Mentre gli Stati Uniti si apprestano a rimuovere il Sudan dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo, è atteso un annuncio ufficiale nelle prossime ore, il primo ministro sudanese Abdallah Hamdok ha ricevuto a Khartoum la procuratrice generale della Corte penale internazionale (Cpi), Fatou Bensouda, impegnandosi a cooperare con l’organizzazione al fine di ottenere giustizia sui crimini perpetrati in Darfur.
“Il nostro impegno per ottenere giustizia per i nostri cittadini non è solo il risultato dei nostri impegni internazionali, ma una risposta diretta alle aspirazioni del nostro popolo a realizzare gli slogan della gloriosa Rivoluzione di Dicembre”, ha scritto il premier su Twitter a margine dell’incontro con la procuratrice, in visita in Sudan. All’incontro – riferisce “Sudan Tribune” – hanno partecipato anche il ministro dell’Interno Omer Monis e il ministro della Giustizia, Nasr al-Din Abdel-Bari, mentre Hamdok ha definito “storica” la visita della procuratrice, affermando che questa è prova del “grande cambiamento avvenuto e che sta continuando nel nostro Paese”.
La Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto contro l’ex presidente Omar al-Bashir e due alti funzionari, nonché contro miliziani accusati di crimini contro l’umanità in Darfur come Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman (noto come Ali Kushayb), oggi agli arresti a L’Aja. Tutti e tre sono stati incriminati per genocidio, crimini contro l’umanita’ e crimini di guerra, commessi durante la campagna di contro-insurrezione in cui secondo le Nazioni Unite sono state uccise circa 300 mila persone.
Per la procuratrice Bensouda, la visita in Sudan ha due obiettivi principali. Il primo, informare i funzionari sudanesi sul lavoro dell’accusa e sulla giurisdizione della Corte penale internazionale: in linea con il principio di complementarità, il governo del Sudan ha il diritto di perseguire i crimini del Darfur, ed il tribunale dell’Aja può esercitare la sua giurisdizione solo se gli ordinamenti giuridici nazionali non lo fanno. Secondo obiettivo della visita è per Bensouda quello di concordare le modalità di cooperazione con le autorità sudanesi nella raccolta di informazioni relative al caso di Ali Kushayb, che si è consegnato a giugno scorso. Al fine di discutere di queste questioni, Bensouda ha tenuto un incontro separato con il ministro della Giustizia sudanese prima di incontrare Hamdok.
La procuratrice ha infine incontrato il vice capo del Consiglio sovrano, Mohamed Hamadan Hemetti, rinnovando il suo invito alle autorità sudanesi di impegnarsi pienamente nel processo che mira ad ottenere giustizia per le vittime dei crimini commessi e di proseguire nel percorso di cambiamento fino a giungere all’esito da tutti auspicato: l’istituzione di una democrazia compiuta.
Un deciso cambio di passo quello in atto in Sudan che ha convinto gli Stati Uniti a riprendere le relazioni con il Paese africano, come testimonia la visita di fine agosto del segretario di Stato Usa Mike Pompeo che ha annunciato aiuti per le conseguenze delle alluvioni da parte di Washington.
Impegno che ha anticipato la lettera inviata al Senato a metà settembre per chiedere di rimuovere il Sudan dalla lista dei Paesi ‘sponsor’ del terrorismo e dare così al governo di Khartoum una chance in più nel difficile processo di transizione politica.
Una decisione che passa anche per la normalizzazione dei rapporti con Israele.
Dall’incontro a sorpresa in Uganda nel febbraio di quest’anno tra Benjamin Netanyahu e il generale Abdel Fattah Al Burhan, presidente del consiglio sovrano del Sudan, la Casa Bianca ha avviato un intenso pressing su Khartoum.
Non mancano frizioni nella trattativa, dovute al malcontento dell’ala islamista che ancora si annida nei palazzi del potere sudanesi e che ha spinto il premier Abdalla Hamdok ad affermare che “l’eventuale rimozione dalla ‘black list’ non può essere collegata alle relazioni con gli israeliani”.