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Sudan, vince la piazza: al via negoziati per governo civile

Il popolo vince. Per ora. Il Consiglio militare a interim in Sudan si piega alla protesta di piazza avviando negoziati con l’Associazione dei professionisti sudanesi e i partiti dell’oppposizione per l’istituzione di un governo civile. Intanto è stato  sospeso il coprifuoco e il capo del Servizio di sicurezza ed intelligence Salah Ghosh, ritenuto responsabile alla pari del presidente Omar Hassan al Bashir, delle repressioni degli ultimi mesi, si è dimesso.

Il presidente Abdel-Fattah Al-Burhan ha inoltre promulgato un decreto che conferma la lista dei dieci generali che comporranno il consiglio a interim. Ne faranno parte, oltre a Al-Burhan, il vice presidente Mohamed Hamdan Daqlu e altri otto membri. Tutti hanno già prestato giuramento.

Soddisfatta l’Aps che ha consegnato una lista di richieste tra cui, oltre alla creazione di un governo di transizione formato da civili come ha annunciato Omar al-Digair, capo della delegazione composta da 10 membri che ieri ha incontrato il Consiglio militare al quartier generale dell’esercito, il rilascio di circa 50 studenti originari del Darfur, regione occidentale del Paese dove è in corso una guerra civile, e la riforma dei servizi di sicurezza.

Il Consiglio militare transitorio, a due giorni dalla caduta  di Bashir e dalle dimissioni  dell’ex ministro della Difesa e vicepresidente Awad Ibn Auf, che aveva assunto il potere, ha scelto una linea più conciliante. Soprattutto per evitare un bagno di sangue.

Il predecessore di Burhan e gli altri generali a lui fedeli, legati agli islamisti, erano  considerati dai manifestanti che protestavano  da quattro mesi come ‘compromessi’ col regime di Bashir. In particolare Ibn Auf, sottoposto a sanzioni Usa con l’accusa di aver armato e guidato, quando era capo dei servizi segreti, la famigerata milizia dei Janjaweed, i “diavoli a cavallo” distintisi per efferatezze nella guerra civile in Darfur degli anni Duemila. A guidare la giunta é arrivato Abdel-Fattah Burhan, un generale più ‘pulito’ senza palesi pendenze per i 300 mila morti del Darfur e considerato un ‘islamista’. Da subito è apparso aperto al dialogo, era fra i militari che giovedì avevano incontrato i manifestanti per cercare di indurli ad abbandonare l’oceanico sit-in che da una settimana assediava il quartier generale delle forze armate, è stato considerato dall’opposizione un interlocutore accettabile. Almeno in queste fasi di assestamento. La massa di persone che dal 19 dicembre invoca libertà e democrazia vuole che al più presto prendano il controllo ii civili.

Tollerando il sit-in permanente e revocando il coprifuoco notturno, imposto dai golpisti ma ignorato dal raduno, Burhan a dimostrato un’impo apertura.

In un proclama letto in tv, il generale ha confermato che la transizione sarà monitorata dai militari per due anni ma il governo civile chiesto dai manifestanti si insedierà molto prima. Burhan ha inoltre promesso uno “sradicamento” del regime anche attraverso la sostituzione con militari di tutti i governatori provinciali. Ha inoltre prospettato sia processi per chi ha sparato sui contestatori che per coloro che lo hanno ordinato, sia la scarcerazione di chi é stato arrestato sotto lo stato d’emergenza imposto da Bashir.

Un passo importante: non può esserci democrazia e libertà senza giustizia.

Credits foto Gianluca Costantini

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