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La schiavitù dei bambini africani nella lavorazione del cioccolato

Le tavolette di cioccolato piacciono a tutti, adulti e piccini. Ma per molti bambini africani la lavorazione del cacao ha un solo significato: schiavitù.

La Costa d’Avorio è infatti il più grande produttore mondiale di cacao: il 40% delle fave raccolte nel mondo proviene da questo Paese. Il Ghana è il secondo produttore di cacao al mondo. L’ UNICEF ha calcolato che ci siano circa 200.000 bambini che lavorano in questo settore in condizioni molto dure. Lavorano con i machete e hanno uno spray sulla schiena per diffondere il glifosato sulle piante, che è considerato probabile cancerogeno dall’Oms. L’intera regione dell’Africa occidentale rappresenta il 70% della produzione mondiale di cacao, un settore che occupa 2,2 milioni di bambini ( Fonte: Cacao Barometer, 2018). Bambini, che come tutti i bambini del mondo, dovrebbero giocare e avere diritto all’istruzione e alla salute.

La maggior parte dei bambini che lavorano il cacao in Costa d’Avorio non sono ivoriani, ma vengono dal Burkina Faso. Arrivano qui tramite i trafficanti e trovano la loro sistemazione nella foresta senza i loro genitori, senza scuola e cure ospedaliere. Sono imprigionati, non possono tornare alle loro famiglie perché non hanno i soldi per farlo. Lavorano per mangiare, e basta. In una parola, sono schiavi. Qualcuno di loro, “più fortunato”, dopo qualche anno, potrà ottenere il diritto a un piccolo appezzamento, che coltiverà per poi vendere il raccolto.

Da anni la Costa d’Avorio subisce invano pressioni anche dall’Unione Europea per le condizioni di sfruttamento minorile in cui tiene i bambini che lavorano il cacao. Qualcosa ogni tanto si muove e, ad esempio, come dichiarato dal Comitato Nazionale di monitoraggio sul lavoro minorile, dal 2012 al 2020 sono stati avviati 600 procedimenti giudiziari contro i trafficanti di bambini, la metà dei quali nel 2020 (Fonte: Reuters).

Eppure si sa da tempo che si potrebbe fare di più: basterebbe un aumento del prezzo del cacao del 2,8% per poter potenzialmente eliminare lo sfruttamento minorile nella lavorazione del cacao ad esempio in Ghana, secondo i dati di uno studio di Jeff Luckstead e Lawton L.Nalley della University of Arkansas, pubblicato sulla rivista PLOS ONE  nel 2019.

Oppure si potrebbero ridurre i profitti delle multinazionali che producono la cioccolata e così eliminare lo sfruttamento minorile. Ma si preferisce voltarsi dall’altra parte e lasciare tutto com’è. Ancora una volta, i profitti vendono prima dei diritti umani, anche di quelli di bambini innocenti che vorrebbero essere solo bambini.

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