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Tunisia, sale la tensione nella regione di Sfax. Manifestante ucciso durante le proteste

“Mi sembra di regredire sempre di più. Ormai la Tunisia è di nuovo nelle mani dei militari: schierare l’esercito per impedire alla gente di manifestare è un tradimento agli impegni assunti con le giovani generazioni eredi delle Primavere Arabe”.
A parlare è Khalid Abusim, attivista e studente di ingegneria tra i leader delle nuove proteste nel “paese dei gelsomini”.
Il presidente tunisino Kaïs Saïed per contenere le manifestazioni animate ad Agareb, piccola cittadina di 10mila abitanti a 20 chilometri a ovest di Sfax, il polo industriale del Paese nordafricano, ha mandato i militari con “l’obiettivo di sedare le sommosse”.
“Da sabato  stanno arrivando centinaia di mezzi carichi di soldati – prosegue Abusim – abbiamo documentato tutto con video. Ci sono state violenze contro persone inermi” il suo sfogo.
Secondo le autorità tunisine l’azione repressiva si è resa necessaria quanto i manifestanti hanno dato fuoco a un commissariato di polizia e negli scontri con gli agenti è rimasto ucciso un dimostrante, Abderrazzek Achhab, 38 anni.
Il ministero dell’Interno ha negato che l’uomo sia morto nel corso delle proteste ma che i sanitari che lo hanno assistito ne hanno dichiarato la morte a casa sua, a 6 chilometri di distanza dal luogo degli scontri.
“Negano l’evidenza – afferma Khalid – I genitori di Abderrazzek hanno confermato che il figlio è deceduto dopo essere stato colpito da una granata con gas lacrimogeni e lo hanno denunciato pubblicamente”.
Fonti giudiziarie di Sfax hanno diffuso la notizia che le autorità tunisine hanno aperto un’indagine sulla morte del dimostrante e che è stata effettuata  l’autopsia sul corpo dell’uomo per accettarne le cause della morte.
Il portavoce del tribunale di Sfax, Mourad Turki, ha fornito I primi rilievi  preliminari secondo cui “è probabile che il defunto sia morto per cause naturali, poiché l’esame ha rivelato la presenza di grave insufficienza cardiaca e completo blocco dell’arteria coronaria sinistra e segni di congestione dal cuore al muscolo sinistro”.
La famiglia ha contestato tali rilievi e attraverso il proprio legale ha chiesto che l’esame autoptico venga eseguito da un consulente esterno.
Il portavoce del tribunale, sollecitato sulle posizioni dei familiari del dimostrante morto, ha aggiunto che il caso non è chiuso e che “la ricerca per determinare le cause esatte della sua morte è ancora in corso e sono stati prelevati campioni di tessuto e sangue per supplementari analisi biologiche e tossicologiche”.
Ieri è stato dichiarato uno sciopero generale e una manifestazione di protesta per la morte del manifestante che ha coinvolto sia lavoratori del settore privato che pubblico chiamati a raccolta dal potente centro sindacale UGTT.
I sindacati denunciano “il selvaggio intervento degli agenti di sicurezza” contro i manifestanti.
Migliaia di persone hanno anche preso parte a una marcia per protestare contro le violenze attribuite alla polizia e per chiedere la chiusura della discarica contesa.
Le forze di sicurezza hanno impedito al corteo di raggiungere la discarica disperdendolo  con gas lacrimogeni.
La regione di Sfax, seconda città della Tunisia e un importante snodo economico del Paese e ha visto animarsi nelle ultime settimane proteste contro i rifiuti che invadono strade e marciapiedi e minacciano la salute dei residenti.
La principale discarica della regione, situata ad Aguereb, è stata chiusa alla fine di settembre sotto la pressione della popolazione che sostiene che il sito è già saturo e protesta contro lo scarico di rifiuti chimici quando il luogo dovrebbe essere destinato solo alle famiglie dell’area.
I comuni della regione si sono successivamente rifiutati di raccogliere i rifiuti, ritenendo che lo Stato non avesse trovato soluzioni concrete e praticabili al problema posto dalla gestione dei rifiuti.
Lunedì scorso le autorità hanno deciso di riaprire lil sito, provocando una nuova ondata di proteste.
Le difficoltà legate al trattamento dei rifiuti sono ricorrenti in Tunisia, un piccolo Paese di 12 milioni di abitanti. Secondo diverse organizzazioni internazionali, la maggior parte dei 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti raccolti ogni anno viene seppellita nelle discariche, senza essere trattata o incenerita, e solo una piccola quantità viene riciclata.
La tensione nella cittadina tunisina si è alzata quando  elle scorse settimane il ministero dell’Ambiente, in accordo con la presidenza della Repubblica, il primo ministro Najla Bouden e il dicastero dell’Interno, ha disposto che venisse ripresa l’attività nella discarica di Agareb, giustificando la decisione per “intervenuta riduzione dei rischi sanitari, ambientali ed economici nel governatorato”.
“A spingere verso questa soluzione è la crisi dei rifiuti che attanaglia la provincia di Sfax” osserva  Majdi Karbai, deputato tunisino trentasettenne eletto alle Politiche del 2019 con la Corrente democratica (Attayar) ricordando che nel porto di Sousse “ci sono ancora 7.900 tonnellate di rifiuti Italiani entrati illegalmente in Tunisia, nonostante la decisione del Consiglio di Stato italiano di rimpatriarli”.
Insomma una situazione esplosiva che rischia di ampliarsi in altre aree del paese, già destabilizzato dai problemi politici e l’esautoramento del Parlamento tunisino su decisione del presidente Saïed e la nomina della nuova prima ministra considerata una marionetta nelle mani del capo di stato.

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