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Sudan, nuove proteste contro il governo per la lentezza delle riforme represse con la forza

Migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade della capitale Khartoum e della città gemella Omdurman in occasione del secondo anniversario dell’inizio delle rivolte in Sudan chiedendo un’accelerazione delle riforme avviate dal governo nato sulle ceneri del regime del presidente dittatore Omar al-Bashir. A un anno e mezzo dall’accordo sulla Dichiarazione costituzionale, l’atto che ha dato il via alla transizione post golpe che aveva costretto alle dimissioni Bashir, il perdurare delle pesanti condizioni economiche ha innescato nuove proteste.
Molti sudanesi sono scontenti del ritmo lento del cambiamento sotto il governo di transizione impegnato nel frenare la crisi economica e favorire lo sviluppo del Paese.
Il governo è stato formato in base a un accordo triennale di condivisione del potere tra i gruppi militari e civili, che dovrebbe portare a elezioni presidenziali e parlamentari eque.
In cima alle richieste dei manifestanti tornato in piazza c’è la formazione di un parlamento transitorio, come previsto dall’intesa di condivisione del potere, per approvare la legislazione necessaria per la costruzione di uno stato democratico.
L’economia del Sudan è peggiorata dopo la rimozione di Bashir e il governo Hamdok non è riuscito ad arrestare la caduta della moneta   sudanese.
Anche l’Associazione dei professionisti sudanesi (SPA), che ha guidato il movimento di protesta in Sudan, chiede che il periodo di transizione si concluda al più presto e che si acceleri  la formazione del Consiglio legislativo.
Questo, secondo i leader delle proteste, “è il solo modo per monitorare l’operato del prossimo governo, i suoi programmi e il suo lavoro per migliorare le condizioni economiche, raggiungere gli obiettivi della rivoluzione, costruire istituzioni reali e combattere la corruzione”.
Il completamento dell’assetto democratico del Paese passa per la definizione dei margini operativi delle strutture transitorie stabilite dal documento costituzionale e la costruzione di sindacati liberi, oltre che per l’attuazione  dell’accordo di pace e il  raggiungimento della giustizia per le vittime della rivoluzione.
Lo scorso 19 novembre, le Forze delle libertà  e del cambiamento, coalizione di governo del Sudan, hanno annunciato la proroga al 31 dicembre del termine per la formazione del Consiglio legislativo. Secondo il documento costituzionale per la fase di transizione, avrebbe dovuto essere in vigore entro il 17 novembre.
Due settimane prima , la SPA aveva sollevato obiezioni sui rapporti presentati dal consiglio e aveva ricordato gli accordi per la formazione del parlamento secondo percentuali che contraddicono il documento costituzionale, concedendo il 55 per cento alle FLC, il 25 per cento al Fronte rivoluzionario e il 20 per cento cento per la componente militare del Consiglio di Sovranità.
Il documento costituzionale, firmato il 17 agosto 2019, prevedeva la formazione di un parlamento composto da 300 membri, riservando due terzi dei seggi alle Forze di Libertà e Cambiamento.
Il 3 novembre, le autorità sudanesi hanno esteso la validità del documento costituzionale per ulteriori 14 mesi – per un totale di 39 mesi – a partire dalla data della firma dell’Accordo di pace di Juba lo scorso ottobre.

All’inizio di dicembre Burhan ha annunciato la creazione di un nuovo organismo, il Council of Transition Partners, che ha portato ad attriti con il governo civile di Hamdok.

Secondo l’agenzia di stampa sudanese SUNA, il nuovo consiglio sarebbe “responsabile della guida del periodo di transizione con il compito di risolvere le questioni aperte tra le parti al governo”. In sintesi, un organo istituzionale con tutte le prerogative necessarie per esercitare il suo potere.

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