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Uganda, il 14 gennaio paese al voto in un clima di repressione e terrore

Il 14 gennaio si vota in Uganda per eleggere presidente, parlamento e rappresentanti locali. L’immarcescibile presidente Yoweri Kaguta Museveni, al potere da 34 anni, corre per un sesto mandato e, com’è suo costume, non ha mancato tra un comizio e l’altro di prendersela con la comunità Lgbtiq, accusandola di prendere ordini dall’estero e di “non volere la stabilità e l’indipendenza dell’Uganda”.

La campagna elettorale, iniziata il 9 novembre, è stata caratterizzata da uccisioni di manifestanti, attacchi contro i sostenitori e i militanti dell’opposizione e intimidazioni contro difensori dei diritti umani, rappresentanti della società civile e giornalisti.

Secondo fonti ufficiali, i morti nelle proteste sono stati 54 solo il 18 e il 19 novembre, a seguito dell’arresto provvisorio del noto cantante e leader dell’opposizione Robert Kyagulanyi, noto come Boby Wine.

A novembre l’Ufficio nazionale per le organizzazioni governative ha sospeso le attività del neonato National Election Watch e il mese dopo sono stati congelati i conti bancari dell’Uganda National Ngo Forum e dell’Uganda Women’s Network per accuse non provate di finanziamento del terrorismo.

A dicembre la Rete dei giornalisti per i diritti umani ha denunciato oltre 100 casi di violazioni dei diritti umani, soprattutto attacchi da parte della polizia, nei confronti di colleghi che stavano seguendo i comizi dei candidati. L’Associazione della stampa estera, a sua volta, ha segnalato tre attacchi contro suoi iscritti.

Addirittura, le stesse norme per il contrasto alla pandemia da Covid-19 sono state prese a pretesto per la repressione politica: il 26 dicembre la Commissione elettorale ha infatti sospeso tutti i raduni politici in 10 distretti del paese, considerati roccaforti dell’opposizione.

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