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“Une solution pour l’Afrique”, recensione del nuovo libro di Kako Nubukpo

È un gran peccato che quest’autore non sia tradotto in italiano. Ecco il suo nuovo libro: profondo, originale, concreto e ben documentato sul futuro dell’economia africana.
Il continente è il target privilegiato del nuovo “scramble for Africa” assai simile a quello del XIX secolo quando le nazioni europee della rivoluzione industriale si spartirono il continente. Difficile comprendere il successo della rivoluzione industriale europea senza le risorse naturali che ne hanno foraggiato lo sviluppo. L’occidentalizzaziome del mondo (dell’Africa) era prima di tutto un’operazione economica prima ancora che politica e di “missione civilizzatrice”. Similmente oggi, nell’era della globalizzazione super potenze (USA-Cina), potenze medie (Russia, Giappone, Turchia…) e piccole potenze sono entrati in competizione nel continente. Triste constatare che 5 secoli dopo l’imperialismo mercantile dell’epoca delle grandi navigazioni (Spagna, Portogallo e altri) e del commercio triangolare e la vergognosa tratta degli schiavi trattati come merci, il ruolo dell’Africa nella divisione internazionale del lavoro sia rimasto immutato. Era e rimane un’immenso serbatoio di materia prima di natura vegetale o minerario.
L’Africa deve mettere fine a questa economica subalternizzata e rompere la logica di predazione, del centro che sfrutta la periferia considerata serbatoio grezzo senza valore aggiunta.
Quest’autore togolese offre delle soluzioni afro africane che meritano di essere conosciute, approfondite e applicate dai decisori politici che devono smettere di essere delle élite off-shore, lontane dalle aspirazioni dei popoli e che fungono da semplici intermediari di affari tra le loro nazioni e il mondo esterno. L’economia nelle afriche deve tornare, dopo secoli, ad essere “oikos nomos”, attenzione e cura alle cose della casa, cioè dei bisogni essenziali delle persone nella logica del “basic needs are basic rights (i bisogni essenziali sono diritti fondamentali). Ecco perché la cooperazione, sia quella istituzionale che quella privata delle ONG e delle associazioni, deve avere come bussola le persone, i luoghi concreti dove producono e riproducono la ricchezza materiale e simbolica ovvero cultura, identità, nuove socialità. Cooperazione e’ contribuire all’epidemia delle afriche, riconciliate con se stesse, con il loro passato declinando le condizioni per il loro futuro.

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