“Aiuto” ha gridato il quindicenne Seyed Mehdi. Il giovanissimo profugo afghano è stato torturato sotto gli occhi impotenti di alcune donne presenti in quel momento per la strada. Fonti in Iran riportano che la polizia lo avrebbe colpito durante un’operazione di controllo nel villaggio di Absard, nella contea di Damavand, provincia di Teheran. Il video diffuso da Afghanistan International mostra due ufficiali in divisa e uno in borghese che colpiscono il ragazzo, lo gettano a terra, gli legano braccia e gambe, poi uno di loro gli mette il ginocchio sul collo fino a spezzarglielo. Si sente Seyed prima urlare disperato e poi… silenzio. La sua colpa? Non aver risposto alla polizia, poiché ipoudente, come ha confermato la madre,
e aver tentato di scappare, per sfuggire alla violenza di una polizia ormai tristemente per la sua brutalità. “Mio figlio è sordo e non ha sentito i poliziotti. Non hanno creduto neanche a quello che dicevo io”. Le sue condizioni sono disperate.
Recentemente si sono moltiplicati gli interventi di repressione delle forze di sicurezza iraniane contro i migranti provenienti dall’Afghanistan, che sembrano essere presi di mira.
Con lo slogan “Espulsione per gli Afghani, un’esigenza nazionale” molti media e social media iraniani filogovernativi stanno alimentando da tempo una campagna contro i migranti, chiedendo che vengano cacciati dal paese e rimpatriati, nelle mani dei Talebani.
In Iran ci sono quasi un milione di rifugiati provenienti dall’Afghanistan, dal 2021
senza diritti, che vengono vessati e incarcerati con ogni scusa, così come avviene alle altre minoranze dei curdi, dei baluchi, degli azeri. Sparizioni, torture e maltrattamenti sono all’ordine del giorno. I membri della comunità Baha’i, la più ampia comunità non musulmana del paese, non possono studiare, lavorare, comprare case, secondo il report di Human Rights Watch.
Come dice Masih Alinejad
“È l’immagine di un governo che mette il piede sul collo di milioni di persone e fa pressione senza pietà, a cui non importa se sei un adulto, un bambino, una donna o un uomo, un cittadino o un migrante” dice Masih Alinejad.