La scorsa settimana la redazione di Focus On Africa ha ricevuto dall’Ambasciata etiope a Roma una lettera di disappunto sugli articoli pubblicati a firma del “terrorista” Fulvio Beltrami, giudicati faziosi, non etici, unilaterali e non veritieri. Un chiaro tentativo di censurare giornalisti e media stranieri che, considerando l’autonomia zero del corpo diplomatico etiope, è stata probabilmente decisa dal governo centrale di Addis Ababa.
Lo stesso governo che finanzia, organizza e diffonde sul web una montagna di fakenews tramite la sua agenzia di controllo cibernetico: Ethiopian Information Network Security Agency (INSA), fondata dal Premier Abiy nel 2008 e da lui diretta fino al 2010.
Questo è quello che riferisce la piattaforma di sorveglianza per la corretta informazione: Journalism.co.uk. L’indagine è stata fatta in collaborazione con l’associazione HawCheck che verifica l’attendibilità delle notizie diffuse sui social tramite staff multilingue e ricercatori. La HawCheck offre a molti paesi africani gli strumenti di verifica e analisi delle notizie pubblicate.
Il mese scorso, Facebook ha rimosso dozzine di account falsi in Etiopia che prendevano di mira utenti domestici di origine Tegaru, Oromo e giornalisti stranieri. Un’indagine condotta da Journalism.co.uk ha rivelato che gli account falsi erano collegati all’agenzia di Stato INSA. Si tratta di un numero incredibile di fake account: circa 1,1 milioni e 766.000 falsi social groupforum. Ogni account di media sfornava 12 fakenews al giorno.
L’operazione ideata e gestita dall’INSA aveva scelto Facebook come piattaforma di diffusione in quanto il social media è la principale fonte di notizie digitali nel Paese. L’INSA contava sulla mancanza di verifica delle news pubblicate e sui bassi livelli di alfabetizzazione mediatica della maggioranza degli etiopi, incapaci di vagliare tra notizie vere e false. Una ricetta perfetta per un colossale opera di disinformazione per scopi etnico-politici.
L’uso dei social media in Etiopia è relativamente basso rispetto ad altri paesi, ma il numero di utenti dei social sta aumentando rapidamente, in particolare in occasione di eventi come le elezioni nazionali. Secondo Datareportal, circa 6,7 milioni di etiopi utilizzano i social media – circa il 6% della popolazione – ma il loro numero è cresciuto di mezzo milione solo nel 2020.
Il pubblico tradizionale (privo di accesso internet) si affida in gran parte alle agenzie di stampa di proprietà del governo per ottenere le proprie informazioni e anche la maggior parte dei media privati, più o meno filo-governativa. Quando si tratta di notizie digitali, tuttavia, la maggior parte degli etiopi si rivolge a Facebook.
“L’ambiente di Facebook è principalmente diviso in due: quelli che sono a favore del governo e quelli che sono contrari“, spiega Ayalew, esperto presso Journalism.co.uk, aggiungendo che entrambe le parti sono colpevoli di diffondere informazioni errate e disinformazione sulla piattaforma. L’indagine ha stabilito che il governo è responsabile del 70% delle fakenews diffuse mentre le opposizioni (Tegaru, Oromo o di altri gruppi etnici) del rimanente 30%.
La stragrande maggioranza di notizie false trasmesse dalla INSA sono redatte in lingua amarica (82%) rispetto ai testi in inglese (18%). Due i principali motivi: l’amarico è una lingua più diffusa in Etiopia rispetto all’inglese e una lingua poco conosciuta a livello internazionale, quindi più facile da sfuggire ai software di controllo di Facebook che lavorano su parole chiavi.
Le fakenews diffuse su Facebook e altri social media dal governo etiope nel 54% riguardano notizie inventate di sana pianta, nel 32% dei casi di notizie vere ma alterate a scopi politici e nel 14% dei restanti casi puri incitamenti all’odio etnico.
La maggior parte delle notizie false sono frutto di“fabbricazioni”, ovvero affermazioni prive di fondamento spesso associate alla manipolazione delle immagini con lo scopo di influenzare il pubblico nazionale ed internazionale. Tra i principali argomenti preferiti dalla INSA per le fakenews vi sono: crimini addebitati al TPLF e al OLA compreso utilizzo di bambini soldati, mega diga GERD, federalismo, guerra in Tigray, corruzione, relazioni internazionali.
La INSA ha negato ogni coinvolgimento nella diffusione di fakenews online, nonostante le prove presentate da Journalism.co.uk. L’associazione HawCheck sottolinea che l’Etiopia ha ottimi strumenti legislativi e di controllo per impedire la diffusione delle fakenews e combattere la disinformazione.
Un’opera di controllo facilitata tecnicamente dal fatto che esisteuna sola compagna di telecomunicazioni operante nel paese: laEthio Telecom e dalla legge contro le Fakenews in vigore dal 2008 e rivista (con misure più restrittive) nel 2021.
Purtroppo questi strumenti tecnici e leggi sono utilizzate dal governo etiope contro i media e giornalisti etiopi non allineati alla propaganda ufficiale che tentano di diffondere vere notizie che, ovviamente, il regime non gradisce.
Per maggior informazioni si consiglia la lettura del rapporto: “Fakenews, disinformazione e discorsi di odio in Etiopia: una valutazione della vulnerabilità” redatto nell’aprile 2021 dall’Istituto Europeo per la pace e consultabile al link: https://www.eip.org/wp-content/uploads/2021/04/Fake-News-Misinformation-and-Hate-Speech-in-Ethiopia.pdf