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Speciale Sudan

Sudan, colloqui di pace in stand by mentre nei campi profughi si comincia a morire di fame

La situazione umanitaria è ormai al limite della catastrofe irreversibile. Soprattutto per gli sfollati della regione del Darfur e per i rifugiati in Chad.

A un anno e mezzo dall’inizio della guerra civile in Sudan, scatenata dai “due uomini forti” del Paese, il comandante in capo dell’esercito regolare Abdel Fattah al Burhan e il leader delle Forze di supporto rapido Mohamed Hamdan Dagalo, la situazione umanitaria è ormai al limite della catastrofe irreversibile. Soprattutto per gli sfollati della regione del Darfur e per i rifugiati in Chad.
La gente sta letteralmente morendo di fame e gli aiuti umanitari non arrivano a tutti.
Intanto il presidente ed ex vicepresidente del Consiglio Sovrano, che governa il paese dal golpe che nell’ottobre 2021 aveva deposto il primo ministro “Abdalla Hamdok, continuano a negare una possibilità di pace, nonostante nessuno dei due sembra che sia in grado di vincere.
Il generale Burhan, che negli ultimi mesi ha messo a segno un’offensiva con la quale ha riconquistato terreno, prendendo il controllo di Omdurman, la città gemella di Khartoum sulla riva occidentale del Nilo e una parte dei due terzi della capitale sudanese nelle mani del suo rivale, non ha mandato la delegazione delle Forze armate sudanesi ai colloqui di pace in corso a Ginevra.
A pagare le conseguenze del protrarsi della guerra sono soprattutto i civili.
Le Nazioni Unite hanno rilevato, nell’ultimo rapporto sulla situazione nel Paese, che quasi 25 milioni di persone – metà della popolazione del Sudan – hanno bisogno di aiuti e oltre 8 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case.
“Senza una cessazione immediata delle ostilità e un significativo dispiegamento di assistenza umanitaria il numero dei morti è destinato a salire – sostiene Yasir Said Arman, ex consigliere politico del presidente Hamdok e presidente del Movimento di liberazione del popolo sudanese – gli ultimi dati ci dicono che gli sfollati sono almeno 11 milioni, di cui 3 milioni costretti a fuggire in Egitto, Libia, Ciad, Sud Sudan, Etiopia, Eritrea. Oltre 20 mila i civili uccisi (ndr dati fermo a fine 2023) e centinaia di migliaia i feriti. Sono andate distrutte le infrastrutture e le grandi città la popolazione degli Stati di Khartoum e Gezira, del Grande Darfur e del Grande Kordofan, rischiano di raggiungere i peggiori livelli di insicurezza alimentare acuta e malnutrizione durante la prossima stagione magra a partire da aprile: maggio”.
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu  continua a chiedere alle parti di cessare il fuoco e appoggia i colloqui di pace in corso a Ginevra.
Ad oggi l’unico risultato concreto dei negoziati è l’apertura di corridoi umanitari per la consegna degli aiuti destinati alle popolazioni sfollate.
Ma gli incontri a cui partecipano i rappresentati di Stati Uniti, ONU, Unione Africana, IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo, organizzazione regionale dei Paesi del Corno d’Africa), Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto non sembrano destinati a produrre una fine delle ostilità. Anche perché al momento e presente al
tavolo dei colloqui solo una delle parti in conflitto, le Forze di Supporto Rapido (Rapid Support Forces, RSF).
L’esercito sudanese ha infatti deciso di boicottare i colloqui:  non riconosce gli Emirati Uniti come mediatore e li accusa di appoggiare le RSF.
Intanto la situazione umanitaria continua ad aggravarsi.
Le ultime stime parlano di almeno 6 milioni di persone acutamente malnutrite, di cui 3,6 milioni  bambini di età inferiore ai cinque anni e 1,2 milioni donne incinte o in allattamento.
Il conflitto ha causato la distruzione di campi destinati alla coltivazione e impedito lo stoccaggio. La Fao ha stimato che la produzione di cereali in Sudan nel 2024 è inferiore del 46% rispetto all’anno precedente a causa dei combattimenti nelle aree di produzione di colture primarie durante il picco della stagione del raccolto.
I prezzi dei prodotti alimentari nei mercati sono aumentati  del 73% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Sempre più famiglie non riescono a portare a tavola più di un pasto al giorno e nei campi di sfollati si muore ogni giorno di fame.

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Guido Gargiulo

Appassionato di Taiwan, Asia e Africa. Laureato in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe presso l’Università L’Orientale di Napoli, ho approfondito lo studio del cinese al Taiwan Mandarin Educational Center e all’Istituto Confucio. L’Africa ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore, con studi anche del Kiswahili, una delle lingue più parlate nel continente.

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