicina regione di #Afar continua a deteriorarsi, con decine di migliaia di persone sfollate e bisognose di cibo, riparo e servizi sanitari.
Ma mentre sono colpite anche le regioni vicine di Afar e #Amhara, abbiamo avuto un accesso molto migliore a queste due regioni rispetto a quello del Tigray.
Qual è l’impatto di tutto questo? Le persone stanno morendo.
Non ci sono cure per 46.000 persone che hanno bisogno di cure per l’HIV e il programma è stato abbandonato. Anche le persone con tubercolosi, ipertensione, diabete e cancro non vengono curate e potrebbero essere morte.
A causa della mancanza di carburante, alcuni dei nostri partner devono ridimensionare le loro operazioni.
La situazione è catastrofica.
Il blocco delle comunicazioni, compresa la possibilità per i giornalisti di riferire dal Tigray, significa che rimane una crisi dimenticata, lontana dalla vista e lontana dalla mente.
“Sì, vengo dal Tigray e questa crisi colpisce me, la mia famiglia e i miei amici in modo molto personale.
Ma come Direttore Generale dell’OMS, ho il dovere di proteggere e promuovere la salute ovunque sia minacciata”.
Non c’è nessun posto al mondo in cui la salute di milioni di persone sia più minacciata che nel Tigray.
Proprio come continuiamo a chiedere alla Russia di fare la pace in Ucraina, così continuiamo a chiedere a Etiopia ed Eritrea di porre fine al blocco – l’assedio – e consentire un accesso sicuro a forniture umanitarie e lavoratori per salvare vite umane.
La pace è l’unica soluzione: in Ucraina, Yemen, Afghanistan ed Etiopia”.
Il dato. In rosso i camion di aiuti umanitari necessari a rispondere all’emergenza alimentare nel Tigray. In blu, gli aiuti umanitari giunti a destinazione.
Torna su