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Mali, espulso l’ambasciatore francese mentre cresce l’influenza russa

Poche righe di un comunicato letto alla televisione nazionale del Mali, dove il governo di Bamako intima all’ambasciatore francese di abbandonare il paese entro 72 ore, fotografano in pieno le deriva dei rapporti fra il Paese africano e Parigi.  Una rapida convocazione al Ministero degli Esteri e un perentorio invito a partire per l’ambasciatore Joel Meyer sono la risposta alle parole del Ministro degli Esteri francese Jean-Yives Le Drian che aveva bollato come illegittimo il governo militare maliano. Le parole del rappresentante del Quai d’Orsay sono state definite oltraggiose e ostili dalla giunta militare guidata dal Colonnello Assimi Goita e potrebbero mettere la parola fine ai rapporti franco-maliani. Ovviamente le parole sono la scusa e i fatti la realtà. La Francia è intervenuta militarmente con l’operazione Barkhane in Mali nel 2013, quando i ribelli Tuareg e gli islamisti stavano marciando verso la capitale. Ma dopo quasi 9 anni di costosissimo intervento militare e con risultati molto deludenti, il Presidente Macron ha deciso di smobilitare dal paese africano. La prima reazione è stata sdegnata e il governo di Bamako ha accusato la Francia di volerli abbandonare. A sparigliare le carte in tavola è stata la sorprendente e organizzata azione jihadista, che ha completamente destabilizzato tutto il Sahel. In questi anni il numero di vittime civili non ha mai smesso di aumentare, mentre la zona di insicurezza si è allargata nonostante il rafforzamento del dispositivo militare internazionale: prima la missione francese Barkhane, poi i caschi blu della Minusma, gli addestratori europei dellEutm  e infine Takuba, l’ultima nata che ha riunito le forze speciali di diversi paesi europei, compreso un importante contingente militare italiano. L’inadeguatezza della risposta al fenomeno jihadista spiega i continui colpi di stato che in meno di un anno hanno colpito due volte il Mali, la Guinea, il Ciad e nelle ultime settimane anche il Burkina Faso. Oggi la difesa del Mali, stato chiave nello scacchiere geopolitico del Sahel, è in mano al Wagner Group una milizia di ex forze speciali russe che è già presente in Libia, Sudan e nella Repubblica Centrafricana. Tramite questo canale ufficioso e mai riconosciuto Mosca prende il controllo economico delle risorse dei Paesi africani, estromettendo in molti casi proprio i francesi. L’espansionismo di Mosca nella regione sembra inarrestabile con un domino che potrebbe portare alla corte di Putin anche la Guinea-Conakry e il Burkina Faso. Intanto nei giorni scorsi l’Italia ha finalmente giocato un ruolo attivo nella risoluzione delle problematiche del Mali, convocando a Roma i rappresentanti dei gruppi ribelli del nord del Paese. Nel’incontro promosso dalla Farnesina era presente anche l’ex candidato alle presidenziali Mohamed AgAcherif, i miliziani di Ganda Iso e i movimenti tuareg indipendentisti dell’Azawad, che vorrebbero creare il proprio statonel nord del Mali, ma che sono pesantemente infiltrati dai rappresentati africani di  Al Qaeda.. Un incontro nato per cercare di riavvicinare il governo di Bamako alla galassia di gruppi e gruppuscoli che agiscono nel Paese africano. Nel frattempo la propaganda russa lavora alacremente alimentando tutti i sentimenti anti- francesi e anti-occidentali, tanto che la popolazione maliana sembra pronta a seguire il governo militare che ha già espulso il contingente della Danimarca e vede ormai Mosca come l’unico partner credibile per ristabilire la pace nel martoriato Mali.

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