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Sudan, la mossa del Consiglio militare: stop ad accordi, elezioni entro nove mesi

Svolta nella notte in Sudan. Il capo del Consiglio militare di transizione (Tmc), il generale Abdel Fattah al Burhan, ha annunciato che le forze militari annullano gli accordi precedentemente concordati con i manifestanti sulla transizione del paese e chiedono elezioni entro nove mesi.
L’annuncio è arrivato dopo che i militari del Sudan hanno disperso con la forza un sit-in da settimane presente fuori dal quartier generale dell’esercito di Khartoum per invitare i generalia consegnare il potere al governo civile, provocando più di 30 morti.
“Il Consiglio militare decide quanto segue: cancellare ciò che è stato concordato, interrompere i negoziati con l’Alleanza per la libertà e il cambiamento e chiedere elezioni generali entro un periodo non superiore a nove mesi” ha detto Burhan in una dichiarazione trasmessa dalle reti televisive nazionali.
Burhan ha aggiunto che le elezioni si terranno sotto la “supervisione regionale e internazionale”.
L’esercito aveva deposto il presidente Omar al Bashir lo scorso 11 aprile dopo mesi di proteste. In un primo momento il Consiglio aveva acconsentito a un periodo di transizione di tre anni per trasferire il potere ad un’amministrazione civile e che il parlamento fosse composto da 300 membri per la transizione, con circa due terzi dell’alleanza di opposizione che guida la protesta e il resto da spartire.
Il Comitato centrale dei medici sudanesi (Ccsd) sulla sua pagina Facebook ha denunciato l’uso di armi non caricate a salve da parte dei militari delle forze speciali sudanesi e la loro irruzione nel Royal Care International Hospital, dove numerose persone presentano “lesioni critiche” e “necessitano di interventi chirurgici”. Diversi colpi sono stati sparati anche all’interno della struttura e nel campus ospedaliero, dove prosegue l’inseguimento dei manifestanti. Secondo quanto riferito in precedenza dal “Sudan Tribune”, i membri dell’Associazione dei professionisti sudanesi (Spa), il movimento che ha promosso le proteste che hanno portato il mese scorso alla deposizione dell’ex presidente Bashir, avevano avvertito i manifestanti dell’imminente attacco, invitandoli ad essere presenti in massa per resistere ai militari. I militari sono tuttavia intervenuti la mattina presto, cogliendo di sorpresa molti dei manifestanti. Le Forze per la libertà ed il cambiamento (Ffc), il cartello che racchiude le forze di opposizione sudanesi, hanno condannato il “sanguinoso massacro”, denunciando l’uso di armi non caricate a salve ed accusando il Consiglio militare di non aver protetto i manifestanti.
“Riteniamo la giunta militare responsabile della sicurezza dei manifestanti e sottolineiamo che i membri del Consiglio militare saranno ritenuti responsabili di ogni goccia di sangue versata” durante la protesta di questa mattina, hanno dichiarato. Le tende dei partecipanti al sit-in sono state distrutte. Di recente, i vertici del Tmc avevano dichiarato che l’area del sit-in era diventata “una minaccia per il paese” e l’intenzione di reprimere ogni attività illegale.
La nuova escalation di tensioni è giunta dopo che le Ffc hanno indetto la scorsa settimana uno sciopero di 48 ore in seguito al fallimento dei colloqui con il Consiglio militare per raggiungere un accordo di spartizione del potere nel periodo di transizione. Alla mobilitazione hanno aderito, tra gli altri, i dipendenti del settore petrolifero e del gas, dell’autorita’ portuale, i veterinari e gli avvocati, mentre il Partito nazionale umma (Nup) ha annunciato il suo rifiuto chiedendo che tali decisioni siano prese da un Consiglio direttivo delle forze
di opposizione. Il partito guidato dall’ex primo ministro Sadiq al Mahdi ha dichiarato che l’arma dello sciopero
generale “dovrebbe essere utilizzata in determinate circostanze concordate dalle parti e decisa, se necessario, da un Consiglio direttivo per la liberta’ e il cambiamento”.
La presa di posizione è stata fortemente criticata dalle altre forze di opposizione, secondo cui la decisione e’
stata presa “in modo collegiale e approvata dal rappresentante del Nup” nelle Ffc. I colloqui fra militari e
opposizione avevano conosciuto una fase di stallo nelle ultime settimane a causa delle divergenze sulla spartizione del Consiglio sovrano (l’organismo incaricato di guidare il governo durante il periodo di transizione). Il principale punto di contesa, in particolare, riguardava la presidenza e il numero di rappresentanti che ciascuna parte avrebbe dovuto avere in seno al Consiglio, di cui ciascuna parte rivendicava la maggioranza.

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